venerdì 6 marzo 2009

La pratica quaresimale nelle Chiese cristiane orientali. Una veglia in attesa della risurrezione (Osservatore Romano)


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La pratica quaresimale nelle Chiese cristiane orientali

Una veglia in attesa della risurrezione

di Nicola Gori

Una veglia prolungata nell'attesa della risurrezione: è l'immagine che le comunità cristiane d'Oriente usano per spiegare il significato del digiuno.
Come nella tradizione orientale i monaci vegliavano per tre giorni la salma di un loro confratello defunto, allo stesso modo i fedeli devono praticare il digiuno come attesa della risurrezione della carne. Ne abbiamo parlato in questa intervista con il gesuita Robert Taft, professore emerito di liturgia orientale al Pontificio Istituto Orientale.

Vi sono caratteristiche comuni tra la tradizione del digiuno nelle diverse Chiese orientali cattoliche e ortodosse?

La tradizione del digiuno è la stessa sia nelle Chiese orientali cattoliche sia in quelle ortodosse. La tradizione ortodossa prescrive che in modo progressivo, cominciando due settimane prima dell'inizio della quaresima, ci si prepari al digiuno. La prima settimana è chiamata la settimana del digiuno dalla carne: alla fine di essa non si mangia più carne per tutta la quaresima. La seconda settimana che precede la quaresima è detta dei latticini, perché alla fine della settimana ci si deve astenere dai latticini. Durante i primi sette giorni della quaresima - detti del grande digiuno - si dovrebbe osservare un'astinenza molto severa. Bisogna però distinguere un po' l'usanza monastica da quella dei laici. Nei monasteri si mangia solo un pasto al giorno, nel pomeriggio, osservando l'astinenza da tutti i cibi proibiti. Per i laici il digiuno è più vicino a quella che in Occidente si chiama astinenza.

Ci sono indicazioni particolari riguardo alla quantità di cibo consentita?

Non c'è una prescrizione specifica per la quantità di quello che si mangia. Non si possono bere alcolici o mangiare carne o latticini, ma si possono mangiare i cibi permessi in quantità necessaria per nutrirsi. Questa antica pratica adesso è osservata soprattutto nei monasteri. È importante ricordare che la liturgia celebrata nei mercoledì e nei venerdì di quaresima è una liturgia pomeridiana, perché nell'antichità anche ricevere la Comunione significava rompere il digiuno. Digiunare voleva dire non mangiare nulla. Era un'astinenza totale fino a sera, quando era permesso un pasto.

Come praticavano il digiuno i Padri del deserto?

Nelle diverse tradizioni locali dell'ortodossia e delle Chiese cattoliche orientali ci sono usanze differenti. Lo stesso vale per i Padri del deserto. In genere, mangiavano soltanto una quantità minima di pane e di acqua. Era un digiuno quasi permanente. Siamo peccatori, per questo occorre digiunare per fare penitenza. Il Vangelo dice metanoèite, che normalmente viene tradotto in "fate penitenza": non nel senso di fare qualcosa che ci costa sacrificio, perché metanoia vuole dire cambiare mentalità, convertirsi. Allora questa conversione è sempre in senso escatologico. Il digiuno, soprattutto in questo periodo, è un tipo di veglia prolungata nell'attesa della venuta del Signore, proprio come nell'antichità si vegliava la salma di un monaco o di una monaca, perché questa era un'espressione liturgica della fede nella risurrezione dei morti. Questo vuol dire veglia: una vigilia in attesa, nella speranza della risurrezione dei morti.

Tra i fedeli delle comunità orientali la pratica del digiuno è sufficientemente seguita?

Normalmente, durante la prima settimana della quaresima e anche la grande settimana - quella che in occidente si chiama la settimana santa - il digiuno più severo è seguito da quasi tutti i fedeli, almeno nell'ortodossia. Nel cattolicesimo c'è stata una moderazione nella pratica del digiuno nel periodo del dopo Vaticano II. Nel rito latino la gente non ha sempre compreso a fondo che, nell'intenzione delle riforma post-conciliare, l'idea della moderazione era legata all'invito a fare altre cose importanti nella vita cristiana, cioè dare l'elemosina ai poveri, fare del bene al prossimo, chiedere perdono per le offese.

(©L'Osservatore Romano - 7 marzo 2009)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

la pratica del digiuno è uno di quei "problemi" che vanno risolti; di fatto oggi nella chiesa latina vigono due soli giorni di digiuno, ma di fatto sono in pochi a rispettarli, e, comunque, mi pare poca cosa ridurre 40 giorni dipenitenza e digiuno a due soli giorni;
un'altra precisazione: il digiuno non è una alternativa ad altre pratiche penitenziali, come purtroppo oggi si crede; il digiuno deve essere sempre unito alle altre pratiche penitenziali e ad una più intensa vitsa di preghiera. Le colonne che reggono il senso autentico della quaresima sono ben descritte da san Giovanni Crisostomo: digiuno, preghiera, elemosina.
Nel messale antico tutte le orazioni quaresimali (comprese quelle delle domeniche, in cui è proibito digiunare, sempre, senza eccezione alcuna) richiamano in continuazione questi tre elementi fondanti. Il messale nuovo non può essere preso in considerazione perché parla genericamente di pratiche penitenziali ma non fornisce chiarimenti e quindi in realtà nessuno sa in cosa consistano. E come conseguenza nessuno pratica più le azioni tipiche del digiuno cristiano, anzi, molti sacerdoti e fedeli criticano il digiuno con sofismi vari.

Anonimo ha detto...

Oggi tanti cattolici, credendo nelle apparizioni della Madonna a Medjugorje e cercando di corrispondere seriamente ai messaggi della Madre Celeste, portano avanti una dura pratica di digiuno a pane ed acqua per due giorni la settimana, mercoledì e venerdì, tutto l'anno. Siccome è una penitenza veramente dura, specie per generazioni viziate come la nostra (ma anche in assoluto, visto che non mi pare adottata da alcuna congregazione religiosa, ad eccezione di quelle legate espressamente a Medjugorje), spesso ci si concede delle deroghe per debolezza, oltre a quelle dovute a motivazioni di buon senso o di carità. Ma in Quaresima niente deroghe ed anzi qualche fioretto aggiuntivo.
Va detto che la Maddonna non solo a medjugorje, ma anche nelle altre apparizioni (basti pensare a Lourdes e Fatima) ha sempre lanciato forti richiami alla necessità di fare penitenza.
In effetti, però, è vero che nella Chiesa non è facile trovare guide spirituali aperte nei confronti delle pratiche penitenziali in varia forma, che spesso vengono fraintese con forme di eccentricità o spiritualismo.
Oggi si propone per lo più solo la penitenza passiva (sopportare e offrire al Signore quel che ti capita) e si tendono a disprezzare o irridere le penitenze attive, che però tutta la mistica insegna come necessarie non solo per espiare i peccati propri e altrui, ma anche per rafforzare la volontà, dare slancio alla vita spirituale e sostenere meglio le prove della vita.
Ricordo che il Santo Padre ha fondato il suo messaggio per la Quaresima di quest'anno proprio sulla pratica del digiuno.
Vero è che persino il digiuno che la Chiesa prescrive per il mercoledì delle ceneri (primo venerdì di Quaresima per gli Ambrosiani) e per il venerdì santo sembra una vera pacchia per chi è abiutato al digiuno di Medjugorje.