giovedì 5 marzo 2009

Il vescovo Sigalini: «Solo chi, come il Papa, conosce e stima i giovani può chiamarli a essere protagonisti» (Rosoli)


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l’intervista

Il vescovo Sigalini: «Solo chi, come il Papa, conosce e stima i giovani può chiamarli a essere protagonisti»

«Ha il coraggio di dar voce alle loro domande»

DI LORENZO ROSOLI

Nei giovani d’oggi «tanti adulti ve­dono solo povertà culturale e spi­rituale, distrazione, indifferenza. A volte violenza. Li sottovalutano. Li te­mono. E non li credono capaci di misurar­si con le domande fondamentali dell’esi­stenza – il senso della vita, la felicità, il do­lore la morte. Non così il Papa: che proprio nella parte iniziale del suo messaggio per la Gmg 2009 accoglie le domande più profonde e autentiche dei giovani – spiega ad Avvenire il vescovo di Palestrina, Do­menico Sigalini.

Benedetto XVI non li sot­tovaluta. Non li teme. Li ama, sa ascoltarli e dar voce ai loro interrogativi. Senza resti­tuir loro risposte prefabbricate: bensì pro­ponendo un incontro – con Cristo: una per­sona, non un’idea – che è la vera, grande speranza della nostra vita e del mondo».

Sigalini, assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica, se ne intende di gio­vani. È in mezzo a loro da sempre. Dun­que: più d’altri è credibile quando si dice «colpito» dalla capacità di questo Papa, in apparenza così lontano dai giovani d’oggi – fosse anche solo per oggettive ragioni d’età, formazione, cultura – di saper inve­ce entrare in «sintonia» con loro, capace di comprendere il loro vissuto, i problemi, le ricchezze.

«Un Papa che sa entrare in sintonia ma sen­za rinnegare se stesso – scandisce il presu­le –. Anche in questo messaggio si presen­ta infatti come uomo di pensiero. Il suo è un appello all’intelligenza, non solo al sen­timento.

Invita i nostri ragazzi a quella pie­nezza d’umanità che nasce dall’incontro tra fede e ragione; li chiama a maturare, di­ventar grandi, vincere la tentazione dell’e­terna adolescenza – così forte nella società d’oggi – aprendosi all’incontro con gli altri e con Dio, alla responsabilità, a farsi cari­co del prossimo. Li chiama a diventare te­stimoni credibili della speranza cristiana, protagonisti di una nuova evangelizzazio­ne che ringiovanisca la Chiesa».

Nel messaggio di Ratzinger troviamo rife­rimenti alla Spe salvi, la sua enciclica sulla speranza; e «all’apostolo Paolo, un testi­mone della speranza che può entusiasma­re, essere un modello e un compagno di strada per i nostri giovani». Che proprio di compagnia hanno bisogno: «I giovani so­no portati per natura alla relazione, all’a­micizia. Quando scoprono qualcosa di bel­lo, sentono il desiderio di condividerlo.
E se c’è qualcosa che li fa soffrire, è la solitu­dine – testimonia Sigalini –. Perciò li ve­diamo così coinvolti nelle esperienze e nei luoghi della relazione, sia essa reale o vir­tuale – com’è Internet – e a volte così in ba­lia dei 'cattivi maestri', come ricorda il Pa­pa nel messaggio accennando con grande realismo anche a realtà di disagio come l’al­col o la droga». È bello che Ratzinger sug­gerisca la preghiera fra i modi della com­pagnia – con Dio e con gli altri. Ed è cru­ciale – conclude Sigalini – che la Chiesa sappia essere «testimone di speranza» nei luoghi di vita e di relazione dei giovani. «La scuola, che nel rispetto della propria lai­cità deve saper educare alla ricerca della verità e della felicità; ma penso anche ai luoghi della creatività – l’arte, la musica: i giovani sono assetati di bellezza! – e del ser­vizio agli ultimi».

© Copyright Avvenire, 5 marzo 2009

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