lunedì 15 dicembre 2008

Dibattito sull’Istruzione “Dignitas personae”: intervista con Maria Luisa Di Pietro (Radio Vaticana)


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Dibattito sull’Istruzione “Dignitas personae”: intervista con Maria Luisa Di Pietro

Prosegue il dibattito sull’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, pubblicata venerdì scorso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. In particolare, commenti e riflessioni hanno interessato l’aspetto della cura dell’infertilità e la procreazione assistita. Il documento è stato accusato da alcuni di dare troppi divieti. Ma in realtà, come ribadisce al microfono di Federico Piana la dottoressa Maria Luisa Di Pietro, presidente dell’Associazione "Scienza & Vita", il suo impianto fondamentale è positivo:

R. – Il documento parte da tanti “sì” ed uno di questi “sì” è proprio il ribadire i valori specificamente umani della sessualità che appunto, come dice il documento, esigono che la nascita di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi. Quindi, ovviamente, il luogo, l’ethos della chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, è appunto l’atto coniugale. Ovviamente, si riconosce che in alcune situazioni ci possono essere difficoltà per il concepimento. Quindi si esprime un grande “sì” a tutte quelle forme che possono essere di aiuto alla coppia per rimuovere ostacoli di tipo funzionale che impediscono una procreazione all’interno dell’atto coniugale o interventi successivi di completamento all’atto coniugale stesso. Ripartendo, quindi, questo riconoscimento dei valori specificamente umani della sessualità e della procreazione.

D. – Nel documento, ci sono indicazioni per quelle coppie che soffrono per l’impossibilità di avere un figlio…

R. – Da sempre la Chiesa riconosce la grande sofferenza da parte della coppia che non può avere un bambino. E allora c’è l’invito a riscoprirsi fecondi. Che cosa vuol dire riscoprirsi fecondi? La fertilità è un fatto biologico, la fecondità è una disposizione dello spirito; uno può vivere la propria paternità e la propria maternità anche senza avere un figlio proprio.

D. – E proprio in questo senso, il documento incoraggia le adozioni…

R. – Infatti, al numero 13, dice che è auspicabile incoraggiare e promuovere la procedura dell’adozione di molti bambini orfani. Naturalmente, è importante la frase successiva che dice che hanno bisogno per il loro adeguato sviluppo umano, di un “focolare domestico”. Perché questa frase? Perché praticamente viene evidenziato il ruolo dell’adozione che è centripeta nei confronti del bambino. Ciò significa che mentre il punto di partenza delle tecniche di fecondazione artificiale è l’ottenimento di un figlio e la centralità è nella coppia, certamente, nel caso dell’adozione il capovolgimento culturale è che si tratta di un servizio ad un bambino. Un bambino che c’è già e cha ha bisogno di un “focolare domestico”.

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