mercoledì 4 febbraio 2009

Yasha Reibman: Forse è arrivato il momento per la visita del Papa in Israele (Tempi)


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Forse è arrivato il momento per la visita del Papa in Israele

di Yasha Reibman

Chi ritiene che il rapporto tra cattolicesimo ed ebraismo sia una priorità strategica, chi di fronte al fondamentalismo, alla persecuzione dei cristiani nei paesi islamici e alla minaccia di distruzione di Israele pensa che ebrei e cristiani debbano essere ancora più alleati in nome della libertà religiosa e difendere così anche i musulmani moderati, chi pensa che questa linea sia la strada che proprio papa Ratzinger intende seguire, non può non fermarsi a riflettere sui numerosi incidenti avvenuti in questi mesi tra Vaticano ed ebrei. Il processo di beatificazione di Pio XII, il papa accusato di aver taciuto davanti alla Shoah, ma di aver permesso che molti ebrei venissero salvati nei monasteri (e anche il pontifice su cui incombe l’ombra dell’accusa dei salvacondotti vaticani che consentirono a numerosi nazisti di rifugiarsi in Sud America); le parole del cardinale Renato Raffaele Martino, per anni rappresentante del Vaticano presso le Nazioni Unite, il quale, durante l’ultima guerra per fermare i missili di Hamas su Israele, ha paragonato Gaza a un campo di concentramento; poi lo scontro sul reinserimento della possibilità di celebrare la Messa in latino, inclusa la preghiera del Venerdì Santo che contiene l’auspicio della conversione degli ebrei; infine la cancellazione della scomunica dei vescovi lefebvriani e le parole di monsignor Richard Williamson, che ha negato l’esistenza delle camere a gas.
Le reazioni imbarazzate dei rappresentanti della fraternità sacerdotale di San Pio X, che hanno definito le parole di Williamson «inopportune», e le loro inadeguate scuse rivolte al Papa, senza neanche una parola sulla Shoah o sugli ebrei, hanno costretto lo stesso Benedetto XVI a intervenire in prima persona. Molti commentatori ritengono che tutto questo sia il frutto di cattivi consiglieri che starebbero remando contro l’operato del Papa. A volte comunque le azioni valgono più delle parole. Nonostante i numerosi inviti, il Papa finora non ha visitato la sinagoga di Roma e non è andato in Israele. Potrebbe essere l’ora di fare il check in. Magari volando El Al, gli aerei con la stella di Davide sulle ali.

© Copyright Tempi, 3 febbraio 2009

Ricordiamo che il Papa ha visitato le sinagoghe di Colonia e di New York.
R.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

A che pro andare in Israele con questo clima ostile. Si vuole forse che che vada ad umiliarsi per colpe che non ha? Mi pare pretendere troppo da un uomo le cui posizioni sulla Shoah sono da sempre più che chiare.
Alessia

euge ha detto...

Hai ragione Alessia e ti dirò di più come si potrebbe mandare in Israele Papa Benedetto XVI con questo clima avvelenato? Quali garanzie avremmo per la sua sicurezza?
Io aspetterei tempi migliori se non altro perchè questi cambiano idea un giorno sì e l'altro pure. Come ci si potrebbe fidare di una simile situazione?

Anonimo ha detto...

Commovente e ironico il Commento dell'anziano Mons. Georg.

SHOAH: STAMPA TEDESCA, MERKEL HA FATTO BENE A CRITICARE IL PAPA

(ASCA-AFP) - Roma, 4 feb - Le critiche della cancelliera tedesca Angela Merkel alla decisione di Papa Benedetto XVI di revocare la scomunica al vescovo lefebvriano negazionista dell'Olocuasto Richard Williamson raccolgono il plauso della stampa del Paese.

I commenti del capo del governo tedesco, osserva il quotidiano Tageszeitung, sono stati ''insoliti, uno spettacolare intervento politico nel cuore degli affari di cui si occupa il papa. E si e' trattato di un intervento necessario''.

In un editoriale, Suddeutsche Zeitung, scrive che ''Angela Merkel, il cancelliere cristiano-democratico, ha ragione: abbiamo bisogno di una spiegazione cristallina da parte di Roma''.

Secondo il quotidiano, ''la delusione nei confronti del papa sta crescendo''.

