giovedì 19 marzo 2009

Il Papa: «In Africa non c'è ateismo». Più di un milione di persone sui 29 chilometri dall'aeroporto alla nunziatura (De Carli)


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Il Papa: «In Africa non c'è ateismo»

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Giuseppe De Carli

YAOUNDÉ

Del chiasso mediatico internazionale sul preservativo che, a parere di Papa Benedetto XVI, non sconfiggerebbe l'AIDS, a Yaoundé, capitale del Camerun, non giunge neppure l'eco. La parola, usata per la prima volta da un Papa, non accende né la fantasia né le discussioni.

Il viaggio apostolico africano viaggia su due binari ben distinti: quello che è raccontato dalla stampa, specie occidentale, e quello che invece è recepito dalle popolazioni locali attraverso il «passaparola», l'organizzazione capillare delle diocesi, l'impegno dei missionari. «Un trionfo», titola il principale quotidiano del Paese.

E in tv scorrono continuamente le immagini dell'accoglienza a Benedetto XVI. Più di un milione di persone sui 29 chilometri dall'aeroporto alla nunziatura.
Degli undici viaggi internazionali del Papa bavarese questo, in terra d'Africa, si pone in cima quanto a successo, ad entusiasmo popolari. Perché tanta gente? «Perché il Papa - risponde padre Marco Pagani del Pime, da 17 anni missionario in Camerun - viene non per fare affari o incontrarsi con la classe dirigente. Viene per loro. Per la gente, i bambini, le famiglie, gli ammalati, i preti e i catechisti. Viene per guardare in faccia gli africani. Questo la gente lo avverte e fa festa. Il Papa tornerà a Roma e avrà con sé tutto il popolo camerunense». La seconda giornata della visita si snoda fra il palazzo presidenziale, l'incontro coi vescovi, la celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i diaconi. Quasi lo spartiacque fra due Paesi diversi. Quello della politica e della società civile, e quello religioso. Dalle difficoltà di sempre ai motivi di speranza. Basti un dato: nell'elenco Onu dei Paesi più corrotti del mondo, nel 2007, il Camerun appariva al primo posto. Secondo gli esperti è un «costume», una mentalità che vede nell'esercizio del potere la possibilità di elargire favori. Le piaghe che flagellano questa nazione compaiono in un lungo «cahiers de doléances» stilato dai vescovi: sottosviluppo cronico, mancanza di iniziative imprenditoriali, appropriazioni indebite, furti di bestiame, spreco delle risorse pubbliche, concorsi truccati, giovani disoccupati. Una "vita cristiana che non riflette la fede in Cristo, principe della giustizia e della verità". C'e' l'aspetto socio-politico e c'è quello religioso. «In Africa, grazie a Dio - ha detto il Papa - non si pone il problema dell'ateismo». La gente crede «naturalmente» a Dio, sia che appartenga alla Chiesa cattolica o protestante, che all'Islam (è il 20% della popolazione), che alle religioni tradizionali. «Vi invito a vigilare - ammonisce però Benedetto XVI incontrando i vescovi - alla fedeltà dei sacerdoti e delle persone consacrate perché perseverino nella loro vocazione e siano coerenti con gli impegni assunti». La missione del vescovo non è solo quella di vigilare, lui è «il principale difensore dei poveri; è suo dovere promuovere e favorire l'esercizio della carità, manifestazione dell'amore del Signore per i piccoli».

© Copyright Il Tempo, 19 marzo 2009 consultabile online anche qui.

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