mercoledì 14 gennaio 2009

Giornata ebraismo, Joseph Siervers: L'amicizia non si spegne (Sir)


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GIORNATA EBRAISMO - L'amicizia non si spegne

Intervista con Joseph Siervers, del Centro "Cardinal Bea"

"Oggi il dialogo ebraico cristiano non si è fermato. Non bisogna fare di singoli episodi o momenti anche di difficoltà un motivo di sospetto o addirittura di interruzione di un processo di avvicinamento e di mutua comprensione". Si conclude con questa constatazione il messaggio che l'Ufficio per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana ha diffuso ai delegati diocesani in vista della "Giornata dell'ebraismo". Dal 1990 la Chiesa italiana la celebra ogni anno il 17 gennaio, alla vigilia della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Quest'anno però gli ebrei italiani hanno deciso di non partecipare a causa della loro contrarietà per la nuova formulazione (nel rito latino) della preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo. Si è così pensato di dedicare quest'anno la riflessione della Giornata al rapporto ebraico-cristiano alla luce delle Sacre Scritture. Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato Joseph Sievers, direttore del Centro "Cardinal Bea" per gli studi giudaici, della Pontificia Università Gregoriana.

Quest'anno gli ebrei italiani hanno deciso di non partecipare alla Giornata di riflessione. Che senso dare all'incontro?

"Intanto, è utile dire che non è detto che nessun ebreo parteciperà alla Giornata e che la loro non partecipazione è una decisione presa dall'Assemblea dei rabbini italiani. Vuol dire che da parte ebraica si vuole dare un segnale molto chiaro: ci sono dei problemi che non sono stati affrontati. Penso che il primo passo da compiere da parte cattolica sia di riconoscere questa situazione, sapere cioè che da parte ebraica sono stati sollevati dei problemi di cui quello della preghiera del Venerdì Santo per la versione latina nel rito tridentino (rito del 1962) è solo un elemento, sebbene quello principale. Ma ci sono altre questioni che purtroppo non si è riusciti ad affrontare ancora insieme in modo sereno e aperto".

A quali altre questioni fa riferimento?

"Alla questione del processo di beatificazione di papa Pio XII dove ci sono posizioni molto diversificate. Ci sono stati vari segnali. Alcuni da parte cattolica hanno assicurato che il processo non andrà avanti prima che non siano stati aperti gli archivi vaticani degli anni del suo pontificato. Ma da parte di alcuni ambienti cattolici, si è chiesto di procedere subito. Su queste iniziative, ci sono perplessità sia da parte di molti cattolici, studiosi e impegnati nel dialogo ebraico-cristiano, sia da parte degli ebrei".

Di fronte a questi grossi nodi, quali prospettive si aprono al dialogo?

"Penso che mai come in questo periodo ci è chiesto di interiorizzare queste difficoltà. Le questioni prima citate rappresentano certamente una pietra di inciampo per il dialogo e pertanto vanno affrontate, ma sarebbe grave lasciarsi bloccare da esse. Pensiamo, per esempio, alla preghiera del Venerdì Santo. Capisco molto bene il disagio provato dagli ebrei soprattutto per il modo in cui è stata presentata la preghiera in un primo momento, ma rimane pur sempre un testo che verrà utilizzato da una piccolissima parte della comunità cattolica".

I cuori sembrano molto induriti...

"Devo dire che i cuori forse hanno una scorza dura ma ho visto che proprio in queste situazioni e in questi momenti di sofferenza, le amicizie precedenti sono andate più in profondità e sono avanzate. Magari ci siamo conosciuti e apprezzati anche di più".

Quale impatto sta avendo il conflitto a Gaza anche sulle relazioni tra ebrei e cristiani?

"Devo dire che questa situazione pesa su tutti. I cuori sono lacerati. La situazione è molto complicata: certamente si può e si deve sperare in una pace duratura. Come sarà e con chi potrà essere questa pace, questo è difficile predire. Mi sembra molto interessante e bello il gesto della Comunità ebraica di Roma e dell'Unione delle comunità ebraiche italiane che d'accordo con l'Ambasciata di Israele hanno devoluto 300 mila Euro in medicinali, di cui 2/3 andranno ai palestinesi di Gaza, e un terzo agli israeliani colpiti nelle aree attorno. Mi sembra un gesto che da un lato dice sostegno a Israele e dall'altra dice anche una apertura a riconoscere le sofferenze dell'altra parte. Non è facile, quando si è colpiti, riconoscere che l'altro ha una sofferenza magari diversa ma pur sempre correlata. Se riusciamo a fare questo, allora anche il dialogo può andare avanti".

