venerdì 20 marzo 2009
Il Papa: il vero virus avidità e corruzione. In Camerun incontro coi musulmani e bagno di folla allo stadio (De Carli)
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DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE IN CAMERUN ED ANGOLA
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Il Papa: il vero virus avidità e corruzione
In Camerun incontro coi musulmani e bagno di folla allo stadio
Giuseppe De Carli
«Perché non sperare che la riflessione teologica possa fornire agli africani di oggi e alla Chiesa universale grandi teologi e maestri spirituali che potrebbero contribuire alla santificazione degli abitanti di questo continente e della Chiesa intera?».
La domanda di Papa Ratzinger non è retorica.
Ai vescovi del Consiglio Speciale per l'Africa offre quello che è quasi un sogno ad occhi aperti.
L'Africa della prima infanzia di Gesù, fuggito con Maria e Giuseppe in Egitto, dell'evangelista Marco, della prestigiosa Scuola di Alessandria, potrebbe tornare ad essere il pilastro della Chiesa universale.
Forse, in un prossimo futuro, con un «Papa nero»? Benedetto XVI non lo dice esplicitamente ma gli è rimasto quasi nella penna; è sullo sfondo di una autentica rivoluzione che sta per cambiare la geografia spirituale della cattolicità. Grandi teologi, grandi maestri di spiritualità, terra irrorata dai santi, fortificata dalle figure di grandi vescovi e da un laicato consapevole e maturo.
Dunque, anche… Ai suoi confratelli dell'episcopato, Papa Benedetto lascia due direttive: la Chiesa-famiglia di Dio che è in Africa deve realizzare una «opzione preferenziale per i poveri». Il campo va però sgomberato da ogni conflitto etnico, dagli scontri tribali: «Lasciatevi riconciliare! Nessuna differenza etnica o culturale, di razza, di sesso e di religione deve divenire tra voi motivo di contesa. Voi siete figli dell'unico Dio, nostro Padre, che è nei cieli». Ripercorriamo a ritroso l'ultima giornata in Camerun. L'accenno alla pandemia dell'Aids (20 milioni di infettati in tutto il continente) è fatto nell'incontro con i sofferenti al «Centro Paul LEger».
L'Aids, la malaria e la tubercolosi, flagelli che si possono combattere e che vedono in prima fila la Chiesa con l'incredibile reticolo iniziative umanitarie e sanitarie. Un'azione di supplenza che ogni giorno strappa alla morte migliaia di persone.
C'è l'impianto di pensiero della famosa «lectio magistralis» di Ratisbona (settembre 2006) nell'incontro con la comunità musulmana.
Il Papa auspica una «religione ragionevole». «Essa rifiuta tutte le forme di violenza e di totalitarismo. Religione e ragione si sostengono a vicenda, dal momento che la religione è purificata e strutturata dalla ragione e il pieno potenziale della ragione viene liberato mediante la rivelazione e la fede».
Il momento della festa è allo stadio di Yaoundé.
È l'unico appuntamento pubblico di massa. Una immersione fra la gente, un abbraccio a tutti gli africani. Danze e suoni di tamburi, il Vangelio in portantina come i capi tribù, il Papa, il «grande bambà», il grande nonno che sorride , la preghiera dei fedeli in swahili, ewando, ma anche le preghiere in latino. La liturgia «alla Ratzinger», che unisce tradizione e tradizioni.
Che è «glocal», un mix perfetto di localismo e globalizzazione. Tanti i temi messi a fuoco: la difesa della vita sin dal concepimento, il valore della famiglia, la lotta contro l'avidità e la corruzione, la mancanza di lavoro e l'esodo rurale che sconvolge equilibri millenari, i bambini di strada, maltrattati e abusati, arruolati a forza in gruppi militari. Tanti fotogrammi di un continente in bilico fra nobiltà e miseria, abissi di depravazione e desideri mai sopiti di riscatto. Ed oggi Benedetto XVI arriva a Luanda. In un Paese, l'Angola, che ha offerto al mondo la sua gente, nel senso che milioni di angolani sono stati fatti schiavi e deportati nelle Americhe. Un crimine che pesa sulla coscienza dell'umanità, così come per la Shoa, lo sterminio degli ebrei. Intere generazioni ridotte in schiavitù. Una storia, questa, ancora tutta da raccontare.
© Copyright Il Tempo, 20 marzo 2009 consultabile online anche qui.
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