sabato 13 dicembre 2008
Il Papa: «La crisi alimentare nasce dalle speculazioni» (Giansoldati)
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Il Papa: «La crisi alimentare nasce dalle speculazioni»
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di FRANCA GIANSOLDATI
CITTA’ DEL VATICANO
L’urlo di 800 milioni di affamati, i lamenti di due miliardi di malnutriti impongono un’inversione di tendenza. Servirebbe una «coraggiosa autocritica». La Comunità Internazionale deve ripensare a se stessa, alle sue strutture, allargando la «questione sociale alla globalità». In poche parole si deve far leva sul concetto di bene comune. La crisi alimentare, dice Papa Ratzinger, è la conseguenza delle speculazioni, non tanto della mancanza di cibo.
Nel suo quarto Messaggio per la Pace, Benedetto XVI sembra anticipare per sommi capi la prossima enciclica sociale, la cui uscita, secondo indiscrezioni, è prevista per la metà di marzo. E sfata subito un luogo comune. L’aumento della popolazione, sottolinea, è una ricchezza, non di certo l'origine della povertà. «La lotta alla povertà richiede una cooperazione sia sul piano economico che su quello giudirico che permetta ai paesi poveri e alla comunità internazionale di individuare e attuare soluzioni coordinate». Lo stesso dicasi per la recente crisi economica. «Se l’attività economica è guidata da logiche puramente autoreferenziali e prive della considerazione, a lungo termine, del bene comune» diviene pericolosa.
Nelle società povere la crescita è spesso frenata da impedimenti culturali che non permettono un adeguato uso delle risorse. «La povertà materiale non spiega mai da sola le povertà immateriali, mentre è vero piuttosto il contrario». Aspetto che viene collegato allo «sterminio di milioni di bambini non nati», riferimento implicito a certe politiche di pianificazione familiare che «in nome della lotta alla povertà, costituiscono l'eliminazione dei più poveri degli esseri umani».
Per il pontefice «è sempre più evidente che si costruisce la pace solo se si assicura a tutti la possibilità di una crescita ragionevole». Quanto al fenomeno della globalizzazione è chiaro che da solo è incapace di costruire la pace. Anzi, in molti casi, «crea divisioni e conflitti». Dovrebbe, dunque, essere governato all’insegna della solidarietà e del bene comune. «Per questo la Chiesa indica i nuovi aspetti della questione sociale, non solo in estensione, ma anche in profondità, in quanto concernenti l'identità dell'uomo e il suo rapporto con Dio. Sono principi di dottrina sociale che tendono a chiarire i nessi tra povertà e globalizzazione e a orientare l'azione verso la costruzione della pace».
Per una curiosa coincidenza, proprio nel giorno del Messaggio per la Pace, il rettore della Sapienza ha porto al Papa un rametto d’ulivo. A san Pietro assieme agli universitari romani e al ministro Gelmini, il rettore Frati ha rivolto al pontefice l’invito a tenere una lectio nell’ateneo della discordia. Come «studioso raffinato di filosofia, ma anche come vescovo della città». «Attendiamo la sua visita». Il Papa ha sorriso. Chissà se andrà.
© Copyright Il Messaggero, 12 dicembre 2008 consultabile online anche qui.
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