Quale ruolo di riconciliazione può svolgere l'Italia?

"La politica italiana e l'Unione europea possono e devono svolgere un ruolo molto importante. Penso che in Italia, e specialmente la chiesa italiana possa cercare di mantenere un cuore aperto a tutte e due le parti. Mi sembra che sia importante non giudicare né pensare che tutto sia equivalente. Ci sono delle responsabilità, che sono sia da parte di Hamas che da parte di Israele. Sebbene siano responsabilità non simmetriche, la Chiesa può fare tanto, soprattutto per essere vicina a chi soffre e la sofferenza è da tutte e due le parti".

© Copyright Sir

Mah...mah...mah...nemmeno una parola sul ruolo di Benedetto XVI nel dialogo fra Cattolici ed Ebrei.
R.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

L'articolo omette di specificare che il Sac. Prof. Joseph Sievers, Direttore dell'Istituto Cardinale Agostino Bea, è stato nominato consultore della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo presso il Pontificio consiglio per la promozione dell'Unità dei cristiani. Vedi bollettino Santa Sede de 28/04/08.
Una curiosità. Raffaella, sai chi ha fondato nel 1979 il Centro "Card. Bea"?
Lungi da me l'intenzione di far della dietrologia.
Alessia

Raffaella ha detto...

Chi l'ha fondata?

Anonimo ha detto...

Il Centro "Cardinal Bea" è nato nel 1979, per volontà del cardinale Carlo Maria Martini, che lo ha intitolato al già presidente dell'Ufficio per i Rapporti con l'Ebraismo della Santa Sede, con la finalità di "approfondire il patrimonio religioso e culturale comune" tra cristiani ed ebrei e promuovere la reciproca conoscenza e "un fraterno dialogo", per "contribuire allo sviluppo di un'appropriata teologia cristiana dell'ebraismo".
http://www.nostreradici.it/olocausto-Sievers06.htm
Ripeto, solo una curiosità, nessuna dietrologia.
Alessia

Raffaella ha detto...

Ma pensa! :-))
R.

Anonimo ha detto...

Già chiamare un centro card. Bea, era tutto un programma. Tanto per cambiare, oggi Di Segni si è già riallineato e ha lasciato questa dichiarazione:
"PIO XII:DI SEGNI,DA' A CHIESA IDENTITA' CHE LASCIA PERPLESSI

(ANSA) - NARDO' (LECCE), 14 GEN - Per il rabbino capo della
comunita' ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, la beatificazione
di Pio XII ''e' decisamente una decisione interna del mondo
cristiano, sulla quale non possiamo e non vogliamo certamente
interferire, ma chiaramente da' una identita' alla chiesa
cattolica che ci lascia in qualche modo perplessi''. Lo ha detto
all'ANSA, a margine della manifestazione cui ha partecipato a
Nardo' durante la quale e' stato inaugurato il Museo della
Memoria e dell' Accoglienza, il primo museo dedicato alla Shoah.
Nardo' tra il 1943 ed il 1947 forni' accoglienza e assistenza
a decine di migliaia di profughi ebrei che, scampati ai campi di
concentramento nazisti, erano in viaggio verso il nascente Stato
di Israele. Il museo e' stato realizzato su progetto dell'
architetto Luca Zevi, ristrutturando una scuola anni Sessanta.
Accogliera' anche tre murales che furono realizzati
dall'ebreo romeno Zivi Miller, reduce dei campi di
concentramento dove aveva perduto moglie e figlia. (ANSA)".
Penso che servirebbe un mastino, come era Dziwisz. Saluti, Eufemia

Anonimo ha detto...

Può darsi che qualcuno nella Chiesa italiana abbia chiamato in aiuto anche i "fratelli" d'altra fede (o di loggia?) per cercare di combattere il Santo Padre e bloccare i suoi provvedimenti di salvataggio della barca di Cristo e della Liturgia Cattolica?
Preghiamo con il Card Ratzinger (ricordate la mitica IX stazione della Via Crucis?)...
"Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa: anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo. Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi."

Anonimo ha detto...

Anonimo dice: "Può darsi che qualcuno nella Chiesa italiana abbia chiamato in aiuto anche i "fratelli" d'altra fede (o di loggia?) per cercare di combattere il Santo Padre e bloccare i suoi provvedimenti di salvataggio della barca di Cristo e della Liturgia Cattolica?"
Caro Anonimo, anch'io penso che il problema e proprio questo.
Angel