martedì 17 febbraio 2009

Riscoprire il Sacramento del Perdono: il commento di un padre agostiniano scalzo, confessore in San Pietro, all'invito del Papa (Radio Vaticana)


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Riscoprire il Sacramento del Perdono: il commento di un padre agostiniano scalzo, confessore in San Pietro, all'invito del Papa all'Angelus

Riscoprire l’importanza del Sacramento del Perdono per la nostra vita cristiana: è l’invito lanciato dal Papa ieri (domenica) all’Angelus. Benedetto XVI ha ricordato che “i peccati che commettiamo ci allontanano da Dio, e, se non vengono confessati umilmente confidando nella misericordia divina, giungono sino a produrre la morte dell’anima”. Invece “nel Sacramento della Penitenza – ha aggiunto - Cristo crocifisso e risorto, mediante i suoi ministri, ci purifica con la sua misericordia infinita, ci restituisce alla comunione con il Padre celeste e con i fratelli, ci fa dono del suo amore, della sua gioia e della sua pace”.

Ascoltiamo la riflessione di padre Gabriele Ferlisi, agostiniano scalzo, confessore nella Basilica di San Pietro. L’intervista è di Sergio Centofanti:


R. – Il Sacramento della Confessione è uno dei sacramenti più umani, più belli, di cui abbiamo bisogno, perché è l’incontro personale con Cristo che perdona. Chi fa questa esperienza, sia il sacerdote, sia il penitente che si confessa, è tale la gioia che sente che di meglio non può desiderare: è una gioia che ti investe, che prende proprio nell’animo. E’ bellissimo.

D. – Il Papa più volte ha esortato a distinguere bene tra senso del peccato e senso di colpa...

R. – Sono due cose totalmente distinte. Il senso di colpa mette al centro il proprio orgoglio ferito e quindi invece che portare pace e serenità dona sempre angoscia e inquietudine, non tranquillizza mai. Il dolore del peccato invece mette al centro Dio, l’amore di Dio tradito, ferito, e allora uno sa che Dio lo trova pronto a perdonare e il dolore dei peccati dona pace, dona serenità. Praticamente con il dolore dei peccati uno si sente dire quelle parole che Sant’Agostino in un discorso mise sulle labbra di Dio: “Non mi interessa ciò che siete stati finora, siate ciò che finora non siete stati”. Questo dolore dei peccati veramente ridona la pace. Il senso di colpa turba sempre.

D. – Come affrontare nel modo migliore questo Sacramento?

R. – Pensando che nella Confessione una persona va ad incontrarsi con il Signore. Non è semplicemente l’assillo della meticolosità di dire tutto, tutto: bisogna, sia ben chiaro, dire tutti i peccati gravi, ma quello che è importante è l’incontro, l’approccio con Cristo, il sentirsi accolto, compreso, perdonato; non è l’incontro di una persona che va nello studio di uno psicologo, è l’incontro sacramentale con Cristo che perdona. Siano chiari alcuni principi: la Confessione non dà l’impeccabilità, la Confessione dà la forza e la grazia per lottare meglio. Chi si accosta alla Confessione deve avere proprio questa grinta spirituale per impegnarsi, perché se si entra nella mediocrità, allora tutto diventa mediocre. Ma se uno ci mette la grinta, anche se poi si ritrova a fare le stesse cose - è la debolezza che si esprime in quella determinata maniera - ma nell’animo ogni volta uno dice: “Io voglio fare questa Confessione come se fosse l’ultima e ce la metto tutta per migliorare”, e poi purtroppo si ritrova debole, di questo il Signore non ne tiene conto: il Signore vede la buona volontà, l’impegno, e incoraggia ad andare avanti.

D. – Lei confessa nella Basilica Vaticana, qual è la sua esperienza?

R. – E’ bellissima. Io ringrazio il Signore. Se come sacerdote avessi soltanto fatto questo servizio di confessore in San Pietro, ebbene, mi riterrei completamente soddisfatto.

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