giovedì 18 giugno 2009

Pubblicata la Lettera del Papa per l'apertura dell'Anno Sacerdotale (Radio Vaticana)


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LETTERA DEL SANTO PADRE AI PRESBITERI PER L'INDIZIONE DELL'ANNO SACERDOTALE: RASSEGNA STAMPA

Pubblicata la Lettera del Papa per l'apertura dell'Anno Sacerdotale

Un anno per “promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi”: è quanto auspica il Papa nella Lettera indirizzata ai “fratelli nel sacerdozio” in occasione dell’Anno Sacerdotale che aprirà domani sera nella Basilica di San Pietro con la celebrazione dei Secondi Vespri nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e Giornata di preghiera per la santificazione del clero. Una iniziativa voluta da Benedetto XVI in coincidenza con il 150.mo anniversario del “dies natalis” di San Giovanni Maria Vianney, Patrono dei parroci, morto il 4 agosto del 1859. Il servizio di Sergio Centofanti:

La Lettera propone ai sacerdoti di tutto il mondo un percorso semplice e concreto sull’esempio del Curato d’Ars. Il Papa sottolinea anzitutto “l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità”. Ricorda le “fatiche apostoliche”, il “servizio infaticabile e nascosto” e la carità di tanti preti, dediti senza riserve al servizio di Dio e del prossimo “pur tra difficoltà e incomprensioni”, talora tra persecuzioni “fino alla suprema testimonianza del sangue”. Rileva con amarezza “anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. E’ il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto”.

Quindi indica con semplicità gli elementi che hanno fatto del Curato d’Ars “un pastore secondo il cuore di Dio”: prima di tutto era un uomo “umilissimo” ma nello stesso tempo “consapevole, in quanto prete” di essere per la sua gente “uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. “Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità”: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra – diceva – moriremmo: non di spavento, ma di amore”. Sapeva di essere chiamato “ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica”. “Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare” – scrive Benedetto XVI – è la “totale identificazione” del Curato d’Ars col suo ministero. “Non si tratta certo – aggiunge – di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro”. Così il Vianney “visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva denaro per le sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa … si occupava delle orfanelle … si interessava dell’istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui”. “Il suo esempio – afferma il Papa sulla scorta del Concilio Vaticano II – mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale”.

Ricorda poi la testimonianza quotidiana del Curato d’Ars: la preghiera davanti al Tabernacolo, la Messa, la Confessione. “Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete”. “La causa della rilassatezza del sacerdote – diceva – è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio – esclamava – come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!”. Il Papa esorta poi, sull’esempio del Vianney, ad avere “un’inesauribile fiducia nel sacramento della penitenza” e “a rimetterlo al centro delle … preoccupazioni pastorali”. Il Santo Curato restava a volte nel confessionale fino a 16 ore al giorno: incoraggiava gli afflitti, scuoteva i tiepidi, riuscendo a “trasformare il cuore e la vita di tante persone” perché sapeva far percepire “l’amore misericordioso del Signore”. Ars era diventato “il grande ospedale delle anime”. “La grande sventura per noi parroci – diceva – è che l’anima si intorpidisce” abituandosi “allo stato di peccato o di indifferenza” di tanti fedeli. Per questo praticava un’ascesi severa con veglie e digiuni. Ad un confratello sacerdote dette un giorno questa spiegazione: “Vi dirò qual è la mia ricetta: do ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”. “Le anime – nota il Pontefice – costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può non dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al ‘caro prezzo’ della redenzione”.

Benedetto XVI esorta i sacerdoti, sulla scia di questo santo, a vivere come lui il “nuovo stile di vita” inaugurato da Cristo seguendo i tre consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza come “ la via regolare della santificazione cristiana” da praticare secondo il proprio stato. In quanto povero il Curato d’Ars poteva dire: “Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente”. Mentre la sua castità “brillava nel suo sguardo” quando si volgeva verso il Tabernacolo “con gli occhi di un innamorato”. E totalmente obbediente affermava: “non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come lui vuole essere servito”.

Rivolge poi ai sacerdoti “un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità”. Sottolinea inoltre la necessità della “comunione fra i sacerdoti col proprio vescovo” in “una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva. Solo così – ha spiegato – i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione”. Il Papa ricorda infine con Paolo VI che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” e, affidando l’Anno sacerdotale alla Vergine Maria, conclude la Lettera con queste parole: “Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!”

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