sabato 21 marzo 2009

In Angola il Papa denuncia la corruzione e lo sfruttamento (Giansoldati)


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Il Papa alle donne africane: «L’aborto non è una cura»

E in Angola denuncia la corruzione e lo sfruttamento

FRANCA GIANSOLDATI

dal nostro inviato

LUANDA (Angola)

A Benedetto XVI non piace proprio la piega che gli Stati africani stanno prendendo: «sconcertante» inserire l’aborto tra le politiche sanitarie. Lo dice chiaro e tondo, senza troppi giri di parole, al presidente Dos Santos e agli ambasciatori africani al Palacio do Povo, il Palazzo del popolo, a Luanda, sede del governo di origini marxiste ma in tempi recenti convertito al liberalismo selvaggio, dopo la fine di una lunghissima guerra civile. «Quanto è amara l’ironia di coloro che promuovono l’aborto tra le cure della salute materna». La tesi che equipara «la soppressione della vita» ad una «questione di salute riproduttiva» è da rigettare in toto perché invece di fare «avanzare l’edificio sociale mina le sue stesse fondamenta». Cuore della critica è l’articolo numero 14 del Protocollo di Maputo, siglato dall’Unione Africana nel 2003 in Mozambico per dare maggiore tutela alla donna uniformando le singole legislazioni nazionali. Quasi tutte le nazioni africane lo hanno firmato ed è già stato ratificato dalla stragrande maggioranza. L’aborto per la morale cattolica resta sempre un male. La Chiesa africana promotrice di una massiccia campagna di promozione a difesa della dignità della donna, condivide ampiamente il contenuto di 31 articoli del Trattato. Uno solo non va giù, quello che contempla l’interruzione volontaria di gravidanza ed il diritto di scegliere i metodi contraccettivi all’interno di programmi sanitari. Un orientamento, peraltro caldeggiato anche da tante organizzazioni umanitarie sotto l’ombrello dell’Onu.
Aborto a parte, ai politici africani, il Papa ha chiesto di battersi per governi trasparenti, orientati al bene comune. Come in Camerun, anche in Angola, meta del suo quarto giorno di viaggio, ha denunciato la corruzione, la povertà, la disoccupazione, lo sfruttamento. Il presidente Dos Santos lo ha ascoltato senza battere ciglio e al Vaticano ha chiesto esplicitamente di aiutare l’Africa presso l’Onu, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, facendo leva sul suo potere morale. In questo frangente segnato dalla crisi internazionale, ha detto il presidente, gli africani vorrebbero uscire dall’isolamento cui sono costretti.
Atterrando a Luanda il Papa ha potuto osservare dall’alto come il petrolio abbia cambiato in pochissimo tempo il volto del Paese. Il porto era intasato da centinaia di petroliere in fila per potere entrare. Nonostante sia il secondo maggiore produttore di idrocarburi in Africa dopo la Nigeria, l’Angola resta uno dei paesi più poveri e il divario tra chi è ricchissimo - una ristretta elite legata al potere - ed il 90 per cento della popolazione che sopravvive nella sterminata distesa di baracche di fango e lamiere, colpisce subito.
I cattolici - il 55% su una popolazione di 15 milioni - hanno accolto Papa Ratzinger a braccia aperte, invadendo le strade, organizzando processioni chilometriche, con scene di entusiasmo e allegria.
A loro una raccomandazione: non arrendetevi mai alla «legge del più forte».

© Copyright Il Messaggero, 21 marzo 2009 consultabile online anche qui.

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