domenica 18 gennaio 2009

Solidali con i migranti sulle orme di San Paolo (Accornero)


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Solidali con i migranti sulle orme di San Paolo

Pier Giuseppe Accornero

«Immigrati, rifugiati, profughi, sfollati, studenti fuori sede spesso sono vittime delle schiavitù moderne, come la tratta degli esseri umani».
Sull'esempio di San Paolo – «grande apostolo e migrante», spinto nei suoi viaggi dallo zelo missionario e animato «dalla foga del lottatore» – «dobbiamo farci solidali con questi fratelli e sorelle e promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza tra etnie, culture e religioni diverse», senza forme di xenofobia e razzismo.
Papa Benedetto invita a «essere più solleciti nei confronti del prossimo», specie «i rifugiati e i profughi che si trovano in condizioni difficili e disagiate» ed esorta a «rifuggire il disprezzo» e ad «aprirsi all'accoglienza».
Lo fa nel messaggio per la «Giornata mondiale del migrante e del rifugiato», che si celebra oggi, e per la quale ha scelto un tema in sintonia con l'Anno Paolino: «San Paolo migrante, apostolo delle genti». Il messaggio è stato pubblicato integralmente giovedì 15 gennaio in «Bergamondo».
È probabile che Ratzinger intervenga di nuovo oggi all'Angelus, anche in seguito alla decisione della Lega di inserire «la tassa sugli immigrati» nel disegno di legge sulla sicurezza, approvato dal Parlamento, e in seguito alla dura condanna della «Fondazione Migrantes», organismo della Conferenza episcopale italiana: «Non è un contributo perché questo termine non fa giustizia. È piuttosto un balzello inaccettabile che penalizza una categoria già poco tutelata, quella degli immigrati, alla quale la Chiesa guarda invece con molta attenzione».
La prova che l'attenzione della Chiesa è sempre stata elevata sta nel fatto che si tratta della 95ª edizione della «Giornata», la più antica tra le «Giornate» istituite e celebrate dalla Chiesa, «più vecchia» ancora della Giornata missionaria mondiale. Quasi un secolo per dire no a pregiudizi e minacce contro il popolo dei migranti.
La «Giornata» fu istituita in coincidenza delle grandi migrazioni dalla vecchia Europa, povera e affamata, verso il «nuovo mondo» e il «nuovissimo mondo», il Nord e Sudamerica e l'Australia. Senza dimenticare, come fa la Lega, che per ben oltre un secolo dall'Italia emigrarono milioni di persone.
Nella seconda metà dell'Ottocento era la Congregazione per la propagazione della fede (poi per l'evangelizzazione dei popoli) a occuparsi della «mobilità umana». Dietro la spinta di Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905) – comasco di nascita, vescovo di Piacenza, «padre dei migranti», beato dal 1997 – venne creato l'«Ufficio per la cura spirituale degli emigranti» presso la Congregazione concistoriale (poi dei vescovi). Nel 1952 Pio XII istituisce il «Consiglio superiore per l'emigrazione» presso la Congregazione dei vescovi. Con il motu proprio «Apostolicae caritatis» del 19 marzo 1970 Paolo VI istituisce la «Pontificia Commissione de spirituali migratorum atque itinerantium cura», che con Giovanni Paolo II diventa il Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti. Si occupa della pastorale «per la gente in movimento»: migranti, esuli, rifugiati, profughi, pescatori e marittimi, aereonaviganti, addetti ai trasporti stradali, nomadi, circensi, lunaparchisti, pellegrini e turisti, ma anche studenti all'estero, operatori e tecnici che si trasferiscono da un Paese all'altro.
Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio, parla di «oltre 200 milioni di persone che vivono fuori dal loro Paese, spinte da miseria, fame, violenza, guerre, rivalità etniche e dal desiderio di una vita migliore». Una folla di diseredati si spinge verso le aree più ricche, e ciò spiega perché l'immigrazione sia vissuta dai Paesi ospitanti come «una sorta di invasione con ripercussioni negative sulla stabilità e sulla sicurezza». Poiché l'Europa è «a crescita zero», se vuole mantenere lo sviluppo, ha bisogno di braccia. Ma «dietro le braccia c'è una persona, una famiglia», quindi «non sono invasori ma collaboratori».
Un clima di chiusura rende «più triste e amara» la vita degli immigrati e li spinge «a condizioni di irregolarità». Ma attenzione – avverte il cardinale – «il fenomeno migratorio, nel mondo globalizzato, è inarrestabile, e non lo si risolve chiudendo le frontiere ma accogliendo i flussi» e dotandosi di regole «giuste, equilibrate e solidali: gli immigrati accettino la cultura e le leggi del Paese ospitante».
La linea della Chiesa è contemperare il dovere dell'accoglienza con il diritto alla sicurezza, senza cedimenti all'illegalità e alla criminalità, senza compiacenze alla xenofobia e al razzismo, bilanciando diritti (anche religiosi) e doveri dei residenti e degli immigrati. L'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio, ribadisce il «no» a qualsiasi forma di «discriminazione, xenofobia, razzismo».

© Copyright Eco di Bergamo, 18 gennaio 2009

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