martedì 24 marzo 2009

Card. Bagnasco: «Basta irrisioni e offese al Papa» (Accornero)


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«Basta irrisioni e offese al Papa»

Bagnasco, presidente Cei: accuse maldestre, dal caso Williamson al viaggio in Africa
«Biotestamento: subito una legge che rispetti la vita». Crisi, una colletta per le famiglie


Pier Giuseppe Accornero

I vescovi italiani non accettano «che il Papa, sui media o altrove, venga irriso o offeso. Per tutti egli rappresenta un'autorità morale» che il viaggio in Africa - il pellegrinaggio in Camerun e in Angola è terminato ieri sera con il rientro di Benedetto XVI in Vaticano - e che la remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani «hanno fatto ancora più apprezzare». Nella prolusione alla sessione primaverile del Consiglio permanente - aperta ieri a Roma e che durerà fino a giovedì 26 - il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco contesta «il profluvio di critiche e il pesante lavorio di critica che si è prolungato oltre ogni buon senso nei confronti del nostro amatissimo Papa»: l'episcopato è schierato con Benedetto XVI, oggetto «di accuse maldestre rivolte con troppa noncuranza», sia nella vicenda lefebvriani, sia nella «polemica sui preservativi che francamente non aveva ragion d'essere». Parla anche del caso Englaro: oggi al Senato iniziano le votazioni sul «biotestamento». Confermata la colletta per le famiglie in difficoltà.
La convinta difesa del Pontefice occupa tutta la prima parte del discorso di Bagnasco - con varie considerazioni sulla secolarizzazione, sulle diverse visioni antropologiche, sulla diversa concezione della libertà - mentre nella parte centrale si occupa lungamente del caso-Englaro auspicando una legge che limiti lo strapotere «biopolitico» della scienza e dello Stato sulla vita umana. E nella parte finale si interessa del Sud dopo il convegno dei vescovi meridionali a Napoli il 12-13 febbraio, della «gravissima crisi economica che sta attanagliando il mondo intero» e dell'istituzione, da parte della Chiesa italiana, «di un fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà».

polemiche pretestuose

Constata l'arcivescovo di Genova: «Di certo si è prolungato, oltre ogni buon senso un pesante lavorìo di critica, dall'Italia e soprattutto dall'estero, nei riguardi del nostro amatissimo Papa», sulla revoca della scomunica e sul caso-Williamson «che imponderabilmente vi si è sovrapposto». Aggiunge: «Nessuno poteva aspettarsi che le polemiche sarebbero proseguite, e in maniera tanto pretestuosa, fino a configurare un vero e proprio disagio» al quale ha cercato di dare una risposta Benedetto XVI il 10 marzo con la «Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica».
Osserva Bagnasco: «La sua disanima ha fatto emergere il candore di chi non ha nulla da nascondere, le motivazioni delle sue scelte, la coerenza della sua vita vissuta nel servizio trasparente alla Chiesa. Con ferma e concreta convinzione facciamo nostro l'appello della riconciliazione più genuina e disarmata cui la lettera sollecita l'intera Chiesa» e ribadisce: «Stiamo con il Papa, sempre e incondizionatamente» e con le due priorità da lui indicate: «Condurre gli uomini verso il Dio che parla nella Bibbia» e «avere a cuore l'unità dei credenti».

Il viaggio in Africa

Purtroppo anche «il pellegrinaggio in Africa, un viaggio impegnativo e a un tempo ricco di speranza», è stato «sovrastato nell'attenzione degli occidentali da una polemica, sui preservativi, che francamente non aveva ragion d'essere». Infatti i media africani non hanno recepito la polemica mentre ci sono state «l'insistenza pregiudiziale delle agenzie internazionali e le dichiarazioni di alcuni politici europei e di organismi sovranazionali» che di fatto sono stati «superficiali nelle analisi e precipitosi nei giudizi». In sostanza «non ci si è limitati a un libero dissenso ma si è arrivati a un ostracismo che esula dagli stessi canoni laici. L'irrisione e la volgarità non potranno mai far parte del linguaggio civile. E mentre invitiamo i diversi interlocutori a non abbandonare mai il linguaggio di quel rispetto che è indice di civiltà, vorremmo dire - sommessamente ma con energia - che non accetteremo che il Papa, sui media o altrove, venga irriso o offeso».

