lunedì 1 dicembre 2008

Intervista a tutto campo di Marco Politi al card. Ratzinger su decadenza dell'Europa, laicità, Crocifisso, etica e diritto (Repubblica 2004)


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L'articolo de "Il Sussidiario" rimanda ad una splendida intervista dell'allora cardinale Ratzinger a Marco Politi (novembre 2004).
La riporto per intero:


Il laicismo nuova ideologia l' Europa non emargini Dio

MARCO POLITI

CITTA' DEL VATICANO

L' Europa, culla e pilastro del cattolicesimo, sta perdendo la sua connotazione cristiana. Già oggi i non praticanti, gli indifferenti e gli agnostici sono maggioranza.
Per la Chiesa di Roma è una sfida decisiva. Ed è da qui che partiamo nel colloquio con il cardinale Joseph Ratzinger nella Sala Rossa del Sant' Uffizio. Congregazione per la Dottrina della fede si chiama oggi ed il suo capo è stato e continua ad essere un pilastro del pontificato wojtyliano.

«Viviamo in una situazione di grande trasformazione. Denatalità e immigrazione - ci confida il porporato - mutano anche la composizione etnica dell' Europa. Soprattutto siamo passati da una cultura cristiana ad un secolarismo aggressivo e a tratti persino intollerante. E ciò nonostante, sebbene le chiese si svuotino e tanti non riescano più a credere, la fede non è morta. Sono sicuro che anche nel contesto di una società multiculturale, e fra grandi contrasti, la fede cristiana rimanga un fattore importante, capace di fornire forza morale e culturale al continente».

Dunque il cardinale Ratzinger non è pessimista?

«Ottimismo e pessimismo sono categorie emozionali. Io penso di essere realista. Resto convinto della forza interiore della fede. Piuttosto il cattolicesimo è diventato sempre più "cattolico", cioè universale. E mentre altri continenti scoprono il loro modo di essere cristiani e cattolici, l' Europa non sarà più una voce così determinante come in passato. Avrà una grande rilevanza, ma sempre all' interno di un concerto internazionale».

Dopo l' affare Buttiglione certi gruppi laici e cattolici dipingono un cristianesimo assediato in Europa.

«Esiste un' aggressività ideologica secolare, che può essere preoccupante. In Svezia un pastore protestante, che aveva predicato sull'omosessualità in base ad un brano della Scrittura, è andato in carcere per un mese. Il laicismo non è più quell'elemento di neutralità, che apre spazi di libertà per tutti. Comincia a trasformarsi in un' ideologia che si impone tramite la politica e non concede spazio pubblico alla visione cattolica e cristiana, la quale rischia così di diventare cosa puramente privata e in fondo mutilata. In questo senso una lotta esiste e noi dobbiamo difendere la libertà religiosa contro l' imposizione di un' ideologia che si presenta come fosse l' unica voce della razionalità, mentre invece è solo l' espressione di un "certo" razionalismo».

Ma per lei cos' è la laicità?

«La laicità giusta è la libertà di religione. Lo Stato non impone una religione, ma dà libero spazio alle religioni con una responsabilità verso la società civile, e quindi permette a queste religioni di essere fattori nella costruzione della vita sociale».

Eppure ci sono frontiere delicate. Prendiamo il crocifisso nelle scuole. C' è la tendenza, che trovo banalizzante, di dire che è simbolo di amore universale e quindi non può dare fastidio a nessuno. In realtà è anzitutto il segno di un Dio e di una religione. Non è comprensibile che ci sia chi afferma che non ci può essere un solo segno imposto?

«Dipende dalle situazioni storiche. Possono darsi paesi che non hanno una storia o una presenza cristiana e quindi non vogliono questo segno perché non esprime un' eredità e un orientamento morale comune. Io penso che grazie a Dio l' Italia, e anche parte della Germania, sono ancora così segnate dal loro passato e dal loro presente cristiano che il crocifisso resta per loro un punto di orientamento. La Croce ci parla di un Dio che si fa uomo e muore per l' uomo, che ama l' uomo e perdona. E questa è già una visione di Dio che esclude il terrorismo e le guerre di religione in nome di Dio. Può darsi che in futuro si perda la sostanza cristiana in un popolo: allora si potrebbe dire che non c' è più questo orientamento comune e magari non si potrebbe più offrirlo negli spazi pubblici. Per me sarebbe un passaggio triste e perciò mi impegno personalmente perché non vada persa questa sostanza cristiana».

