mercoledì 4 marzo 2009

Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù. Il Papa invita a ridare la vera speranza ai giovani: Cristo (Radio Vaticana)


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Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù. Il Papa invita a ridare la vera speranza ai giovani: Cristo

Ridare fiducia ai giovani e a tutta l’umanità, in questo tempo di crisi, facendo conoscere a tutti che la vera grande speranza è Cristo: è quanto in sintesi afferma Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù che quest’anno si celebrerà a livello diocesano il 5 aprile prossimo, Domenica delle Palme. Tema del Messaggio: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Ce ne parla Sergio Centofanti.

“La speranza – afferma il Papa - non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio”. Solo in Lui “l’essere umano trova la sua vera realizzazione”. Benedetto XVI sottolinea il fatto che “la crisi di speranza” che oggi investe l’umanità è “una delle conseguenze principali dell’oblio di Dio” che segna le nostre società e “colpisce più facilmente le nuove generazioni che, in contesti socio-culturali privi di certezze, di valori e di solidi punti di riferimento, si trovano ad affrontare difficoltà che appaiono superiori alle loro forze”. Giovani “feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuoto familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di esperienze negative e traumatiche”. Giovani che hanno intrapreso “una fuga alienante verso comportamenti a rischio e violenti, verso la dipendenza da droghe e alcool”. Giovani che si trovano “in condizioni penose per aver seguito i consigli di ‘cattivi maestri’” ma che continuano a sentire “il desiderio di amore vero e di autentica felicità”. “Come annunciare la speranza a questi giovani?” – si chiede il Papa: “L’impegno primario che tutti ci coinvolge – scrive - è quello di una nuova evangelizzazione, che aiuti le nuove generazioni a riscoprire il volto autentico di Dio, che è Amore”. Il Papa invita ad essere “testimoni credibili della speranza cristiana” sulle orme di San Paolo che è stato “interiormente trasformato dall’Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo”: è Lui che dà senso alla vita. La speranza nasce dunque dall’incontro con Gesù: ed è Lui stesso che “si offre a noi” anche “nell’oscurità” della nostra ricerca. Le vie per trovarlo sono “la preghiera perseverante” - ed è più proficua la preghiera fatta insieme agli altri – e, ancora, l’inserimento in gruppi, movimenti e itinerari di fede, l’ascolto della Parola di Dio e l’Eucaristia attorno a cui “nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani”.

Benedetto XVI esorta gli stessi giovani a diffondere questa grande speranza senza scoraggiarsi di fronte a prove e difficoltà: “siate pazienti e perseveranti – scrive – vincendo la naturale tendenza dei giovani alla fretta, a volere tutto e subito”. “Fate scelte che manifestino la vostra fede – aggiunge - mostrate di aver compreso le insidie dell’idolatria del denaro, dei beni materiali, della carriera e del successo, e non lasciatevi attrarre da queste false chimere. Non cedete alla logica dell’interesse egoistico, ma coltivate l’amore per il prossimo … sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. La vera fede illumina la vita. Infatti - sottolinea il Papa - “il cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere, perché la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace”.

Il Papa indica a tutti l’esempio di Maria, che “è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce”. E alla fine del Messaggio cita San Bernardo: “Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria … invocandola non perderai la speranza ... Appoggiato a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione”.

© Copyright Radio Vaticana

8 commenti:

Anonimo ha detto...

“L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati ottenuti può essere legittima. Si rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni spettano al paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o altrimenti a coloro che ne hanno legalmente diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.”

Cardinal Joseph Ratzinger, catechismo della Chiesa cattolica, 1994, par.. 2278.

Raffaella ha detto...

Quindi?
R.

Anonimo ha detto...

il sondino naso gastrico è una procedura medicha onerosa?

Raffaella ha detto...

L'idratazione e l'alimentazione non costituiscono accanimento terapeutico.

http://magisterobenedettoxvi.blogspot.com/2007/09/la-somministrazione-di-cibo-e-acque.html

R.

Anonimo ha detto...

idratazione e alimentazione... ma mettere un tubo dentro il naso che arrivi allo stomaco e farci passare del materiale non è un altra cosa?

Raffaella ha detto...

No, se si tratta di alimenti ed acqua.
Non si tratta di cure ma si sopravvivenza.
Se si toglie "pane ed acqua" il paziente non muore per la sua malattia ma per denutrizione e disidratazione.
R.

Anonimo ha detto...

apparte che in quello che entra nel sondino ci sono anche medicinali che aiutano ad assimilare il "pasto".
ma siccome le parole contano, è quel "Procedure mediche" che mi suona stramo. non si parla di medicine o di cure. a prescindere da come la si pensa io credo che infilare un sondino sia una procedura medica. altrimenti potrei farlo anch'io.

Anonimo ha detto...

"Non si tratta di cure ma si sopravvivenza.
Se si toglie "pane ed acqua" il paziente non muore per la sua malattia ma per denutrizione e disidratazione."

Mi pare veramente un tentativo di nascondersi dietro un dito, con rispetto parlando.
Faccio dei contro esempi ....

Se ad un paziente traumatizzato tolgo il respiratore questi forse non muore?
Se ad un paziente in coma o stato vegetativo tolgo gli anticoagulanti questi forse non muore?
Se ad un paziente in coma o stato vegetativo tolgo farmaci come antibiotici, o farmaci specifici per il funzionamento di alcuni organi (reni, fegato, ecc.) questi forse non muore?
In nessuno di questi casi la morte deriva direttamente dal trauma subito o dalla malattia, eppure mi pare di capire che sospendere le cure da me citate sia comunemente accettato; acqua e cibo per la loro valenza simbolica devono invece essere garantite sempre.
Si tratta ovviamente di una posizione dettata dall'emotività non certo dalla razionalità che dovrebbe guidare una proposta di legge.