sabato 28 marzo 2009

Benedetto riparte dall’Africa (Valli)


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Benedetto riparte dall’Africa

ALDO MARIA VALLI

Benedetto l’africano.
Da oggi potremo chiamarlo anche così.
Titolo acquisito non ad honorem, ma sul campo, in mezzo alla polvere rossa, ai canti e ai balli, alle coreografie multicolore, al vento caldo, alle donne con i cesti di frutta sulla testa e i bambini appesi alla schiena.
Ha sudato come tutti e forse più di tutti, sotto i pesanti paramenti.
Ha guardato gli africani negli occhi e, come al solito, ha parlato chiaro. «Alzati, Africa!».
Trova in te stessa la forza per reagire ai mali vecchi e nuovi che affliggono.
Voi giovani non abbiate paura di essere uomini e donne di speranza, capaci di voltare veramente pagina. E tu Chiesa cattolica mantieniti coerente con il Vangelo, attraverso una testimonianza nitida e coraggiosa.
Nella spianata di Cimangola, periferia desolata di Luanda arroventata da una temperatura oltre i quaranta gradi, ha parlato davanti a un milione di persone.
Le folle oceaniche sono state una costante di questo viaggio.
Nello stadio di Luanda la calca ha causato anche la morte di due giovani, e noi stessi abbiamo avuto paura quando ci siamo trovati là in mezzo e abbiamo capito che le misure di contenimento della folla non erano sufficienti.
Anche nel momento della gioia c’è sempre qualcosa di tragico che grava su queste terre. Benedetto non si è tirato indietro e nonostante la fatica e l’età (il prossimo 16 aprile saranno 82 gli anni di Joseph Ratzinger) ha tenuto discorsi il cui valore va al di là della sola dimensione spirituale e costituiscono una vera e propria agenda di lavoro per i politici africani.
Il dossier Africa è stato preparato con accuratezza in Vaticano in vista del sinodo dei vescovi che si terrà nel prossimo autunno. Soprattutto, Benedetto ha evitato ogni terzomondismo di maniera.
Ha denunciato sì lo sfruttamento cui l’Africa è sottoposta dal neocolonialismo predatorio, ma nello stesso tempo ha esortato il continente a rialzare la testa, senza lasciarsi intrappolare dalle divisioni del passato a da forme di pseudoreligiosità che troppo spesso si traducono in autentico schiavismo interno e sfruttamento crudele.
È il ruolo del vero padre: consolare ma anche incoraggiare, tendere la mano ma insegnare a camminare con le proprie gambe.
A parte un’esperienza alla fine degli anni Ottanta, per Ratzinger è stato il primo vero sbarco in Africa e lui ha dimostrato l’umiltà di chi non ha in tasca ricette pronte per l’uso. Il che non gli ha impedito di ribadire una convinzione: la rinascita è sì questione tecnica, economica e amministrativa, ma è prima di tutto questione morale. Occorre costruire l’uomo africano, la donna africana del terzo millennio. E qui sta il compito della Chiesa.
I media del Camerun e dell’Angola, i due paesi visitati, non hanno dato rilievo alle esortazioni alla buona politica e all’onesta amministrazione.
Hanno preferito glissare, privilegiando gli aspetti più folcloristici del viaggio. Alla tv dell’Angola abbiamo visto numerosi servizi il cui scopo era quello di magnificare la perfetta organizzazione.
Certo non è così che l’Africa può crescere e bene ha fatto il papa a chiamare in causa anche la libertà d’informazione.
Osiamo dire che questo viaggio avrà influenza sul pontificato di Benedetto XVI. Forse il pontefice bavarese non sarà colpito dal mal d’Africa, ma dopo essere stati qui non si torna in Europa senza sentirsi un po’ terremotati interiormente.
E in genere è un terremoto benefico.

© Copyright Europa, 24 marzo 2009 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bello.

Antonio