Ma se un ebreo o un musulmano, senza polemiche, chiedono di trovare nella scuola anche un segno della loro fede, è giusto negarlo?

«Si può riflettere sulle condizioni di un simile caso, ponderando bene tutte le differenze che esso comporta. Ma è una questione aperta, dovrei rifletterci sopra in modo più approfondito».

Non crede che esiste una difficoltà della Chiesa a farsi capire dall' uomo di oggi?

«Non facciamone un'immagine mitica, l' uomo d' oggi è molteplice. E' assai diverso in America latina, in Africa o in Asia. E anche tra noi ci sono ceti sociali con svariate visioni del mondo. Ma è vero che il cristianesimo ha difficoltà a farsi capire nel mondo odierno, specialmente in quello occidentale: americano ed europeo. Sul piano intellettuale il sistema concettuale del cristianesimo appare molto lontano dal linguaggio e dal modo di vedere moderno. Basterebbe pensare solo alla parola "natura": come ha cambiato senso! Dobbiamo, senza dubbio, fare il possibile per tradurre questo sistema concettuale in modo che emerga la vera essenza del cristianesimo».

Come descriverla?

«Una storia di amore fra Dio e gli uomini. Se si capisce questo nel linguaggio del nostro tempo, il resto seguirà».

Basta questo?

«C' è anche la difficoltà ad accettare il cristianesimo dal punto di vista esistenziale. Gli attuali modelli di vita sono molto diversi e quindi l' impegno intellettuale da solo non è sufficiente. Bisogna offrire spazi di vita, di comunione, di cammino. Solo attraverso esperienze concrete e l' esempio esistenziale è possibile verificare l' accessibilità e la realtà del messaggio cristiano».

Torna a diffondersi la tentazione di rifugiarsi nel sogno di una società organicamente cristiana. Ha senso?

«Certamente no. Era una situazione storica determinata con luci ed ombre, come testimonia anche la storia della Chiesa. Oggi si tende a vedere piuttosto le ombre, ma vi erano anche luci, come rivela la grande cultura medievale. Adesso, rifugiarsi in una situazione non più ripetibile sarebbe assurdo.

Dobbiamo accettare che la storia vada avanti, affrontando la difficoltà di credere in un contesto pluralista, ma sapendo bene che vi sono pure nuove possibilità per una fede libera e adulta. La fede non è solo il risultato di una tradizione e di una specifica situazione sociale, ma anzitutto l' esito di un libero sì del cuore a Cristo».

Dove sta Dio nella società contemporanea?

«E' molto emarginato. Nella vita politica sembra quasi indecente parlare di Dio, quasi fosse un attacco alla libertà di chi non crede. Il mondo politico segue le sue norme e le sue strade, escludendo Dio come cosa che non appartiene a questa terra. Lo stesso nel mondo del commercio, dell' economia e della vita privata. Dio rimane ai margini. A me sembra invece necessario riscoprire, e le forze ci sono, che anche la sfera politica ed economica ha bisogno di una responsabilità morale, una responsabilità che nasce dal cuore dell' uomo e, in ultima istanza, ha a che fare con la presenza o l' assenza di Dio. Una società in cui Dio è assolutamente assente, si autodistrugge. Lo abbiamo visto nei grandi regimi totalitari del secolo scorso».

Un grosso nodo è l' etica sessuale. L' enciclica Humanae Vitae ha prodotto un fossato tra magistero e comportamento pratico dei fedeli. E' ora di rimeditarla?

«Per me è evidente che dobbiamo continuare a riflettere. Già nei suoi primi anni di pontificato Giovanni Paolo II ha offerto al problema un nuovo tipo di approccio antropologico, personalistico, sviluppando una visione molto diversa della relazione fra l' io e il tu dell' uomo e della donna. Vero è che la pillola ha dato il via ad una rivoluzione antropologica di grandissime dimensioni. Non si è rivelata essere, come forse si poteva pensare all' inizio, solo un aiuto per le situazioni difficili, ma ha cambiato la visione della sessualità, dell' uomo e del corpo stesso. E' stata sganciata la sessualità dalla fecondità e così è cambiato profondamente il concetto della stessa vita umana. L' atto sessuale ha perso la sua intenzionalità e finalità, che prima era sempre stata visibile e determinante, sicchè tutti i tipi di sessualità sono diventati equivalenti. Soprattutto da questa rivoluzione consegue l' equiparazione tra omosessualità ed eterosessualità. Ecco perché dico che Paolo VI ha indicato un problema di grandissima importanza».

