sabato 7 marzo 2009

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In centocinquanta pellicole conservate nella Filmoteca Vaticana

Il concilio? Un lungometraggio
Non una fiction


Dal 9 al 13 marzo presso il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali si svolgerà il seminario "Nuove prospettive per la comunicazione ecclesiale". Nel corso dei lavori sarà anche ricordato il cinquantesimo anniversario della Filmoteca Vaticana.

di Claudia Di Giovanni

Nell'archivio della Filmoteca Vaticana sono conservate circa 150 pellicole su supporto acetato di 16 millimetri che ripercorrono uno dei momenti fondamentali della storia della Chiesa. Si tratta di una donazione fatta alla Filmoteca anni fa: un'importante documentazione filmata che ripercorre l'intera epoca del concilio Vaticano II, lungo un arco di tempo che va dal 1959 al 1965.
Attraverso queste immagini in bianco e nero - ore e ore di ripresa - è possibile ricostruire il percorso completo del ventunesimo concilio della Chiesa cattolica, a cominciare dall'annuncio fatto nella basilica di San Paolo da Giovanni XXIII, nel gennaio del 1959, passando poi per la lunga fase preparatoria e gli avvenimenti legati al pontificato in quel periodo, fino ad arrivare allo svolgimento delle diverse sessioni e alla solenne chiusura.
In tutti quegli anni la macchina da presa ha seguito e proposto agli spettatori ogni momento dell'evento; del resto, negli anni Sessanta, la televisione era ormai una realtà presente nelle case di molte famiglie e la documentazione filmata contribuiva ad aprire una finestra sul Vaticano attraverso la quale i fedeli si avvicinavano alla Chiesa in una maniera del tutto nuova.
Per mezzo della televisione si realizzava così un'informazione accessibile a tutti, si riportavano le discussioni e le opinioni dei padri conciliari di ogni Paese, spiegando allo spettatore il significato di questo momento storico e permettendogli di avere una panoramica esauriente dell'evento.
Dai metri e metri di pellicola girata è possibile ricostruire non solo il lavoro delle diverse sessioni, confrontando i pareri dei personaggi dell'epoca sulle molteplici tematiche in discussione, ma anche ascoltare il pensiero della gente comune che seguiva un tale avvenimento con interesse, poiché, pur nell'immutabilità del messaggio evangelico, il mondo vedeva la Chiesa confrontarsi con il tempo moderno, sulla scia dei profondi cambiamenti, degli sviluppi e delle conseguenti problematiche in atto nella società degli anni Sessanta.
L'analisi di tutte queste pellicole non è stata semplice. Prima di tutto è stato opportuno valutare lo stato di conservazione degli acetati che, una volta ripuliti dalla polvere, sono stati visionati, individuando di volta in volta tutti i presuli che sono entrati in scena e facendo un confronto con i documenti ufficiali trascritti nell'intero concilio.
Comunque, alla fine, si è arrivati a una vera e propria schedatura delle varie sessioni e dei diversi periodi conciliari, con gli argomenti trattati, ottenendo così un catalogo di tutto il materiale filmato e ricostruendo attraverso le immagini le diverse fasi del concilio che, per l'epoca, ha ricevuto una copertura televisiva davvero impressionante.
Cinquanta anni fa, il 25 gennaio 1959, dopo appena tre mesi di pontificato, Giovanni xxiii indice il concilio. Fatto l'annuncio, una commissione preparatoria lavorerà tre anni per definire gli argomenti che saranno trattati nelle sessioni plenarie.
In quello stesso anno, il 16 novembre, Giovanni XXIII istituisce la Filmoteca Vaticana, finalizzata alla conservazione del materiale filmato sulla vita e la storia della Chiesa. Questa istituzione rientra pienamente nel progetto del rinnovamento conciliare a venire, e delle discussioni sulle comunicazioni sociali che occuperanno le sessioni.
È l'inizio di un nuovo rapporto tra il Pontefice e i media; l'inizio di una nuova consapevolezza e interesse reciproco; e anche la documentazione filmata di quel periodo testimonia questo profondo cambiamento, quella stessa documentazione che Giovanni XXIII sente il bisogno di conservare e tramandare come testimonianza di una Chiesa che procede a fianco del cammino e dello sviluppo umano. Anche il Papa cammina con gli uomini del suo tempo.
