lunedì 15 dicembre 2008

La vicinanza di Dio all’uomo: questione di amore (Zavattaro)


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BENEDETTO XVI - Questione di amore

La vicinanza di Dio all’uomo

Fabio Zavattaro

La vicinanza di Dio è una questione di amore non di spazi da percorrere. L’essenziale e originario significato del messaggio natalizio è evidenziato da papa Benedetto in questa terza domenica di Avvento, dal sapore ormai natalizio. In piazza San Pietro si può già ammirare il grande abete, venuto dal sud dell’Austria, con le luci accese e gli addobbi natalizi. Poco distante si lavora alla realizzazione del presepio che si potrà ammirare dal 24 pomeriggio. In questa domenica si vive già la festa all’interno del colonnato, affollato soprattutto di famiglie e di bambini. Il motivo: la tradizionale benedizione dei bambinelli che saranno poi messi nei presepi delle case. Una bella tradizione che si ripete di anno in anno.
Siate lieti, dice dunque il Papa ai fedeli convenuti per la recita dell’Angelus.
Siate lieti perché il Signore è vicino. Paolo, l’apostolo, pensa evidentemente al ritorno di Cristo e invita i cristiani di Filippi a rallegrarsi perché è sicuro che ciò avverrà. Ma nessuno può conoscere il momento della venuta del Signore. Così sempre Paolo “mette in guardia da ogni allarmismo, quasi che il ritorno di Cristo fosse imminente”.
Quanti falsi annunci abbiamo ascoltato nel tempo; in quanti hanno annunciato l’avvento di una nuova, falsa, era. Parole che non avevano altro scopo se non di plagiare menti deboli e semplici. Quanti falsi profeti hanno percorso le strade del mondo pronunciando allarmanti profezie e alimentando angosce e timori.
Già ai tempi di Paolo, e lo ripete oggi papa Benedetto, la Chiesa, “illuminata dallo Spirito Santo, comprendeva sempre meglio che la vicinanza di Dio non è una questione di spazio e di tempo, bensì una questione di amore: l’amore avvicina”. Ecco, allora, che il Natale ci viene a ricordare “questa verità fondamentale della nostra fede”. E ce lo ricorda proprio con quel bambinello che mettiamo nella mangiatoia o nella grotta. In quella piccola immagine troviamo riverberato il volto di Dio che in Gesù si è fatto vicino a noi per amore. Ecco il vero senso della vicinanza e di quella venuta che rinnoviamo all’inizio del tempo liturgico e di cui facciamo memoria in ogni celebrazione liturgica.
In piazza, come dicevamo, famiglie e bambini; molti con in mano il bambinello da deporre nel presepio. Il Papa recita una preghiera rivolgendosi a Dio: “Tu che hai tanto amato gli uomini da mandare a noi il tuo unico Figlio Gesù, nato dalla Vergine Maria, per salvarci e ricondurci a te. Ti preghiamo, perché con la tua benedizione queste immagini di Gesù, che sta per venire tra noi, siano, nelle nostre case, segno della tua presenza e del tuo amore. Padre buono, dona la tua benedizione anche a noi, ai nostri genitori, alle nostre famiglie e ai nostri amici. Apri il nostro cuore, affinché sappiamo ricevere Gesù nella gioia, fare sempre ciò che egli chiede e vederlo in tutti quelli che hanno bisogno del nostro amore. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo amato Figlio, che viene per dare al mondo la pace”.
Amore, gioia, pace. Tre parole che si ripetono in questa preghiera che il Papa recita. Amore, l’abbiamo già detto, è la misura della vicinanza di Dio. Ed è parola chiave anche nei rapporti con l’altro, alla luce del grande comandamento: ama il prossimo tuo come te stesso. Ma anche qui, nessun “egoismo”, perché sarebbe improprio: amare è donare. Ed è qui che si coglie la vera gioia. Lo ricordava Paolo VI nell’Esortazione “Gaudete in Domino”, l’unico documento, finora, dedicato al tema della gioia: “Vi sono diversi gradi in questa felicità”, scriveva Papa Montini. “La sua espressione più nobile è la gioia, o la «felicità» in senso stretto, quando l'uomo, a livello delle facoltà superiori, trova la sua soddisfazione nel possesso di un bene conosciuto e amato. Così l'uomo prova la gioia quando si trova in armonia con la natura, e soprattutto nell'incontro, nella partecipazione, nella comunione con gli altri. A maggior ragione egli conosce la gioia o la felicità spirituale quando la sua anima entra nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile”.
Dall’amore che diventa dono e dalla gioia del conoscere e del condividere, non può che scaturire la pace, anche questa dono di Dio. Pace che oggi conosce nuovi ostacoli più subdoli, che in qualche modo sono figli del complesso fenomeno della globalizzazione, come ricorda Benedetto XVI proprio nel suo ultimo messaggio per la Giornata della pace del 1° gennaio 2009. Scrive il Papa: “Una delle strade maestre per costruire la pace è una globalizzazione finalizzata agli interessi della grande famiglia umana”. Di qui la necessità di una “forte solidarietà globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri”. Ma c’è anche una povertà diversa, se così possiamo dire, che non va ignorata, e che ha alla radice “il mancato rispetto della trascendente dignità della persona umana”. Non è un caso che il Papa metta in risalto, tra le tante cose da fare per costruire la pace, l’amore preferenziale per i poveri e il primato della carità.
Amore, dunque, che è dono; amore che è anche scintilla della vera gioia, accolta nella sua integrità. E, dunque, strada maestra per giungere alla vera pace.

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