Ecco, l' omosessualità. E' un tema che riguarda l' amore fra due persone e non la mera sessualità. Cosa può fare la Chiesa per capire questo fenomeno?

«Diciamo due cose. Anzitutto dobbiamo avere un grande rispetto per queste persone, che soffrono anche e che vogliono trovare un loro modo di vivere giusto. D' altra parte, creare ora la forma giuridica di una specie di matrimonio omosessuale, in realtà, non aiuta queste persone».

Quindi lei giudica negativamente la scelta fatta in Spagna?

«Sì, perché è distruttiva per la famiglia e la società. Il diritto crea la morale o una forma di morale, poiché la gente normale comunemente ritiene che quanto afferma il diritto sia anche moralmente lecito. E se giudichiamo questa unione più o meno equivalente al matrimonio, abbiamo una società che non riconosce più la specificità né il carattere fondamentale della famiglia, cioè l' essere proprio dell' uomo e della donna che ha lo scopo di dare continuità - non solo in senso biologico - all' umanità. Ecco perché la scelta fatta in Spagna non reca un vero beneficio a queste persone: poiché in tal modo distruggiamo elementi fondamentali di un ordine di diritto».

Eminenza, a volte la Chiesa dicendo no su tutto, è andata incontro a sconfitte. Non dovrebbe essere almeno possibile un patto di solidarietà fra due persone, anche omosessuali, riconosciuto e tutelato dalla legge?

«Ma l' istituzionalizzazione di una simile intesa - lo voglia o no il legislatore - apparirebbe necessariamente all' opinione pubblica come un altro tipo di matrimonio e la relativizzazione sarebbe inevitabile. Non dimentichiamo poi che con queste scelte, verso cui oggi inclina un' Europa - diciamo così - in decadenza, ci separiamo da tutte le grandi culture dell' umanità, le quali hanno sempre riconosciuto il significato proprio della sessualità: cioè che un uomo e una donna sono creati per essere congiuntamente la garanzia del futuro dell' umanità. Garanzia non solo fisica ma morale».

In definitiva le visioni confliggenti nell' etica riflettono la rivoluzione del soggetto in corso nel mondo occidentale. La nuova soggettività è una sciagura o una sfida per la Chiesa?

«Di per sé la capacità di autodeterminazione può essere una cosa buona. Ma dubito che molti soggetti siano realmente autodeterminati - come oggi si vuol far credere - e non vivano invece un certo uniformismo prefabbricato, magari pensando di realizzare se stessi. L' uomo d' oggi è manipolabile dal mercato, dai media, dalle mode. Vero è che la sfera del soggetto è divenuta molto più grande. Il problema è che oggi la religione e la morale sembrano appartenere solo alla sfera del soggetto. L' oggettività si troverebbe unicamente nelle scienze mentre il resto sarebbe soggettivo. Di conseguenza la religione perde peso nella formazione della coscienza comune».

E allora?

«Rimane un' acquisizione positiva che il soggetto sia più consapevole della sua libertà e responsabilità, ma è giunto il momento di riconoscere che la libertà umana può vivere solo come libertà condivisa con gli altri. In una responsabilità comune. Soprattutto va capito che l' uomo non crea se stesso: è una creatura con i suoi limiti e con la possibilità di deviare o di trovare la via che corrisponde al suo essere propriamente una persona umana».

In questo scenario tutto occidentale sta irrompendo l' Islam. Come dovrebbe fronteggiarlo il cattolicesimo?

«Anzitutto l' Islam è multiforme, non è riducibile solo all' area terrorista o a quella moderata. Esistono interpretazioni diverse: sunniti, sciiti, eccetera. Culturalmente c' è una grande differenza tra Indonesia, Africa o penisola araba e forse si sta formando anche un Islam con una specificità europea, che accetta elementi della nostra cultura. In ogni caso è una sfida positiva per noi la ferma fede in Dio dei musulmani, la coscienza che siamo tutti sotto il giudizio di Dio, insieme ad un certo patrimonio morale e all' osservanza di alcune norme che dimostrano come la fede per vivere abbia bisogno di espressioni comuni: cosa che noi abbiamo un po' perso». E sul versante critico? «Si tratta di cogliere anche le debolezze culturali di una religione troppo legata ad un libro considerato come verbalmente ispirato, con tutti i pericoli che ne conseguono. Possiamo offrire il concetto di libertà religiosa ad una religione in cui è determinante la teocrazia, cioè l' inscindibilità tra potere statale e religione. Potremmo mostrare loro che un Dio che lascia più libertà all' uomo, offre nuovi spazi all' uomo e al suo sviluppo culturale».