Giovanni xxiii, mentre i media ampliano il loro raggio di diffusione, oltrepassa il muro del Vaticano, va tra la gente, visita i bambini in ospedale, i detenuti a Regina Coeli; esce addirittura da Roma e, una settimana prima dell'inizio del concilio, va a Loreto e ad Assisi. La televisione lo segue mentre parla a uomini, donne e bambini; i media diffondono la sua immagine, la sua voce e lo avvicinano ancora di più all'umanità, facendolo entrare così nelle case di un mondo che sta cambiando velocemente.
Il concilio, aperto ufficialmente l'11 ottobre del 1962, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, si chiude dopo nove sessioni, suddivise in quattro periodi, il 7 dicembre 1965, sotto il pontificato di Paolo VI. Sono promulgate quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti che avviano la Chiesa nel mondo moderno, nel segno di un ecumenismo che aveva chiamato cardinali, vescovi e patriarchi di tutto il mondo a discutere e a confrontarsi, affinché quel loro stesso dialogo potesse estendersi al pianeta intero, alla luce dei molteplici sviluppi storici e sociali in corso negli anni Sessanta.
La sera dell'apertura, Giovanni XXIII si affaccia, chiamato dalla folla che si è radunata in piazza San Pietro, e improvvisa il discorso della luna, uno dei più celebri: caratterizzato da uno spirito di semplicità e di condivisione. Il Papa "scende" così nella piazza tra gli uomini, in dialogo con tutti, come farà la Chiesa con il concilio. E la televisione è lì, rimanda l'immagine del Papa che conquista e stravolge gli schemi.
I grandi cambiamenti sociali e culturali, oltre che storici, sullo sfondo di questo periodo si riflettono in ogni ambito della vita umana, portando il mondo verso una nuova era: cambiamenti nei quali anche la Chiesa si sente inevitabilmente coinvolta, nonostante nessuno sia in grado di considerare quanto velocemente cambieranno gli usi e i costumi del pianeta.
L'importanza di questo materiale filmato giunto fino a noi, proprio com'era nell'intuizione di Giovanni xxiii, dimostra l'interesse con cui allora si guardava al concilio, ma allo stesso tempo testimonia la capacità da parte della Chiesa di assumere una strategia di comunicazione che, come nelle diverse epoche storiche, aveva saputo tener conto dei cambiamenti in atto.
Gli strumenti della comunicazione sociale sono oggi una componente essenziale del percorso umano, ma non possiamo comunque trascurare come, nel corso dei secoli, la missione della Chiesa e la comunicazione siano stati due elementi inscindibili.
Dalla predicazione puramente orale si è passati a quella scritta, o meglio, l'invenzione della stampa è stata l'occasione per diffondere il messaggio evangelico su larga scala, permettendo la pubblicazione della Bibbia.
Poi, nel corso dei secoli, la Chiesa ha di volta in volta fatto riferimento ai mezzi che l'epoca gli metteva a disposizione, seguendo i molteplici progressi tecnologici che, dal concilio a oggi, hanno imposto una velocità di adattamento a una nuova cultura della comunicazione.
Il messaggio è rimasto il medesimo, ma sono inevitabilmente aumentate le possibilità di trasmetterlo, permettendo di raggiungere velocemente il pianeta intero.
Questa consapevolezza è evidente anche negli anni Sessanta tanto che, rivedendo il materiale filmato durante le sessioni dedicate alle comunicazioni sociali, emerge una lucida analisi della Chiesa nei confronti degli sviluppi in atto. Attraverso i documenti scritti e i filmati conservati nell'archivio è possibile seguire il percorso che, da una certa diffidenza, o piuttosto prudenza, nei confronti dell'utilizzo di cinema, radio e televisione, giunge alla loro considerazione come strumenti utili per l'apostolato: un utilizzo che era emerso in forme diverse già con Pio XI e Pio XII, ma che viene del tutto ridisegnato con Giovanni XXIII e il concilio.
Nel novembre del 1962 i padri approvano lo schema sui mezzi di comunicazione sociale ed è presentato un rapporto sulla situazione di allora. In quell'anno ci sono 6.000 stazioni radio trasmittenti operative e 4.000.000 riceventi; esistono 1.000 stazioni televisive e 120 milioni di apparecchi televisivi, che permettono 200 miliardi di ore di visione l'anno. Ogni anno sono prodotti 2.500 nuovi film che richiamano 17 miliardi di spettatori.
