venerdì 12 dicembre 2008
Mons. Fisichella: Per difendere la vita serve uno sforzo comune (Osservatore Romano)
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Per difendere la vita serve uno sforzo comune
di Rino Fisichella
Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, i padri conciliari scrivevano: "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura" (51). L'istruzione Dignitas personae si pone su questa lunghezza d'onda. I suoi contenuti non sono altro che promozione e difesa della vita umana. Per questo è necessario che si crei una cultura favorevole alla sua accoglienza. Ed è indispensabile anche l'apporto condiviso di quanti, credenti o non credenti, ritengono che questo sia il momento per uno sforzo comune. Se diventa urgente una difesa della vita umana, per paradossale che possa sembrare, significa che questa è in serio pericolo.
Non è la visione catastrofica quella che caratterizza l'insegnamento della Chiesa; ciò che preme, piuttosto, è una lettura realistica del tempo in cui viviamo.
Non deve meravigliare l'impegno del Magistero in questo particolare settore. La Chiesa è stata impegnata in prima linea nel corso dei secoli in difesa di alcuni principi fondamentali che oggi sono diventati patrimonio dell'umanità. All'epoca fu contestata da frange di benpensanti che proprio in nome del progresso e delle leggi dell'economia preferivano calpestare i diritti fondamentali delle persone. Basti pensare all'impegno dei missionari contro la schiavitù nelle colonie oppure alla difesa dei lavoratori nell'Ottocento. La posta in gioco che segnerà la vita della società nei prossimi decenni è ora la difesa della dignità della persona dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. L'Istruzione, per questo motivo, arriva in un momento del tutto peculiare. I suoi contenuti, particolarmente in riferimento alle varie tecniche di sperimentazione sull'embrione, susciteranno reazioni diverse. Alcuni preferiranno ignorarli con supponenza, altri rincorreranno la via più facile della derisione e altri ancora etichetteranno quelle pagine come foriere di buio oscurantismo che impedisce il progresso e la libera ricerca. Molti altri, infine, condivideranno certamente la nostra preoccupazione e la nostra analisi. Per verificare l'ambito all'interno del quale l'Istruzione intende procedere è utile riportare un suo passaggio: "La Chiesa giudicando della valenza etica di alcuni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l'uomo e le sue origini, non interviene nell'ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (10).
Non c'è dunque nessuna invasione di campo da parte del magistero della Chiesa quando questo entra in un ambito specifico come quello della sperimentazione sull'embrione, che è oggetto di più scienze fra le quali nessuna può arrogarsi il diritto dell'ultima parola. Ciò che questa Istruzione intende fare è esprimere il proprio contributo autorevole nella formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti intendono porre ascolto alle argomentazioni che vengono portate, con la volontà di confrontarsi. Un intervento, pertanto, che rientra pienamente nella sua missione e che dovrebbe essere accolto non solo come legittimo, ma anche come dovuto in una società pluralistica, laica e democratica.
Risulterebbe veramente difficile, anche per un pensiero estraneo alla fede, non ritrovarsi in questa affermazione della Dignitas personae: "Per il solo fatto d'esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l'introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute" (8). Ciò che viene affermato, come si nota, è l'uguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso di essere venuto alla vita.
Non si dovrebbe dimenticare, dunque, il principio che viene più volte riaffermato nel corso dell'Istruzione: l'uguaglianza fondamentale tra gli uomini. Proprio questo principio cozza contro ogni pretesa di clonazione umana o manipolazione genetica diversa da quella terapeutica. Dignitas personae compie un passo in avanti nei confronti dell'istruzione Donum vitae del 1988, quando si richiama alla difesa della dignità dell'embrione. Nella precedente Istruzione, infatti, per non entrare direttamente nel dibattito filosofico non si arrivò alla definizione dell'embrione come "persona". Nella Dignitas personae si esplicita che l'embrione umano "ha fin dall'inizio la dignità propria della persona" (5).
Bisogna, infine, sottolineare il coraggio con cui Dignitas personae affronta il tema della manipolazione genetica che in molti casi ormai ha tutte le caratteristiche per essere definita eugenetica e, pertanto, intrinsecamente immorale. Questo giudizio si fonda sul presupposto che tale sperimentazione teorizza di fatto l'inuguaglianza tra le persone, enfatizzando oltre misura doti e caratteristiche che non costituiscono l'essenza e la peculiarità della persona stessa. È dunque un insegnamento lungimirante, che invita a riflettere sul rischio di non cadere in nuove forme di schiavitù già all'orizzonte. Si è dinanzi, infatti, a una "schiavitù biologica": una persona si arroga il diritto arbitrario di determinare le caratteristiche genetiche di un altro essere umano. È la hybris che accompagna l'esercizio del puro potere del più forte sugli altri. Una simile sperimentazione va chiamata con il suo giusto nome e la Chiesa non avrà paura di denunciarne i pericoli; la grandezza della persona consiste nell'avere coscienza del proprio limite e in forza di questo, saper guardare oltre, verso una trascendenza infinita che ha voluto imprimere dignità alla vita umana assumendola su di sé.
(©L'Osservatore Romano - 13 dicembre 2008)
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1 commento:
Come non condividere in pieno l'analisi effettuata con chiarezza come sempre da Mons. Rino Fisichella? L'argomento della difesa della vita umana dal suo concepimento alla sua fine naturale, è stato sempre terreno di scontro nel quale, la chiesa, riportando i suoi insegnamenti è stata e continuerà ad esserlo tacciata di oscurantismo e di rifiuto alla scienza. Condivido, ciò che dice Fisichella dove ribadisce che la difesa della vita umana, non è una prerogativa solo dei credenti ma, deve essere una prerogativa di tutti noi. Troppo, facilmente in questi nostri tempi, quasi si gioca con la vita dell'uomo e non solo nei casi specifici del concepimento e della sua fine naturale ma, anche nel mancato valore che si da alla vita giorno dopo giorno. Ci si convince sempre di più che la vita sia non un dono ma, un qualcosa che possiamo gestire secondo la nostra volontà; con cui fare esperimenti di ogni tipo oppure di decretarne la fine noi stessi anche con una condotta personale che è fuori da ogni limite sensato.
Sicuramente, questo documento susciterà ilarità, critiche, ed ovviamente, non mancheranno anche i consueti " attacchi" insensati e portatori di confusione, di chi come qualche tempo fa disse che non si può esattamente sapere quando nasca una vita. Mi auguro che questa istruzione chiarisca le idee anche a quella parte della chiesa, che continua sotto traccia a remare contro questi principi fondamentali; cercando di promuovere un cambiamento di falsa modernità ed apertura, verso meccanismi che portebbero soltanto a negare insegnamenti che sono stati sanciti e ripetuti fermamente, nella Gaudium et Spes durante il Concilio Vaticano II.
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