venerdì 6 marzo 2009

José Luis Restan: "Dove cercare la speranza che non inganna" (Sussidiario)


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Pubblichiamo la traduzione in italiano del testo che il blog ha gia' inserito in spagnolo:

BENEDETTO XVI/ Dove cercare la speranza che non inganna

José Luis Restan venerdì 6 marzo 2009

Quanto più si fanno scure le nubi della crisi economica e quanta più incapacità dimostrano i leader culturali del momento per affrontare la situazione, quanto più Benedetto XVI continua a ripetere di arare nel solco della speranza cristiana. Come egli stesso ha mostrato nella Spe Salvi, la questione della speranza segna i grandi andirivieni della modernità e diventa oggi stesso una questione calda per tutti.

Questa volta il Papa ha approfittato del messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù per rinnovare il dialogo della Chiesa con l’uomo contemporaneo sulla speranza. In effetti, le irriducibili domande di fondo, che nei giovani nascono con speciale freschezza, si scontrano spesso con ostacoli che sembrano insuperabili. Tuttavia queste domande urgenti (che senso ha la vita? Come raggiungere la felicità? Perché la sofferenza e la malattia? Cosa c’è oltre la morte?) devono misurarsi con la realtà così com’è, quindi nasce inevitabilemente una questione scottante: dove trovare e come mantenere viva nel cuore la fiamma della speranza?

Non manca un riferimento acuto alle diverse forme del malessere giovanile, che, a suo giudizio, si esprimono in molte evasioni o strade sbagliate per rispondere a questa domanda. E sebbene succeda questo, nonostante le ferite procurate in vario modo, non si appaga il desiderio del vero amore e dell’autentica felicità. Così il Papa manifesta la sua fiducia nel cuore umano, che non può smettere di desiderare, che ha la risorsa di riconoscere la verità che gli corriponde quanto questa gli si pone davanti in modo persuasivo. Questa è un’ipotesi positiva, una risorsa educativa che non dobbiamo mai mettere da parte.
Benedetto XVI ha voluto spiegare attraverso semplici passaggi un modo di ragionare al quale ci ha già abituato con i suoi grandi discorsi: parte da quella che è l’esperienza comune, comincia dalle domande di tutti prendendo seriamente la loro densità drammatica, per condividere con i suoi interlocutori un itinerario alla cui fine si offre libera e semplice la proposta cristiana, una proposta che non violenta, ma che corrisponde alle esigenze umane di ciascuno, per quanto sia lontano a priori.
In una rapida panoramica della nostra recente storia, il Papa dice che né la politica, né la scienza, né l’economia possono da sole offrire la grande speranza a cui tutti aspiriamo. Inoltre, quando esse vogliono arrogarsi questo titolo finiscono per generare scetticismo e violenza. Questa speranza può essere solamente Dio che abbraccia l’universo, il Dio che è amore e che si è rivelato in Gesù Cristo.
Per mostrare il cammino della speranza, il Papa sceglie la grande figura di san Paolo, che ha potuto confessare al suo amico Timoteo: «Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivo». Ma com’era nata in lui questa speranza?, si chiede Benedetto XVI. Nasce a partire dal suo incontro con Gesù resuscitato, che provoca un cambiamento radicale della sua vita, cambia la sostanza e il fondamento della sua speranza, dato che sebbene viva nella carne (in tutta la trama delle faticose circostanze quotidiane) ora si sostiene sulla fede nel Figlio di Dio.
In questo modo la speranza, sostiene vigorosamente Benedetto XVI, non è solamente un ideale o un sentimento, ma una persona viva. Se siamo con Lui, che ha vinto la morte, che cosa dobbiamo temere? Quindi la questione urgente pre noi è come incontrarlo oggi. La grande famiglia della Chiesa, che ci offre la sua Parola, i sacramenti, la testimonianza della carità e la rete di un’amicizia inconfondibile, è il luogo in cui Egli si rende presente, come fondamento di una speranza che non inganna.
Alla fine il Papa si rivolge a coloro che già pongono la loro speranza in Cristo per invitarli alla missione: a dare ragione di ciò che hanno incontrato ai loro amici e coetanei, a essere pazienti costruttori della comunità cristiana. Gli chiede anche il coraggio di prendere decisioni che mostrino la loro fede, facendo sì che non si lascino attrarre dalle false illusioni dell’idolatria del denaro, della carriera e del successo. Questa speranza ferma che sfida le mareggiate della propria vita e della storia li porterà al servizio del bene comune con la umile sobrietà di coloro che sanno che i loro tentativi sono sempre approssimativi e fallibili, ma anche con un’energia invincibile per porsi dalla parte del bene.

© Copyright Il Sussidiario, 6 marzo 2009

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