giovedì 5 febbraio 2009

Caso Lefebvre. Una nota della segreteria di Stato vaticana mette i paletti alla curia dissidente (Rodari)


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Caso Lefebvre. Una nota della segreteria di Stato vaticana mette i paletti alla curia dissidente

Dopo la richiesta senza precedenti del cancelliere tedesco Angela Merkel al Papa di ulteriori chiarimenti sul caso Richard Williamson, dopo le parole durissime (anch’esse senza precedenti) dell’ex presidente della conferenza episcopale Karl Lehmann contro il Papa e coloro che hanno deciso la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e, sopratutto, dopo l’attacco alla gestione della curia romana (e, quindi, paradossalmente anche a se stesso) del cardinale Walter Kasper su Radio Vaticana (in altri tempi un’intervista simile non sarebbe uscita e, a posteriori, non sarebbe stata fatta passare come se niente fosse), ecco che la segreteria di Stato vaticana, su decisione del cardinale Tarcisio Bertone sentito il parere del Papa, ha deciso ieri di uscire con una lunga nota nella quale puntualizza alcune cose importanti.

E le puntualizza soprattutto a beneficio della Chiesa, dei suoi apparati, di coloro che (sono anche vescovi e cardinali) in questi giorni non hanno difeso il Pontefice ma lo hanno attaccato: a conti fatti, attacchi di questa entità contro il Papa non si erano mai verificati in tempi recenti.

La nota dice tre cose. Anzitutto ricorda ciò che la revoca della scomunica significa: è un gesto col quale il Papa risponde «benignamente» a una richiesta dei lefebvriani (non è stata, quindi, una decisione piovuta addosso ai lefebvriani senza il loro consenso). È un gesto di apertura, preludio di un cammino ancora tutto da compiere (la piena comunione con Roma non c’è ancora: oggi i lefebvriani sono nella stessa posizione nella quale si trovano gli ortodossi da circa 50 anni). Il decreto elimina una scomunica comminata nel 1988 per un’ordinazione episcopale illegittima (non vi erano motivi dottrinali). Oggi la Fraternità San Pio X non ha alcun riconoscimento canonico della Chiesa cattolica (i vescovi, seppur validamente ordinati, non possono esercitare lecitamente il proprio ministero).
Secondo: perché i lefebvriani arrivino alla piena comunione con Roma debbono accettare tutto il Vaticano II e tutti i magisteri dei Pontefici successivi al Concilio: su questo punto non si transigerà.
Terzo: come già il Papa aveva detto il 28 gennaio, le dichiarazioni sulla Shoah di Williamson sono assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate da Benedetto XVI. E, quanto a Williamson, perché venga ammesso a funzioni episcopali nella Chiesa, dovrà prendere in modo inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah, posizioni non conosciute dal Papa nel momento della remissione della scomunica.
Questa ultima annotazione non è secondaria. Dice che con Williamson i conti sono ancora aperti.

E, inoltre, dice che coloro che hanno aiutato il Papa nel cammino che ha portato al decreto di revoca della scomunica hanno una responsabilità: in particolare ce l’hanno il cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente dei Ecclesia Dei, ma pure il prefetto della congregazione dei vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re.

Nonostante la tv svedese abbia ieri smentito che la scelta di far uscire l’intervista a Williamson il 21 gennaio scorso sia stata presa in seguito a un complotto volto a infangare Ratzinger, oltre il Tevere sono in molti coloro che ritengono che una regia occulta vi sia stata dietro tutta la vicenda. Una regia sulla quale hanno soffiato, consapevolmente o meno, anche presuli e prelati dai quali ci si sarebbe aspettato un diverso comportamento.
Del resto, non è una novità: Benedetto XVI ha dei nemici, anche in curia. Sono principalmente coloro che non hanno mai accettato la sua linea di ripristino di una corretta esegesi del Vaticano II, soprattutto in campo liturgico. Ma sono anche coloro che non hanno visto cambiamenti significativi nel governo della curia romana come auspicato prima del conclave del 2005. Ratzinger parlò di «sporcizia nella Chiesa».
Parlò della necessità di fare pulizia. E lasciò intendere la volontà di una riforma della curia romana radicale.
Questa riforma non è arrivata e oggi al timone della Chiesa vi sono cardinali da tempo in età pensionabile che invece di fare gli interessi del Pontefice e aiutarlo a gestire anche i momenti più critici pensano ad altro. In fondo, la crisi di questi giorni non ha fatto altro che evidenziare un malcontento sempre più critico.

© Copyright Il Riformista, 5 febbraio 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

La nota e' gravemente tardiva e, per questo, "mediaticamente depotenziata".
Si poteva e si doveva intervenire subito. Sono passati 10 GIORNI dalla pubblicazione del decreto di revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani!
Ora e' tempo di fare i conti...CON TUTTI! Dentro e fuori la curia romana.
Mi aspetto un bel colpo di scopa a breve scadenza.
Purtroppo non potrei essere piu' delusa di quanto lo sono ora
.
Raffaella

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