domenica 15 febbraio 2009

Cristiani ed Ebrei nella storia (Baget Bozzo)


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CRISTIANI E EBREI NELLA STORIA

Gianni Baget Bozzo

La negazione del tentativo nazista di distruggere il popolo ebraico è ora considerata dalla Chiesa come incompatibile con il fatto della comunione con essa. E il nazismo fu un effetto drammatico di una negazione della civiltà cristiana che aveva radici nel moderno. Fu un aspetto della volontà di costruire una società interamente indipendente da Dio e fondata sulla vita biologica, sulla razza perfetta e dominatrice. Per questo le dichiarazioni del Papa vengono dal cuore della tradizione cattolica.
Non a caso anche la comunità di Econe ha riconosciuto gli errori della negazione della Shoah e dell’antisemitismo citando le parole di Pio XI: «Siamo spiritualmente dei semiti». Appare evidente che la volontà del Papa di chiudere lo scisma del gruppo di Econe tende a rafforzare l’unità della Chiesa mostrando come la novità del Concilio consista nel sottolineare temi presenti nella tradizione cristiana che il tempo mette in nuova luce.
Il Papato è l’istituzione che consente al cattolicesimo di mantenere l’unità della Chiesa non solo nello spazio ma anche nel tempo, non conosce rotture ma sviluppi. E la forza della Chiesa cattolica unita nella sua tradizione rafforza la civiltà cristiana, quella in cui Israele può trovare un riferimento anche di fronte ai sentimenti etnici che l’ebraismo può suscitare in quanto legato nel suo significato a un popolo particolare.
Sia come cardinale sia come Papa, Joseph Ratzinger ha mostrato di comprendere il Papato nella sua capacità di unire «cose nuove» e «cose vecchie», di reinterpretare senza contraddire; l’essenza della Chiesa cattolica romana è quella di mantenere l’unità nel tempo nella coscienza cristiana.
La permanenza di Israele nel tempo cristiano, insegnata da San Paolo nella Lettera ai Romani, è ora intesa dalla Chiesa come avente un significato per la stessa identità cristiana, come espressione della sua differenza dalle religioni umane. La Chiesa nasce dalle radici ebraiche e non può che rispettarle nel suo fondamento, anche se questo non può limitare il suo diritto e il suo dovere di annunciare a tutti la novità cristiana della salvezza. Ma la Chiesa sa che la resistenza degli ebrei alla conversione corrisponde a un disegno divino e prepara un messianismo definitivo di carattere escatologico. Israele carnale è per i cristiani il segno dell’escatologia attesa, anche se le immagini escatologiche differiscono e nel cristianesimo assumono la forma di nuovi cieli e nuova terra.
Non sta alla Chiesa definire i tempi dell’Israele carnale, le sue scelte, i suoi moventi. La «necessità» della sua esistenza come testimone escatologico implica la fiducia che Israele non sarà distrutto, che la sua funzione storica non potrà non essere riconosciuta. Israele è un testimone del Dio creatore, della sua presenza nel tempo e nella storia, è una realtà che il neopaganesimo di oggi tende a negare in nome dell’autosufficienza della ragione, che ha in sé potenzialità totalitarie, di fronte alle quali la Chiesa difende l’idea dell’uomo nel suo stesso corpo come immagine di Dio. Israele nella storia è un segno della Provvidenza, che ha permesso a un popolo di rimanere identico a se stesso confidando nell’aiuto di un Dio che l’aveva scelto anche quando esso veniva oppresso e rifiutato dagli uomini, dagli stessi cristiani. Ciò non significa che la Chiesa faccia propri i gesti dell’Israele carnale quando essi divergono dai precetti della legge divina e contraddicono l’amore di Dio e del prossimo che il Nuovo Testamento riprende dall’Antico.
Vi è un nesso tra la Shoah e lo Stato d’Israele. È per questo che Israele ottiene la solidarietà delle nazioni cristiane e dello stesso Papato. Un cristiano può vedere anche un segno escatologico nel ritorno di Israele nella sua terra, che indica la perennità della donazione ad Abramo della terra di Canaan. Ma la Chiesa non può accettare tutti gli atti dello Stato d’Israele come atti leciti, anche se comprende bene che Israele come Stato legittimo abbia i diritti di tutti gli Stati di difendere il suo territorio con la forza militare. Per questo il Papa ha trovato «inaudita» la violenza esercitata da Tsahal nella Striscia di Gaza, anche se compiuta con il potere legittimo di uno Stato che difende il suo territorio dagli attacchi.
Una cosa è l’Israele carnale come popolo di Dio, altra cosa è lo Stato d’Israele come Stato. La Chiesa non fa che applicare a esso le regole che applica a tutti gli Stati. Ma Israele deve comprendere che la Chiesa ha la sua realtà legittima, che non può essere giudicata solo in base ai rapporti con l’Israele come popolo di Dio e con l’Israele come Stato. Se la Chiesa deve comprendere Israele come popolo e come Stato, Israele deve comprendere la Chiesa nella sua realtà spirituale e istituzionale e nella sua realtà di popolo, anche se non la riconosce come popolo di Dio.
L’unilateralità di Israele nel giudicare la Chiesa solo in riferimento all’ebraismo è apparsa nella questione di Pio XII e della sua beatificazione e nella critica al ritiro della scomunica ai vescovi scismatici. La Chiesa ha mutato la sua logica rispetto a Israele in ragione della Shoah. Israele deve comprendere la Chiesa come popolo e come istituzione in riferimento a se stessa e non solamente a Israele. La logica della reciprocità è una buona logica ed è quella che renderà possibile il viaggio del Papa in Israele come amico del popolo ebraico ma diverso da esso.

