domenica 1 febbraio 2009

Le surreali accuse a Benedetto XVI. La scomunica revocata e il polverone mediatico sul negazionismo (Brunelli)


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Le surreali accuse a Benedetto XVI

La scomunica revocata e il polverone mediatico sul negazionismo

Lucio Brunelli

Molto lentamente il grande polverone mediatico sollevato attorno alla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani si sta diradando. E si possono vedere meglio, con sguardo più nitido e sereno, i contorni reali di un affaire che ha assunto proporzioni e risvolti assolutamente imprevisti e surreali. Proviamo a mettere alcuni punti fermi. Il primo: l'intenzione del Papa di sanare il mini scisma lefebvriano.
Un tentativo che lo vide impegnato, su incarico di Giovanni Paolo II, già alla fine degli Anni Ottanta.
Un'intesa sembrava vicina. Marcel Lefebvre aveva accettato una bozza d'accordo che conteneva anche l'accettazione del Concilio Vaticano II «letto alla luce della tradizione della Chiesa».
Poi il vescovo tradizionalista francese si fece prendere dalle sue ossessioni, stracciò l'accordo e procedette con le ordinazioni episcopali di quattro suoi fedelissimi senza il necessario mandato pontificio.
La scomunica scattò automaticamente, in base alle prescrizioni del diritto canonico. Diventato Papa, Ratzinger ha ritenuto suo dovere riprendere quel tentativo di conciliazione. Accogliendo i nuovi e pur flebili segnali di disponibilità che venivano da quella parte. Domanda: è legittimo che un Papa provi a ricomporre la frattura tradizionalista? Difficile rispondere negativamente. Primo compito di un Papa è proprio custodire il deposito della fede e garantire l'unità della Chiesa.
Si può dialogare con la Chiesa ortodossa e anglicana (nate anch'esse da uno scisma) e rifiutare a priori un dialogo religioso con chi, per quanto ancorato a posizioni anacronistiche e in taluni casi aberranti, non rifiuta alcun dogma definito dalla Chiesa cattolica? Quanto alla revoca delle scomuniche basti ricordare il caso cinese. Almeno una sessantina di vescovi «patriottici», filogovernativi, erano incorsi nello stesso tipo di punizione canonica inflitta ai vescovi lefebvriani. Erano stati infatti nominati dal regime comunista di Pechino, senza la necessaria approvazione pontificia. Anche a loro la scomunica è stata ritirata.
Valutando caso per caso, senza pubblico clamore per ovvie considerazioni politiche, ma è stata revocata. Venendo incontro al desiderio espresso da ognuno di quei vescovi di tornare a essere in piena comunione con Roma e alla loro dichiarazione di fedeltà al Papa.
Crediamo che un cattolico non possa non apprezzare, anche sul piano umano, la magnanimità che la Chiesa mostra in questi casi. Tutto il contrario della logica stalinista delle «purghe di partito» per tenere dentro solo i presunti duri e puri.
Secondo punto. Va bene, lecito a un Papa togliere la scomunica ai lefebvriani nella speranza di una riconciliazione, ma doveva essere fatto proprio alla vigilia della Giornata mondiale della memoria dell'Olocausto? È la domanda più ricorrente in ogni conversazione sull'argomento. Un'obiezione che nasce in realtà dalla lettura superficiale dei titoli dei giornali. E d'altra parte è difficile spiegare l'intreccio quasi kafkiano creato dalla concomitanza cronologica della firma della revoca delle scomuniche e della messa in onda, sulla tv svedese, della delirante intervista a monsignor Williamson, uno dei quattro vescovi beneficiari del provvedimento pontificio.
Occhio alle date.
Il Papa firma il decreto il 21 gennaio mattina e la tv svedese trasmette l'intervista-bomba il 21 sera. Il giorno seguente, il 22 gennaio, la notizia (ancora riservata) della firma del Papa filtra su due quotidiani italiani mentre l'altra notizia, quella delle dichiarazioni negazioniste di Williamson, rimbalza tramite le agenzie in tutto il mondo. Un cortocircuito che diventa devastante il 24 gennaio quando il decreto, come da calendario, viene ufficialmente pubblicato. Il messaggio che passa (e in alcuni si vuole far passare) è che il Papa «perdona» un vescovo che ha appena negato lo sterminio degli ebrei. Quindi anche Ratzinger… Insinuazioni ovviamente attribuibili solo all'ignoranza o alla mala fede.
Il Papa nulla sapeva di quella intervista quando ha firmato il decreto di revoca. E, dopo, non ha potuto che ribadire con estrema chiarezza il suo pensiero sulla Shoah, peraltro già espresso con inequivocabile intensità in altre precedenti occasioni.
Terzo punto. La bufera che si è abbattuta sul Papa è stata solo la conseguenza di un diabolico gioco di impreviste coincidenze? Oppure, sotto il profilo della comunicazione, l'intero affaire poteva e doveva essere gestito meglio?
Ancora una volta, attenzione alle date. La famigerata intervista a Williamson è stata realizzata in realtà il primo novembre 2008 (nei pressi di Ratisbona! Altra incredibile coincidenza…). È stata trasmessa solo il 21 gennaio ma il giorno prima, il 20, è stata anticipata nei punti più scabrosi dal settimanale «Der Spiegel». Infatti già il 20 gennaio sia la diocesi cattolica di Stoccolma sia il superiore dei lefebvriani tedeschi pubblicano un comunicato per deplorare le dichiarazioni di Williamson e condannare ogni forma di antisemitismo. Come programmato da tempo il Papa firma il decreto il 21, ignaro della bomba che sta esplodendo in Svezia. Nessuno lo ha informato delle anticipazioni di «Der Spigel» e delle prime reazioni che esse stanno provocando.
I tempi erano strettissimi, è vero, meno di 24 ore. Ma la materia era grave, gli effetti prevedibili, e almeno agli ecclesiastici più coinvolti nelle trattative con i lefebvriani qualche informazione deve essere arrivata. Se correttamente informato in tempo, il Papa avrebbe potuto decidere di rinviare il decreto o di accompagnarne la pubblicazione con una pronta nota di disapprovazione delle dichiarazioni «negazioniste». Nella sua saggezza avrebbe comunque avuto tutti gli elementi per valutare al meglio la situazione.

© Copyright Eco di Bergamo, 1° febbraio 2009

2 commenti:

mariateresa ha detto...

.se potessi lo bacerei , il Sig. Brunelli..S

Raffaella ha detto...

Mettiti in fila, cara amica :-)
R.