giovedì 12 marzo 2009

Papa combattivo, lettera severa (Il Foglio)


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Papa combattivo, lettera severa

L’esclusiva del Foglio di ieri sulla lettera del Papa in merito al caso Williamson ha fatto il giro del mondo. Oggi il testo ufficiale, anticipato dalla FAZ di Francoforte. Accenti amari per l’antipapismo cattolico

La “parola chiarificatrice” di Benedetto XVI sulla revoca della scomunica ai quattro vescovi Lefebvriani, anticipata dal Foglio.it dalla mezzanotte di martedì e con un articolo sulla prima pagina di ieri, ha avuto immediata eco su tutte le agenzie di stampa e le principali testate italiane e mondiali. Dopo le polemiche nate soprattutto in seguito alle dichiarazioni negazioniste di Williamson sull’Olocausto il Pontefice ha voluto, un po’ a sorpresa, mettere la parola fine su una vicenda che ha rischiato di sortire l’effetto opposto della decisione papale: minare l’unità della chiesa invece che rafforzarla. Ecco perché fin dalla mattina di ieri prima l’Ansa, poi l’Agi e a seguire i siti dei principali giornali italiani e stranieri, tra cui il Times, il New York Times e il Jerusalem Post, hanno ripreso la notizia. La sala stampa vaticana ha confermato l’esistenza della lettera, che sarà resa pubblica oggi.
Nel pomeriggio di ieri però diversi siti Internet tedeschi, tra cui la FAZ di Francoforte, hanno pubblicato il testo integrale nella lingua di Ratzinger.
Definita da più parti “inusuale”, la scelta di Benedetto XVI di spiegare ai pastori della chiesa la sua decisione è motivata dall’osservazione che il suo atto di misericordia ha generato “all’interno e all’esterno della chiesa cattolica una discussione di una tale violenza quale da molto tempo non si era sperimentata”.

Lo smarrimento (in certi casi strumentale) di tanti ministri della chiesa è il primo argomento che il Pontefice tocca: “Molti vescovi si sono sentiti perplessi davanti a un avvenimento verificatosi inaspettatamente e difficile da inquadrare positivamente nelle questioni e nei compiti della chiesa odierna. Anche se molti vescovi e fedeli in linea di principio erano disposti a valutare in modo positivo la disposizione del Papa alla riconciliazione a questo tuttavia si contrapponeva la questione riguardante la convenienza di un tale gesto di fronte alle vere urgenze della vita di fede nel nostro tempo. Alcuni gruppi, invece, accusavano apertamente il Papa di voler tornare indietro a prima del Concilio”.

Amaro e duro nello stesso tempo, il testo della lettera parla di “una valanga di proteste la cui amarezza ha rivelato ferite che vanno al di là del momento storico”.

Così, dopo avere ricordato che “tutti i passi di riconciliazione tra cristiani ed ebrei fatti a partire dal Concilio” erano stati condivisi e promossi dal “mio personale lavoro teologico”, il Papa si dice “rattristato dal fatto che anche cattolici che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose abbiano pensato di dovermi colpire con una ostilità pronta all’attacco”. Per questo ringrazia “tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia”.

Anche a beneficio di chi ha maliziosamente frainteso i termini della revoca della scomunica, Benedetto XVI chiarisce come “la Fraternità San Pio X non ha alcuno status canonico nella chiesa e i suoi ministri, anche se sono stati liberati dalla pena ecclesiastica, non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella chiesa”.

Attento osservatore di come l’affaire Williamson è stato utilizzato anche dentro la chiesa stessa per muovere critiche al suo scarso opportunismo nel volere accogliere chi non sarebbe degno, Benedetto XVI chiede: “Possiamo noi semplicemente escluderli come rappresentanti di un gruppo marginale radicale dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità? Che ne sarà poi? Certamente da molto tempo, e di nuovo in questa occasione concreta, abbiamo sentito da rappresentanti di quella conunità molte cose stonate. Per amore della verità devo aggiungere che ho ricevuto anche una serie di testimonianze commoventi di gratitudine nella quale si rendeva percepibile una apertura dei cuori”.

Per questo il richiamo finale al grande compito educativo della chiesa: “Non dovrebbe la grande chiesa permettersi di essere anche generosa nella consapevolezza del lungo respiro che possiede, nella consapevolezza della promessa che le è stata data? Non dovremmo da buoni educatori essere capaci anche di non badare ad alcune cose non buone e sforzarci di condurre fuori dalle ristrettezze restando calmi?”.

© Copyright Il Foglio, 12 marzo 2009 consultabile online anche qui.

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