mercoledì 18 marzo 2009

La Chiesa e l'Aids: un impegno a tutto campo (Radio Vaticana)


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La Chiesa e l'Aids: un impegno a tutto campo

L’ “umanizzazione” della sessualità, invocata da Benedetto XVI poche ore prima di toccare il suolo africano, è da tempo oggetto di impegno pastorale per la Chiesa che opera sulle frontiere dell’Aids. E’ noto che quasi il 30 per cento dei centri per la cura dell’Hiv nel mondo sono gestiti da strutture cattoliche. Una di esse, il Progetto “Dream”, è stata messa in campo dalla Comunità di Sant’Egidio e con alcuni dei suoi membri si è intrattenuto lo stesso Benedetto XVI, oggi a Yaoundé. Del Progetto “Dream”, Adriana Masotti ne ha parlato con il responsabile scientifico, il medico epidemiologo, Leonardo Palombi:

R. – Se noi guardiamo alle iniziative, in termini di sanità pubblica, intraprese in Africa negli ultimi 20 anni, noi osserviamo che il largo impiego di condom non ha contenuto l’epidemia e non la sta contenendo in Europa orientale, per dare un esempio. Del resto, il discorso sull’uso dei condom come magica soluzione dell’epidemia dell’Aids, parte dal presupposto che questo mezzo sia utilizzato sulla base di una certa cultura e sulla base di alcuni diritti - per esempio i diritti delle donne - che non è certo un fatto largamente consolidato.

D. – La Comunità di Sant’Egidio lavora con successo sul fronte del contrasto all’Aids proprio in Africa. Che cosa allora è necessario fare per ottenere reali risultati?

R. – Io credo che l’introduzione in larga misura della terapia con antiretrovirali, uccidendo il virus, in realtà funzioni anche come prevenzione. Dream ha salvato la vita di 10 mila bambini facendoli nascere sani e d’altra parte questa terapia poi riduce la probabilità di infettare da parte di chi è già malato. Ritengo che curarsi dei malati e curare i malati sia una grande forma di prevenzione: in questo senso il Papa ha molto ragione.

D. - Quindi, occorre dare sempre di più la possibilità di accedere alle cure...

R. – Sì e tra l’altro la possibilità di accedere alle cure aiuta le persone a non disperarsi. Noi sosteniamo queste persone anche con un aiuto all’alimentazione e con un’intensa opera di educazione sanitaria. Che è un fatto importantissimo: in realtà queste persone non hanno alcuna idea del mondo dei microorganismi e, quindi, dell’idea di infezione e di trasmissione dell’infezione. Dare una cultura sanitaria è un fatto certamente importante e purtroppo spesso abbastanza trascurato. Sulla questione della prevenzione dell’Aids sentiamo anche il prof. Gianluigi Gigli, già presidente della Federazione mondiale dei medici cattolici, intervistato da Luca Collodi:

R. – E’ documentato ormai in tutto il mondo come, a seconda di dove si mette l’accento nella prevenzione dell’Aids, i risultati possono essere anche fortemente diversi. Portiamo due esempi ormai storici. L’Uganda, dove la lotta all’Aids è stata basata appunto sul comportamento, sugli stili di vita, ha ottenuto traguardi significativi in termini di riduzione dell’epidemia. La Thailandia, dove ci si è basati solo sul profilattico, non ha ottenuto nulla: la situazione è addirittura, appunto, peggiorata. Ecco: questo dovrebbe far riflettere!

Perché? Perché - a parte ogni giudizio di ordine etico - se ci si limita solo al profilattico, la sensazione di ‘falsa’ sicurezza che esso dà - perché comunque c’è ancora un rischio di malattia che si mantiene, benché abbassato – questo rischio viene tuttavia a moltiplicarsi a causa del moltiplicarsi dei rapporti che la falsa sicurezza stessa genera. Quindi, rapporti occasionali, rapporti promiscui.

D’altronde, io ricordo personalmente, nel corso di una discussione con un illustre scienziato, con un Premio Nobel, proprio colui che aveva trovato il virus Hiv dell’Aids, Luc Montagnier, mi ricordo che Montagnier mi disse, con estrema chiarezza: "Noi riusciremo forse un giorno – e mi auguro presto – a trovare un vaccino in grado di controllare l’Aids. Ma se noi non riusciamo a modificare i nostri stili di vita, il che vuol dire – appunto – che l’uomo è fatto per la donna e per una sola – il rischio è che dietro l’angolo troveremo qualche altro ancor più temibile aggressore".

D. – Quindi, qui torna il tema della sessualità responsabile sul quale il Papa più volte si è soffermato?

R. – Esattamente. Ora, affermare ideologicamente che il Papa sta in qualche modo favorendo l’epidemia perché invita alla sessualità responsabile, è veramente dire un assurdo, anzi, è fare della mistificazione anche dal punto di vista scientifico.

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