Due visioni antropologiche

Poi Bagnasco propone un ragionamento più ampio, che investe la società italiana e occidentale: «La dinamica contestativa, per le forme subdole che talora assume ma anche per gli appoggi clamorosi di cui gode, è una delle tracce che ci portano a identificare la cifra più marcata del nostro tempo quale è il secolarismo. Il trapasso culturale nel quale ci troviamo, va assumendo il carattere di un vero e proprio spartiacque». Il secolarismo che dilaga, dimostra che si fronteggiano due visioni antropologiche antitetiche. «Chi tempo addietro paventava uno scontro di civiltà, facendolo derivare da divaricanti matrici religiose, oggi si trova davanti una situazione diversa», in cui si confrontano «due culture riferibili all'uso della ragione». L'una considera l'uomo «una realtà che si differenzia dal resto della natura in forza di qualcosa di irriducibile rispetto alla materia, che costituisce la radice del suo valore e il fondamento della sua dignità». L'altra valuta l'uomo «un mero prodotto dell'evoluzione del cosmo, inclusa la sua autocoscienza, solo un segmento della storia, sganciato da qualunque fondamento ontologico e privo di riferimenti etici certi e universali, un semplice ghiribizzo culturale fluttuante nella storia».

Il caso Eluana Englaro

Alla vicenda il presidente della Cei ha dato largo spazio. Essa è stata «un'operazione tesa ad affermare un diritto di libertà inedito quanto raccapricciante», e cioè «il diritto a morire, darsi e dare la morte in talune situazioni da definire». Decretando che «a certe condizioni Eluana poteva morire», si è messo in atto «un procedimento che, in un solo atto, avrebbe voluto ribaltare tutta una cultura giuridica minuziosamente costruita sul "favor vitae", contraddicendo un'intera civiltà basata sul rispetto incondizionato della vita umana». Per questo «ci ha causato una grande tristezza la storia dolorosa eppure umanissima di Eluana, quasi che essa potesse esistere solo nei termini in cui la desideriamo noi, priva di imperfezioni o asperità. Non essere all'altezza dello standard vigente non può equivalere a una squalifica». Ora «spetta alla politica agire nell'approntare e varare, senza lungaggini o strumentali tentennamenti, un inequivoco dispositivo di legge che preservi da altre analoghe avventure». La legge sul fine-vita, secondo i vescovi italiani, va varata «ponendo attenzione e coordinandola con l'altro, sospirato provvedimento relativo alle cure palliative, mettendo mano insieme alle Regioni a un sistema efficace di "hospice", che le famiglie attendono non per sgravarsi di un peso ma per essere aiutate a portarlo». La società civile «si mobiliti per acquisire in prima persona una coscienza più matura della posta in gioco in termini antropologici e culturali, così da evitare nel futuro ingorghi concettuali e tentazioni di delega. Come vescovi non possiamo non avere a cuore il superamento di qualunque rassegnazione culturale, mentre occorre portare conforto e far sentire una concreta vicinanza a tutte quelle famiglie che fanno fronte con sacrifici e dignità alle prove della vita».
Su questo tema Giovanni Giacobbe, presidente del Forum delle associazioni familiari, osserva: «Come sottolinea Bagnasco tocca "alla società civile mobilitarsi per acquisire in prima persona una coscienza più matura della posta in gioco in termini antropologici e culturali". È questo l'obiettivo dell'iniziativa "Liberi per vivere" che nei prossimi mesi caratterizzerà l'attività delle nostre associazioni. Vogliamo che la morte di Eluana non sia stata inutile e che l'ondata di commozione e di sensibilizzazione che ha attraversato la pubblica opinione non vada persa. Aver ridotto ai suoi termini estremi il concetto di eutanasia ha costretto la società e le istituzioni a prendere coscienza, sia pure in ritardo, della necessità di porre dei paletti anche legislativi alla deriva eutanasica».

Fondo di garanzia anticrisi

Il cardinale ribadisce l'istituzione di un fondo di garanzia come misura per fronteggiare la crisi economica: «Già è stata annunciata l'istituzione di un fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà, che nascerà da una colletta comune da farsi nei modi che decideremo. La nostra gente sappia che i vescovi le sono decisamente vicini e che la nostra Chiesa non ha altra ambizione che curvarsi sui più bisognosi, e interpretare la parabola del buon Samaritano».

© Copyright Eco di Bergamo, 24 marzo 2009

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