mercoledì 24 dicembre 2008

Il Papa ed il richiamo a uscire dal frastuono, a riscoprire il senso del mistero (Garelli)


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LA SCOMUNICA DEL FRASTUONO

Che cosa avrà mai spinto Benedetto XVI a «fare i conti» con le Giornate mondiali della Gioventù nell’atteso discorso alla Curia Romana riunita per gli auguri natalizi? A distogliere per un po’ l’attenzione da uno dei misteri più profondi della fede cristiana per ribadire l’idea che anche nel campo cattolico vi è chi presta più attenzione allo spettacolo che alla fede, al cantante che alla «canzone»?
Per Papa Ratzinger, forse, il Natale d’oggi e un evento come la GMG non sono così distanti, sono le due facce di una stessa medaglia. La presa di distanza è nei confronti della cultura prevalente, fatta di apparenza e di poca sostanza, che guarda più al lato superficiale della fede che alla profondità delle cose. Il mistero si allontana se nella liturgia si perde la capacità di rimando ad una realtà «Altra», se l’intorno immediato è così denso da non richiamare ad un orizzonte trascendente. «Il Papa non è una star», gli eventi religiosi «non sono un festival rock», ha detto Benedetto XVI.
Si tratta di parole dure, atte a recuperare la sacralità religiosa, destinate a scuotere gli ambienti ecclesiali, che ribadiscono il diverso stile di questo Pontefice rispetto anche al suo predecessore Wojtyla. Il richiamo è a uscire dal frastuono, a riscoprire un senso del mistero che incida nel profondo della vita. Resta da chiedersi come sia possibile oggi – per la chiesa e per il Papa – richiamare la gente a orizzonti di fede più ampi. Era questo del resto anche il cruccio di Gesù di Nazareth, che ha sempre lottato contro le attese umane degli uomini del suo tempo per dare evidenza alla sua proposta di salvezza. Forse è solo ancorandosi ai bisogni concreti, ai linguaggi spuri e ambivalenti, che si è in grado di far nascere nuove domande di senso e cammini spirituali impegnativi.

© Copyright La Stampa, 23 dicembre 2008

1 commento:

mariateresa ha detto...

adesso voi ditemi sinceramete se sia auspicabile che la Chiesa ricorra "ai linguaggi spuri e ambivalenti".
E che caspita voleva dire?