© Copyright La Stampa, 14 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Baget Bozzo,
lei scrive:
“La Chiesa nasce dalle radici ebraiche e non può che rispettarle nel suo fondamento, anche se questo non può limitare il suo diritto e il suo dovere di annunciare a tutti la novità cristiana della salvezza.

Ma la Chiesa sa che la resistenza degli ebrei alla conversione corrisponde a un disegno divino e prepara un messianismo definitivo di carattere escatologico.

La «necessità» della sua esistenza come testimone escatologico implica la fiducia che Israele non sarà distrutto, che la sua funzione storica non potrà non essere riconosciuta.

Israele nella storia è un segno della Provvidenza, che ha permesso a un popolo di rimanere identico a se stesso confidando nell’aiuto di un Dio che l’aveva scelto anche quando esso veniva oppresso e rifiutato dagli uomini, dagli stessi cristiani."

E ora facciamo parlare la Tradizione, Catechismo Maggiore di San Pio X, capitolo X, punto 6.
Art.224 Chi sono quelli che non appartengono alla comunione dei santi:
Non appartengono alla comunione dei santi nell’altra vita i dannati ed in questa coloro che si trovano fuori della vera Chiesa.
Art. 225 Chi sono quelli che si trovano fuori della vera Chiesa?
Si trovano fuori della vera Chiesa gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
Art 227 Chi sono gli ebrei?
Gli ebrei sono quelli che professano la legge di Mosè; non hanno ricevuto il battesimo e non credono in Gesù Cristo.

Ciò premesso, caro Baget, le chiederei di chiarire il suo pensiero:
A me sembra di capire dal tenore del suo articolo, che la novità cristiana della salvezza non riguardi gli ebrei in quanto come popolo sono già salvi.

Dunque gli ebrei, che pur non riconoscono Cristo (e che spesso lo oltraggiano), continuano ad essere il popolo eletto e sono predestinati in forza di ciò alla salvezza?
Se così fosse mi spieghi: il suo pensiero deriva forse dalla lettura della Nostra Ætate, visto che è in contrato con quanto insegnava il Catechismo di San PioX? Oppure la sua è l’opinione personale di un teologo?
O ancora sono io che non ci capisco niente?
Cordiali saluti.
Sagmarius