Monsignor Albino Galletto, segretario della allora Pontificia Commissione per la cinematografia, il cinema e la televisione, fu intervistato per i Diari del Concilio nella sala di Palazzo San Carlo ed espose agli spettatori lo schema che era stato proposto al concilio. I numeri erano un'evidente dimostrazione di come il mondo stesse cambiando e la Chiesa dovesse affrontare le conseguenze derivanti da una così ampia diffusione dei mezzi di comunicazione sociale che ormai entravano a far parte della vita quotidiana degli uomini.
Nel periodo del concilio, molti presuli parlarono in favore dei media: monsignor Giovanni Zoa, arcivescovo di Yaoundé in Camerun, sottolineò la diffusione dei media in Africa, tale da condizionare ogni giudizio della popolazione, non sempre preparata, ponendo l'accento sul bisogno di formazione e allo stesso tempo sull'opportunità che tali strumenti potevano offrire alla Chiesa. Dello stesso avviso monsignor Fulton Sheen, ausiliare di New York, che affermò l'importanza della radio, e in particolare di Radio Vaticana, soprattutto per le missioni. E la lista di chi aveva sperimentato l'importanza dei media nella quotidianità potrebbe continuare.
Comunque, tra novembre e dicembre del 1962, furono esaminati gli schemi sulle comunicazioni sociali - non senza critiche - rielaborati poi nel secondo periodo del concilio e monsignor Luigi Civardi, membro della Commissione dell'apostolato dei laici, riferì in un'intervista come la discussione sulle comunicazioni sociali fosse durata per ben tre giorni, evidenziando l'interesse che tali mezzi avevano suscitato tra i padri conciliari.
Il 4 dicembre 1963 è una data fondamentale per definire i termini del dialogo tra Chiesa e media, poiché si chiude la sessione pubblica del secondo periodo conciliare e si procede alla lettura del decreto sugli strumenti della comunicazione sociale, Inter mirifica.
Monsignor Pericle Felici, segretario del concilio, legge il decreto e lo sottopone all'ultima approvazione che richiede solo 12 minuti.
La pellicola riprende l'assemblea dei padri conciliari che ricevono i fogli per la votazione, mentre le note del Benedictus accompagnano questo momento.
Il decreto viene approvato con 1.960 voti favorevoli e solo 164 contrari.
Alla promulgazione del decreto farà seguito il motu proprio In fructibus multis, del 2 aprile 1964, con il quale Paolo VI istituisce la Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali alla quale, su richiesta dei padri conciliari, viene affidata l'autorità e la competenza di tutti gli strumenti di comunicazione, stampa compresa, chiamando a collaborarvi esperti laici di ogni nazione.
Gli anni Sessanta rappresentano il momento di frattura con il passato; la tragedia della guerra mondiale è stata superata; cresce la società dei consumi; i miti della musica e del cinema uniscono i giovani di diversi Paesi e culture; si apre la strada alle contestazioni giovanili. Il mondo sta cambiando, anche per i veloci sviluppi del progresso tecnologico in cui i media svolgono un ruolo da protagonisti.
Da adesso le abitudini delle persone non saranno mai più le stesse; è quasi una rivoluzione alla quale anche la Chiesa prende parte per avviare un dialogo aperto e un reciproco ascolto, con realtà diverse e interlocutori di culture e tradizioni differenti.
Il concilio disse allora che i media erano "meravigliosi". Lo sono ancora oggi, forse di più, poiché il loro ruolo, determinante per una crescita culturale, spirituale e sociale, è parte sostanziale della nostra esistenza e procede insieme a noi, matura insieme alla nostra capacità di utilizzo e scelta.
I media raccolgono e amplificano le nostre attese, le nostre paure; sono inscindibili da noi e dal nostro mondo e se ancora oggi il materiale filmato sul concilio viene richiesto e riproposto, suscitando interesse, è perché in fondo esiste una continuità che lega tutti gli eventi umani e le generazioni in un cammino comune contrassegnato dalla comunicazione.

(©L'Osservatore Romano - 8 marzo 2009)

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