Si fa strada la tendenza nei nostri paesi a voler esportare in ogni modo i valori occidentali nel resto del mondo, perché considerati migliori.

«Non dobbiamo imporre e dogmatizzare tutte le nostre idee. Dobbiamo essere consapevoli della relatività di tante nostre forme politiche, religiose, economiche. D' altra parte, dobbiamo lasciare agli altri popoli la possibilità di contribuire alla molteplicità del concerto della cultura umana. Noi cerchiamo di convincere gli altri di cose che ci paiono essenziali, ma ciò deve avvenire nel rispetto, senza imposizioni».

© Copyright Repubblica, 19 novembre 2004 consultabile online anche qui.

11 commenti:

mariateresa ha detto...

Buongiorno, cara. Grazie per questo articolo, c'è già tutto il nostro Benedetto. E anche il nostro Politi che riesce a schierarsi ancge quando fa le domande. Ehehehehe

Anonimo ha detto...

ma scusate, se in europa non praticanti, indifferenti e agnostici stanno diventando maggioranza, non può essere colpa di chi dovrebbe divulgare i valori cristiani? se molti cattolici non si comportano da cattolici, non può essere colpa delle gerarchie che non riescono a spiegare quanto sia bello essere cattolici?

mariateresa ha detto...

Senza offesa, caro anonimo, questo argomento l'abbiamo già sentito, fino al rosolamento dei zanetti.
Le cosiddette gerarchie, colpe ne hanno, ne hanno avute e ne avranno. Ma certi processi storici ci sono e non è necessariamente "colpa" di qualcuno. Non è che altre confessioni cristiane, più aperte e spigliate, stiano brindando champagne per i meravigliosi risultati del loro acume e del loro stare al passo coi tempi.Sono a spolverare ragnatele nelle chiese come altri e peggio dei cattolici. Gli ortodossi sono quelli che stanno meglio e questo per reazione al regime in URSS che si sono trovati sul groppone per 70 anni. Questo è un concetto che nel blog abbiamo espresso fino a provocare l'orchite. Ma questi restano dei fatti.
Inoltre non è solo un problema di gerarchie: anche il prete di parrocchia che fa delle omelie al prozac ha da proporsi un miglioramento. Anche quello che parla di tutto, tranne del Vangelo che è stato appena proclamato e intrattiene i fedeli con argomenti adatti al suo tinello, ma non alla Chiesa in cui celebra. Anche noi, quando subiamo l'arroganza di tanti che ci trattano come minus habens e stiamo zitti.Potremmo parlare "con dolcezza e rispetto", ma a volte è più comodo stare zitti.
La secolarizzazione non colpisce soltanto la nostra Chiesa, ma colpisce anche quel sentimento di solidarietà verso il prossimo che non è prerogativa dei soli credenti:infatti se sei uno che è buono solo per consumare e comprare e puoi fare tutto quello che ti pare senza porti un mezzo problema, perchè questo uno dovrebbe porsi delle remore davanti a un diverso, a un rom, a un qualsiasi disgraziato che abbia bisogno di aiuto?Perchè dovrebbe allargare un orizzonte e un angolo di visuale angusti e autocentrati che tutti (o quasi) gli dicono , di fatto, essere il meglio e il più avanzato?
Ognuno per sè e Dio per gli altri si diceva.
Adesso agli altri non si vorrebbe lasciare nemmeno quello.

Anonimo ha detto...

ma tutto questo non può essere perchè l'esigenza religiosa nasce dall'interno di ogni singolo individuo, con con esigneze ogni volta diverse? questo unito al fatto che sempre di più le persone prendono coscenza del loro essere individui unici ed irripetibili, fa si che il dare una risposta univoca per tutti sia un sistema che forse non basta più. so che parlare qui di relativismo e come parlare di corda in casa dell'impiccato, ma che non sia proprio quella la strada da percorrere? se la nostra destinazione finale è Dio, è giusto affermare che esiste un'unica strada per arrivarci? "le vie del signore sono infinite" è una frase splendidamente relativista.

P.S. l'anonimo di prima ero io.

