mercoledì 7 gennaio 2009
L'Epifania nella tradizione bizantina. Nato senza padre dalla Madre e senza madre dal Padre (Osservatore Romano)
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L'Epifania nella tradizione bizantina
Nato senza padre dalla Madre e senza madre dal Padre
di Manuel Nin
In tutte le tradizioni cristiane d'Oriente l'Epifania celebra la manifestazione del Verbo di Dio incarnato, in un contesto trinitario e cristologico. I testi liturgici riassumono in qualche modo i principali misteri della fede cristiana: il mistero trinitario, l'incarnazione del Verbo di Dio e la redenzione ricevuta nel battesimo, evento celebrato durante la grande benedizione delle acque che ricorda il battesimo di Cristo e quello di ognuno dei fedeli cristiani. Nella tradizione bizantina l'Epifania è una delle dodici grandi feste, con una "pre-festa" che inizia il 2 gennaio e un'ottava che finisce il 14 gennaio. Questo tempo vuole mostrare come la Chiesa, docile alla liturgia, si prepara alla celebrazione di un grande evento di salvezza e come lo vive per otto giorni che rendono evidente la pienezza del mistero celebrato.
I testi innologici del vespro e dell'ufficiatura mattutina sono dei grandi innografi bizantini vissuti dal vi al IX secolo - Romano il Melode, Sofronio di Gerusalemme, Germano di Costantinopoli, Andrea di Creta, Giovanni di Damasco, Giuseppe l'Innografo - e sottolineano lo stupore e la meraviglia del Battista e di tutta la creazione (angeli, firmamento, acque del Giordano) di fronte alla manifestazione umile di Cristo che si avvia a ricevere il battesimo. Uno dei testi più significativi è la grande benedizione delle acque, celebrata alla fine del vespro oppure alla fine della divina liturgia del giorno e che si svolge di solito al fonte battesimale della chiesa. La preghiera, attribuita a Sofronio di Gerusalemme, è un lungo testo che costituisce una celebrazione a sé stante, benché si collochi senza soluzione di continuità con il vespro o con la Divina liturgia.
Dopo il canto dei tropari la celebrazione prosegue con diverse letture dell'Antico e del Nuovo Testamento: tre brani profetici di Isaia (35, 1-10; 55, 1-13; 12, 3-6), poi san Paolo (1 Corinzi, 10, 1-4), quindi il vangelo di Marco (9, 1-11). Segue la grande litania diaconale con una invocazione dello Spirito Santo per la consacrazione delle acque, perché esse siano fonte di perdono, di purificazione e di vita nuova per i battezzati: "Affinché sia santificata quest'acqua con la virtù e la potenza e la venuta dello Spirito Santo. Affinché discenda su queste acque l'azione purificatrice della sovrasostanziale Trinità. Affinché noi possiamo essere illuminati con la luce della conoscenza e della pietà per la venuta dello Spirito Santo. Affinché quest'acqua possa divenire dono di santificazione, lavacro dei peccati per la guarigione dell'anima e del corpo".
La preghiera di consacrazione dell'acqua inizia con una prima parte in cui il sacerdote loda la Trinità divina, come nelle anafore eucaristiche: "Trinità sovrasostanziale, buonissima, divinissima, onnipotente, onniveggente, invisibile, incomprensibile, creatrice, innata bontà, luce inaccessibile". La preghiera si rivolge poi direttamente a Cristo, con titoli che indicano un contesto chiaramente calcedonese: "Ti glorifichiamo Signore, amico degli uomini, onnipotente, eterno re, Figlio Unigenito, nato senza padre dalla Madre e senza madre dal Padre. Nella precedente festa infatti ti abbiamo visto bambino, in questa invece ti vediamo perfetto, essendoti manifestato Dio nostro perfetto".
Il testo prosegue con l'enumerazione dei fatti salvifici celebrati nella festa; nelle ventiquattro invocazioni che iniziano con la parola "oggi" il testo descrive non solo i fatti avvenuti nella storia della salvezza e oggi commemorati, ma la parola "oggi" prende una forza di attualizzazione nella celebrazione e nella vita della Chiesa: "Oggi la grazia dello Spirito Santo, in forma di colomba, è discesa sulle acque. Oggi l'increato, per sua volontà, viene toccato dalle mani della creatura. Oggi le rive del Giordano vengono tramutate in farmaco per la presenza del Signore. Oggi siamo riscattati dalla tenebra e veniamo resi sfavillanti dalla luce della divina conoscenza". Due frasi del sacerdote invocano per tre volte la santificazione delle acque: "Tu, Signore, re e amico degli uomini, sii presente anche ora per la venuta del tuo Spirito Santo e santifica quest'acqua. Tu stesso anche ora, o Signore, santifica quest'acqua con il tuo Spirito Santo".
Finita la preghiera il sacerdote introduce la croce benedizionale con un rametto di erbe aromatiche nell'acqua cantando per tre volte il tropario della festa: "Al tuo battesimo nel Giordano, Signore, si è manifestata l'adorazione della Trinità: la voce del Padre ti rendeva infatti testimonianza, chiamandoti "Figlio diletto', e lo Spirito in forma di colomba confermava la sicura verità di questa parola. O Cristo Dio che ti sei manifestato e hai illuminato il mondo, gloria a te". Alla fine i fedeli passano a baciare la croce e sono aspersi con l'acqua consacrata, che poi secondo la tradizione portano a casa.
Della festa si possono sottolineare tre aspetti. In primo luogo, la manifestazione della divinità in chiave trinitaria: il battesimo di Cristo nel Giordano manifesta sì la rivelazione del Verbo di Dio, ma include anche quella del Padre e dello Spirito Santo. In secondo luogo, la celebrazione manifesta l'opera salvifica di Cristo, evidenziata nel battesimo e portata a compimento nella sua umiliazione. In terzo luogo, la celebrazione dell'Epifania significa anche la comunicazione agli uomini della grazia dello Spirito Santo per mezzo dell'acqua del battesimo.
(©L'Osservatore Romano - 5-6 gennaio 2009)
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