lunedì 2 marzo 2009

Novi: non è la Chiesa che diventerà una setta, come profetizza Kung, ma è il “politicamente corretto” che sarà dissolto (Avanti)


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Il vero “change”

di EMIDDIO NOVI

Lunedì 02 Marzo 2009 12:35

Lo tsunami finanziario del settembre 2008 è costato la Presidenza degli Stati Uniti ai repubblicani e ha avviato il processo di brasilizzazione degli Usa. Un cambiamento, questo sì radicale, che era stato avviato dalle colossali immigrazioni latino-americane e asiatiche degli ultimi anni. La Presidenza Bush ha rappresentato il canto del cigno della coalizione tra l’America anglosassone e le minoranze cattoliche irlandesi e italiane. Ma la coalizione conservatrice come sentire collettivo è ancora egemone. E Zygmunt Bauman non a caso ricorda che “lo stesso giorno in cui Obama è stato eletto, diversi Stati hanno votato in favore di leggi reazionarie, dimostrando come nell’elettorato fosse ancora prevalente un umore da destra radicale. È difficile che ci sia stata un’ondata di vero cambiamento nella filosofia della vita comune. D’altra parte, la stragrande maggioranza degli elettori di Obama va ricercata tra le categorie afroamericane e ispaniche, mentre solo una minoranza (sebbene essenziale) dei bianchi ha dato il proprio voto al candidato la cui parola più spesso pronunciata è stata “change”. È chiaro che per le minoranze etniche il cambiamento andava inteso come conclusione dell’egemonia dei nativi anglosassoni e dei loro alleati cattolici. Questa coalizione delle minoranze puntava soprattutto su una lettura della sicurezza collettiva diversa da quella intesa dalla coalizione bushista. L’America neoconservatrice voleva difendere e affermare il ruolo di una democrazia imperiale che stabilizza la sua presenza in tutto il mondo e con il suo insediamento diffuso strategico-militare assorbe una ricchezza (intesa come investimenti, flussi sui mercati finanziari, acquisizione dei titoli di Stato) frutto della sua potenza. L’accezione di sicurezza dell’originario cambiamento obamiano intendeva ben altro: sicurezza del posto di lavoro, salari decenti, un welfare di tipo europeo, un assistenzialismo pubblico costoso di modello socialdemocratico. Obama, però, una volta conquistata la Casa Bianca ha mostrato di essere a corto di quelle nuove idee, il cui miraggio aveva fatto intravedere nel corso della campagna elettorale. I 65 dollari al mese che ogni famiglia del ceto medio americano incasserà in più grazie ai nuovi sgravi fiscali sono ben poca cosa. E le assunzioni di milioni e milioni di disoccupati da parte dello Stato sono di là da venire. Come pure la trasformazione verde dell’apparato produttivo. Se l’impatto dei primi cento giorni della nuova Presidenza sarà grigio come si intuisce dalle prime opzioni della presidenza Obama passeremo da una fase di entusiasmo onirico al disincanto, alla frustrazione, alla diffidenza verso il mito che rimane una fabulazione e non si traduce in concretezza quotidiana. Sempre Zygmunt Bauman afferma che il nostro pianeta si è trasformato da un mondo di Stati-nazione in un mondo di diaspore. “I tempi della trinità profana di Stato- nazione-territorio, dominante nell’era della nascita e della costruzione delle nazioni, sottolinea Bauman, sembra appartenere al passato insieme al principio della sovranità, esclusiva e invisibile, dello Stato”. Ma lo schianto del turbocapitalismo e della globalizzazione sta mettendo in discussione anche il mondialismo della cosiddetta società liquida. In pochi mesi si è avviato un recupero identitario impressionante in tutti gli Stati-nazione che sembravano in una crisi irreversibile. Le cosiddette diaspore etniche, linguistiche e religiose, in un certo senso “extraterritoriali” si stanno infrangendo contro gli scogli della crisi di questa modernità iperfinanziarizzata. I popoli non vogliono più smarrirsi nei non-luoghi.
Il bisogno di comunità riemerge con forza sulla società liquida. La comunità non può sopravvivere senza una riappropiazione del luogo. E dal luogo si riparte per enfatizzare il ruolo del territorio, della nazione che si fa Stato. Le classi dirigenti come hanno assistito impotenti e frastornate al crollo del turbocapitalismo, dovranno rassegnarsi al solidificarsi della società, al riaffermarsi del soggetto identitario e collettivo, alla crisi della diaspora mondialista. La paura che nasce dall’incertezza, dalla solitudine, dal futuro incognito potrà essere superata dal riproporsi dei cardini tipici delle società tradizionali.

L’attacco che la cultura mondialista e laica muove al pontificato di Ratzinger tradisce proprio il timore delle élite, che avevano consolidato la loro governance sull’onda del turbocapitalismo e della globalizzazione, di una riappropiazione da parte delle masse dell’identità di popoli, di culture e di religioni.
Il teologo Hans Kung, dal suo studio di Tubinga, condanna la Chiesa di Ratzinger al destino di una setta nata dal tradimento dello spirito conciliare.
Ma fu proprio il disarmo religioso seguito al Concilio Vaticano II una delle cause principali di uno smarrimento del mondo cattolico. A zappare nella vigna del Signore sono rimasti davvero in pochi. La secolarizzazione ha contaminato le religioni, tutte le religioni. Il mondialismo con la religione secolarizzatrice della “new age” e la non morale del “politicamente corretto” ha tentato di imporre la sua egemonia ai popoli.
Ma il suo fallimento, che non è diverso da quello del comunismo, sta travolgendo anche gli idoli che aveva tentato di imporre.

Non è la Chiesa che diventerà una setta, come profetizza Hans Kung, ma è il “politicamente corretto” che sarà dissolto dalla implosione del sistema economico e culturale da cui deriva.

I popoli che si riappropriano della religiosità tradizionale non hanno nulla in comune con le sette ultraminoritarie e fanatizzate dal loro solipsismo. Semmai sono il politicamente corretto e il nichilismo che lo ispira a implodere quando i popoli hanno bisogno di una speranza e di una religione in cui credere.

© Copyright L'Avanti, 2 marzo 2009 consultabile online anche qui.

6 commenti:

Syriacus ha detto...

Da incorniciare.

Anonimo ha detto...

Se lo riprendesse anche qualche giornale meno storico ma più diffuso! Saluti, Eufemia

mariateresa ha detto...

sì, caro Syriacus, vado a precere anche i chiodi e il martello per appenderlo.
Ne leggo di rado di articoli così.

mariateresa ha detto...

non ne imbrocco una. volevo dire "prendere", non precere.
Ah. Mi sto rimbanbendo.

Anonimo ha detto...

Lodi,lodi,lodi !!!

Antonio

Anonimo ha detto...

Ha corso tanto la lepre,e' ora che corra il cacciatore!Se Dio vuole,sempre,vedrete che fine faranno i cattomodernisti.Futuro comunque non ne hanno perche' sono sterili(seminari chiusi per mancanza di vocazioni)come il fico maledetto del S.Vangelo.