mercoledì 18 marzo 2009
Una grande folla ha salutato l’arrivo di Papa Ratzinger nella capitale camerunense (Muolo)
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN CAMERUN E ANGOLA (17-23 MARZO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG
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PIETRO E IL MONDO
Una grande folla ha salutato l’arrivo di Ratzinger nella capitale camerunense, prima tappa del suo viaggio africano per la consegna dell’Instrumentum laboris del Sinodo
«Giustizia, pace e riconciliazione per l’Africa»
Benedetto XVI: no a modelli culturali che ignorano il diritto alla vita dei non ancora nati
DAL NOSTRO INVIATO A YAOUNDÉ (CAMERUN)
MIMMO MUOLO
Sembrava fossero tutti lì ad aspettarlo. Un milione e settecentomila abitanti, o quanti ne contiene la capitale del Camerun, dove il Boeing 777 dell’Alitalia con a bordo il Papa e il suo seguito atterra puntualissimo alle 16 di un assolato, caldissimo e umido pomeriggio africano. Trenta chilometri dista l’aeroporto internazionale dal centro della città e loro sono tutti lì, sotto il sole cocente, ad attendere la papamobile. Una ininterrotta siepe umana sui due lati della strada, con centinaia di migliaia di bambini, giovani e adulti ad agitare festanti mani e cappellini, a danzare al ritmo dei tamburi, a muoversi con grazia e naturalezza nei vestiti dai colori sgargianti che si fondono con la terra rossa delle tante vie e viuzze di questa immensa metropoli nel cuore del continente nero.
Il Papa che sull’aereo aveva appena finito di dire quanto ami la fede gioiosa dei popoli africani e che nel discorso ufficiale di benvenuto, tenuto sulla pista di atterraggio, aveva sottolineato come questa sia «una terra di vita, di pace e di giovani», non smette un attimo – lungo tutto il tragitto che dura quasi un’ora – di rispondere ai saluti. Negli occhi gli si legge la felicità per questo primo incontro che più gioioso non può essere e viene da ripensare alle parole ascoltate, proprio dalla bocca del Pontefice, qualche minuto prima. Non è stato un discorso di circostanza il suo («Avvenire» lo pubblica integralmente in questa stessa pagina). Anzi, Benedetto XVI inquadra fin da queste prime battute i veri problemi del Continente. L’Africa, ricorda ad esempio a chi condiziona gli aiuti all’adozione di politiche demografiche che non di rado includono anche l’aborto tra i mezzi contraccettivi, non si può salvare con «l’imposizione di modelli culturali che ignorano il diritto alla vita dei non ancora nati». I popoli africani «implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace e questo e proprio ciò che la Chiesa offre loro». «Non nuove forme di oppressione economica o politica – aggiunge – ma la libertà gloriosa dei figli di Dio. Non amare rivalità interetniche o interreligiose, ma la rettitudine, la pace e la gioia del Regno di Dio».
Non manca di mettere l’accento, il Pontefice, anche sulla piaga delle «moderne forme di schiavitù», legate all’immigrazione clandestina. E lo fa proprio nel continente da cui per secoli partirono gli schiavi destinati all’America. Perciò Benedetto XVI condanna «il traffico di esseri umani, specialmente di inermi donne e bambini». In un tempo di «globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di modelli disturbati di cambiamenti climatici, l’Africa soffre sproporzionatamente: un numero crescente di suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà, della malattia». Ma Benedetto XVI è venuto fin quaggiù con un messaggio di speranza. Lo ha detto sull’aereo, conversando con i giornalisti, lo ripete di fronte al presidente camerunense, Paul Biya, che poco prima gli ha rivolto il suo saluto, sotto un gazebo al centro della pista. «Il Camerun è effettivamente terra di speranza per molti nell’Africa centrale».
Così il discorso del Papa riempie di contenuti una cerimonia di benvenuto, a dire il vero un po’ ingessata, con Benedetto XVI guidato dal suo ospite lungo il perimetro della pista di arrivo, dove su un tappeto rosso erano ad attendere di salutarlo dignitari, ambasciatori, militari e naturalmente i presuli locali, con l’arcivescovo della capitale e presidente della Conferenza episcopale nazionale, monsignor Simon-Victor Tonyé Bakot. Sono gli stessi contenuti dell’Instrumentum laboris del Sinodo che verrà pubblicato domani e che faranno da sfondo a tutta la visita. Perché da quest’«Africa in miniatura» che è il Camerun con le sue 280 etnie, pace, giustizia e riconciliazione dilaghino nell’intero continente.
© Copyright Avvenire, 18 marzo 2009
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