Anonimo ha detto...

perchè mi segna come anonimo?
roberto b

Lapis ha detto...

le vie DEL Signore sono infinite, non le vie degli uomini. Sono infinite perché Dio nella Sua infinita bontà riesce a far Sue anche vie che apparentemente non portano a Lui, ma è grazie alla Sua misericordia e al Suo amore per noi che ciò avviene, non per la supremazia del nostro soggettivismo eretto a dogma.
Quando era ancora cardinale, Joseph Ratzinger fu intervistato da Peter Sewald per la realizzazione di un libro che poi uscì con il notissimo titolo "Il Sale della Terra". Chi di noi lo ha letto non può dimenticare che alla domanda dell'intervistatore su quante vie ci siano per arrivare a Dio, Ratzinger rispose "ci sono tante vie quanti ci sono uomini". Relativista anche quella risposta?

euge ha detto...

Credo cari amici del blog, che l'argomento sia molto più complesso di quanto immaginiamo ed ovviamente, non è facile liquidarlo in un post. Vorrei dire a roberto, e lo dico e lo ripeto fino a quando lo riterrò necessario, che fino a qualche anno fa, mi rifiutavo categoricamente, di ascoltare, leggere e parlare, di tutto ciò che riguardava il sacro in generale ma, in modo particolare, tutto ciò che riguardava la religione e la chiesa. I motivi erano molteplici: per prima cosa e tuttora ne sono convinta, le cerarchie di cui tu parli ( penso ecclesiastiche), non godono pienamente della mia fiducia salvo rarissimi casi, molte volte, ho segnalato ad esempio, in questo blog, di non trovarmi a mio agio nella mia parrocchia perchè non amo i preti manager che tutto fanno, tranne i sacerdoti; sono insoddisfatta e delusa dalle tante omelie vuote ed insulse che spesso, per mancanza di preparazione o per mancanza di delicatezza e perspicacia, da parte di chi le presenta, ti lasciano un senso di vuoto un vuoto che tante volte, si trasforma anche in rabbia verso chi parlando dal pulpito come si dice, non ti è di conforto oppure non ti aiuta a superare magari momenti particolari della tua esistenza; ed in fine, il motivo principale io basto a me stessa Dio può anche uscire dalla mia vita.
Caro roberto, per riavvicinarmi come sto facendo grazie anche ai documenti letti come le Encicliche e seguendo, i discorsi e le omelie di Benedetto XVI, fra alti e bassi sto cercando di rinforzare la mia fede. Non ho chiesto aiuto ad un prete ho solo ascoltato me stessa; ad un certo punto della mia vita, ho deciso conservando la mia razionalità, di riprovare a credere ma, non l'ho fatto ne sotto una spinta emozionale, ne tantomeno convinta da chissà chi. E' chiaro che la chiesa come tutti sappiamo è fatta di uomini e quindi è imperfetta ma, non dimentichiamoci che anche chi crede fa parte della chiesa se la intendiamo come corpo mistico di Cristo. Sapessi, quante e quante volte volte mi sono chiesta ma, se la chiesa è il Corpo Mistico di Cristo perchè al suo interno ci devono essere divisioni? Perchè le cerarchie come tu le definisci tante volte fanno l'opposto di quello che dovrebbero fare? Perchè i sacerdoti ministri di Dio hanno paura di testimoniare la verità del Vangelo? La risposta sicuramente sarà più complessa ma, in parte è quella che ti ho dato prima. La chiesa è fatta di uomini che hanno i loro limiti e che sbagliano come tutti noi. A questo punto, cos'è ciò che ti spinge ad avere fede e cercare di credere? Secondo me è accettare l'esistenza di DIO. Esistenza che si rivela all'uomo come amore. I cristiani lo chiamano Dio ma, si può anche definirla una entità perchè l' uomo per quanto intelligente, istruito, moderno, aggiornato, tecnologico e scientifico, non potrà mai bastare a se stesso. Molti progressi ed anche giusti e validi sono stati compiuti dalla scienza ma, la scienza intesa come conoscienza dell'uomo, sarà sempre limitata e comunque positiva se agirà per il bene dell'individuo e non per il suo male. Riguardo alla giusta laicità, non posso che condividere ciò che dice il Card. Ratzinger in questo articolo. Una buona laicità è saper accettare le differenze delle varie religioni basandosi sul rispetto reciproco; per questo trovo assolutamente ingusta la sentenza spagnola sul Crocifisso. Possibile che si ha tanta paura di una Croce? perchè gli scettici, i laici puri come amano definirsi taluni hanno paura della Croce di cristo Crocifisso? Ricordiamoci che una cosa da fastidio quando comunque ci dà delle senzazioni altrimenti non sarebbe fastidiosa ci sarebbe del tutto indifferente A tal proposito e concludo, voglio postare una frase presa da un testo scritto proprio da Joseph Ratzinger ora Benedetto XVI:
" Il credente come l'incredulo condividono il dubbio e la fede. Nessuno può sfuggire completamente al dubbio ma, nemmeno alla fede". Credo che sia uno spunto buono di riflessione.

