domenica 25 gennaio 2009
Benedetto XVI ritira la scomunica ai vescovi ultratradizionalisti ribelli (Tornielli)
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Benedetto XVI ritira la scomunica ai vescovi ultratradizionalisti ribelli
di Andrea Tornielli
Roma
Da mezzogiorno di ieri è ufficiale: il Papa ha ritirato la scomunica ai quattro vescovi consacrati illecitamente da monsignor Lefebvre vent’anni fa. Come anticipato giovedì dal Giornale si è trattato di un atto unilaterale e generoso del Pontefice, che prelude a colloqui in vista della «completa riconciliazione» e della «piena comunione».
Benedetto XVI, spiega la Sala stampa vaticana, «dopo un processo di dialogo» tra la Santa sede e la Fraternità San Pio X, «ha accolto la richiesta» formulata dal superiore Bernard Fellay, con lettera del 15 dicembre 2008, anche a nome degli altri tre vescovi, di rimettere la scomunica «in cui erano incorsi» il 30 giugno 1988. Quel giorno Lefebvre, fino a poco prima intenzionato a siglare un accordo con Roma, aveva ordinato vescovi quattro suoi preti (Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Gallareta), incorrendo così nella scomunica automatica, in quanto quelle consacrazioni, seppur valide, erano illegittime perché mancanti del mandato papale.
Nella lettera inviata al Papa in dicembre, Fellay aveva scritto: «Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione».
Ratzinger che «ha cercato sempre di ricomporre la frattura» con la Fraternità, ha ritirato la scomunica, «ispirato in questa decisione dall’auspicio che si giunga al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione».
Nel decreto, datato 21 gennaio e firmato dal cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto dei vescovi, si afferma che Benedetto XVI ha preso la decisione perché «sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati» e fiducioso nell’impegno da loro espresso «di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui» le questioni ancora aperte, così da poter giungere «a togliere lo scandalo della divisione». «Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa con la prova dell’unità visibile».
Il decreto è dunque un passo importante, ma il cammino non è concluso.
Ieri Fellay ha espresso in una nota la gioia dei lefebvriani e la riconoscenza al Papa, ricordando che la scomunica era stata «da noi sempre contestata», e che la Fraternità «desidera poter aiutare sempre di più il Papa nel portare rimedio alla crisi senza precedenti che attualmente investe il mondo cattolico». Di certo i lefebvriani hanno ottenuto i due principali obiettivi che si erano posti: la liberalizzazione della messa antica e ora la revoca del grave provvedimento canonico.
La decisione di Ratzinger non mancherà sollevare polemiche soprattutto in Francia, dove, secondo dati riservati in possesso del Vaticano, in tutto il Paese ci sono 741 seminaristi, il 12 per cento dei quali viene da comunità tradizionaliste (non lefebvriane).
Ma oltre questi ce ne sono altri 205 di cui nessuno parla e che non rientrano nelle statistiche ufficiali della conferenza episcopale francese, anch’essi appartenenti a comunità tradizionaliste in comunione con Roma.
Se si assommano i 40 seminaristi lefebvriani, si vede che ben un terzo (245) appartengono all’area che segue il rito antico. La Fraternità San Pio X conta circa 500 preti in tutto il mondo, 11 dei quali in Italia. I fedeli sono stimati tra i due e i trecentomila.
Per quanto riguarda invece le deliranti dichiarazioni del vescovo Williamson, che lo scorso novembre, alla tv svedese, aveva negato l’esistenza delle camere a gas e il genocidio degli ebrei, è stata resa nota la lettera che a suo tempo Fellay aveva inviato all’emittente definendo l’intervista un «tentativo vile» di «distorcere e diffamare l’attività della nostra Società», in quanto l’accordo era che il colloquio «avrebbe trattato solo temi religiosi, invece il giornalista ha chiesto le opinioni del vescovo su vicende storiche».
© Copyright Il Giornale, 25 gennaio 2009 consultabile online anche qui.
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