mercoledì 4 febbraio 2009

Gli ebrei hanno bisogno della Chiesa di Benedetto XVI che chiede agli scismatici di Ecône di riconoscere Israele (Baget Bozzo)


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Ma gli ebrei hanno bisogno della Chiesa di Benedetto XVI che chiede agli scismatici di Ecône di riconoscere Israele

di Gianni Baget Bozzo

Il ministro israeliano degli Affari religiosi ha chiesto la rottura delle relazioni diplomatiche tra lo Stato ebraico e la Chiesa cattolica a causa della posizione negazionista del vescovo della comunità di Ecône Richard Williamson, a cui papa Benedetto XVI ha revocato la scomunica.
L’ambasciatore di Israele a Roma ha risposto che egli dipende dal ministero degli Affari esteri del suo paese.
Credo però che lo Stato ebraico non possa fare a meno della grande amicizia e della comprensione che papa Benedetto XVI ha mostrato nei confronti di Israele come popolo ebraico e nei confronti dello Stato di Israele come entità politica.
È quindi sperabile che il viaggio del Pontefice in Terrasanta si compia.
Il Papa spiegherà con la chiarezza che lo contraddistingue gli approfondimenti compiuti dalla Chiesa cattolica nel riconoscimento dell’economia di Israele postcristiano nella storia del popolo di Dio.

Ma è importante che il mondo ebraico riconosca alla Chiesa il diritto alla propria diversità e comprenda come sia un’interferenza indebita opporsi alla beatificazione di un papa e alla ricerca della composizione di uno scisma.

Se i lefebvriani torneranno all’unità della Chiesa abbandonando le loro posizioni scismatiche, comprenderanno anche le posizioni conciliari sull’Israele carnale.
Ma il tentativo di composizione dello scisma ha attirato la polemica contro papa Benedetto anche da parte di quei cattolici che vedono in questa mossa del Santo Padre una negazione dell’unità conciliare e non comprendono come sia possibile che la Chiesa intenda approfondire posizioni della sua tradizione continua nel tempo. La Chiesa cattolica ha nel magistero papale la possibilità di conservare l’identità profonda e di acquisire nuove prospettive, conserva intatta in sé quella capacità di enunciare cose nuove e cose vecchie unificandone il senso nella sua comprensione. La Chiesa cattolica vive tra l’eterno e la storia, tra la parola unica e la verità degli eventi, comprende che gli eventi stessi vengono dal Cristo che conduce la storia e governa la Chiesa. E nel ministero petrino ordina la Chiesa a intendere il modo in cui gli eventi fluiscono nella parola.
La posizione papale unisce antico e nuovo nella Chiesa, fa sì che il suo riconoscimento del ruolo di Israele nella salvezza e della legittimità dello Stato ebraico possa divenire un elemento di unione e di forza per lo stesso popolo ebreo.
La Chiesa di Benedetto, con la sua unità tra passato e presente, dà a Israele la speranza che la funzione salvifica della sua esistenza storica possa divenire patrimonio comune anche per quelli che ora la negano.

Se esiste ancora un residuo di antigiudaismo nel mondo cattolico, questo viene cancellato da papa Benedetto XVI proprio superando lo scisma lefebvriano, cioè lo scisma in cui questo residuo esisteva, come appare nella dichiarazione antishoah del vescovo della comunità di Ecône.

Israele ha dunque bisogno del rapporto positivo con la Chiesa cattolica che rimane se stessa. E il viaggio del Papa in Terrasanta sarà un’occasione unica per dare una valenza universale al riconoscimento dell’esistenza di una economia ebraica nel periodo cristiano, della realtà della Shoah, della legittimità dello Stato di Israele.

© Copyright Tempi, 3 febbraio 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

....direi che il Nostro è un sottile diplomatico, ma da questo verso non abboccano, è evidente.
Non vogliono certo che la Chiesa proceda in pace la sua verifica interna. La convinzione che ciò possa giovare alla causa ebraica è per loro assolutamente lontana. Se no, perchè tutto questo clangore?