Anonimo ha detto...

è proprio questo il fatto, cara euge. sul tuo personale percorso di fede nessuno può mettere il becco. tu hai le tue esigenze e le tue fonti di ispirazione, che sono diverse da chiunque altro. questo vale per tutti, nell'ambito del cristianesimo e anche fuori. quando sento un alto prelato che sentenzia "solo in Cristo c'è la salvezza" io vedo uno che ha gia messo all'inferno metà del pianeta. io preferirei una frase del tipo "solo in Cristo c'è la mia salvezza". poi quando io indeciso vedo un cristiano felice e saldo nella sua fede, mi può pure venire il dubbio che quella sia anche la mia strada. questa, secondo me, è una sana forma di proselitismo.
per me il relativismo vuol dire che le vie del Signore, non solo sono infinite, ma sono pure a doppio senso di circolazione. Lui può venire da noi, ma anche noi possiamo andare da Lui con una di queste vie.

euge ha detto...

Caro roberto, che un alto prelato come lo definisci tu, dica che solo in Cristo c'è la salvezza, mi pare normale sarebbe assurdo il contrario per ovvie ragioni.In quanto l'alto prelato non è solo un cattolico ma è soprattutto, un ministro di Dio; il fatto che tu dica che automaticamente egli
" sentenziando" in questo modo, metta automaticamente tutti gli altri all'inferno, non credo sia giusto. Vedi roberto, è chiaro che per i cristiani, il punto di riferimento e la via della salvezza si vede in Cristo e solo in lui; primo perchè stiamo parlando di religione cristiana, poi, perchè è normale che è nello spirito di chi è ministro di Dio oppure anche solamente uno di noi, far comprendere oppure far semplicemente conosce le ragioni o gli insegnamenti, della propria religione; secondo perchè Cristo è la manifestazione dell'amore enorme ed infinito di Dio per noi; Cristo è Dio fatto uomo; nel momento in cui si conosce Cristo, si conosce Dio; non si può certo pretendere che un prelato come lo definisci tu, possa dire che Maometto sia la via i salvezza per i cristiani, oppure lo siano, altre entità o personificazioni di entità di altre religioni. L'uomo, caro roberto usufruisce del libero arbitrio; chi vuole conoscere e seguire gli insegnamenti di Cristo ed accettarli per fede, semplicemente li segue altrimenti è libero di seguire un altra religione oppure di rimanere in uno stato non ben definito che si trova fra il voler conoscere ed approfondire, ed il rifiutare soltanto per un puntiglio oppure per una questione puramente ideologico - politica. Comunque, vada, la scelta è solo nostra.

Anonimo ha detto...

era solo la descrizione di ciò che mi piacerebbe vedere. io comunque sono daccordo che Cristo sia Dio fatto uomo, però credo anche che Dio si sia fatto uomo altre volte.
spero di non sembrare sacrilego.

euge ha detto...

Mi piacerebbe sapere roberto cosa intendi dicendo altre volte. Poichè ogni uomo è creato ad immagine e somiglianza di DIO, in ogni nostro fratello, soprattutto più debole, dovrenmmo riuscire a vedere Cristo. Chi aiuta un povero, aiuta Cristo chi soccorre un malato soccorre Cristo chi stronca una vita è come se crocifiggesse un'altra volta Cristo. Ecco perchè l'uomo non può arrogarsi di decidere della vita e della morte di altri. L'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, deve essere capace solo di amore ma, come ti renderai conto tu stesso, oggi purtroppo non è così; l'uomo per sentirsi più potente del suo Creatore sta arrivando alla sua fine alla sua rovina e per che cosa poi? Per il potere per la voglia smodata di dominare su se stesso e sugli altri. L'uomo essendo espressione dell'amore di Dio non può che portare amore e non odio, cinismo ed egoismo.