L'editoriale di Bild accusa invece non il papa, ma chi gi ha suggerito di revocare la scomunica a Williamson.

''Santo Padre, ho pregato per lei ieri nella mia chiesa preferita. Non ho rancore nei suoi confronti o nei confronti di Dio. Ma ho anche pregato che Dio punisca tutti i suoi collaboratori'', si legge nell'articolo.

Ma c'e' anche stato chi ha difeso il pontefice, come suo fratello Georg. ''Non ha bisogno che io lo difenda. Ma mi infastidisce constatare quanto siano stupide e male informate le tante persone che lo stanno attaccando'', ha detto in un'intervista che sara' pubblicata domani del Leipziger Volksseitung.

Il vescovo Gregor Maria Hanke, citato dalla rivista Focus, ha difeso il papa ancora piu' strenuamente, affermando che le critiche delle Merkel sono ''incomprensibili e oltraggiose''.

mlp/cam/lv
Alessia

gemma ha detto...

non c'è fretta direi. Questa vicenda è stata una ferita anche per noi e sarebbe giusto che di tanto in tanto avesse valore anche la nostra, di sensiblità, senza rancore ma con cautela e tanta riflessione su un rapporto che da sempre ci chiede solo eterni mea culpa per colpe che storicamente sono state di tutti, credenti di varie confessioni e non.
Ecco cosa diceva il rabbino Rosen di quelle che lui evidentemente riteneva (e probabilmente ritiene ancora colpe della chiesa) alla fine degli anni 90. Credo che le dichiarazioni di Williamson, chiaramente sue personali e svincolate dal magistero papale, rappresentino solo un pretesto per riaccendere il fuoco che continua a covare sotto la cenere.

La Chiesa insegnò a disprezzarci
Repubblica — 18 marzo 1998 pagina 9 sezione: POLITICA ESTERA

GERUSALEMME - Un passo avanti, ma non ancora sufficiente: David Rosen, uno dei più autorevoli rabbini Ortodossi, alfiere della corrente progressista dell' ebraismo, giudica così il documento del Vaticano sull' Olocausto, dopo le infuocate proteste e polemiche che esso ha suscitato nella comunità ebraica mondiale. L' uomo che negoziò l' apertura delle relazioni diplomatiche fra Israele e Vaticano (e che doveva diventare il primo ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, ma fu rifiutato perchè la Curia preferiva un ambasciatore laico a un rabbino), auspica quindi un passo successivo: l' istituzione di una commissione internazionale di esperti, che indaghi negli archivi del Vaticano per ricostruire tutta la verità sulla Shoah. Rabbino Rosen, anche lei ritiene che quel documento meriti le critiche degli ebrei? "Ho sentimenti contrastanti. Da un lato sono deluso, mi aspettavo che il Vaticano arrivasse almeno a condividere le posizioni già espresse lo scorso anno dai vescovi francesi, magari senza arrivare a quelle ancora più esplicite dei vescovi tedeschi, ma insomma con una più franca ammissione delle responsabilità della Chiesa. Ma al tempo stesso, gli ebrei devono capire e ammettere che questo è un atto importante, un appello al pentimento, una presa di coscienza, una richiesta di perdono per gli errori commessi dai cristiani. Non basta ancora, ma non è poco". A un cattolico, in particolare a un cattolico italiano, non è sempre perfettamente chiaro perché e come la Chiesa si rese corresponsabile dell' Olocausto nazista... "Insegnando il disprezzo verso gli ebrei, diffondendo la tesi secondo cui gli ebrei sono un popolo rifiutato e maledetto da Dio, la Chiesa cattolica ha perpetrato per secoli sentimenti ostili verso gli ebrei e l' ebraismo, contribuendo a creare un clima di antisemitismo in Europa; per non parlare delle singole colpe di collaborazionisti cattolici, e del silenzio di Pio XII. è vero che il nazismo non è stato un movimento cristiano, bensì anti-cristiano e pagano, ma non avrebbe avuto lo stesso successo senza l' ondata di antigiudaismo e antisemitismo favoriti dall' atteggiamento della Chiesa". Giovanni Paolo II distingue tra antisemitismo, di cui la Chiesa non avrebbe colpa, e antigiudaismo, verso il quale ammette responsabilità. "è giusto, ma solo fino a un certo punto. L' antisemitismo è diventato una specifica ideologia nazista, ma l' antigiudaismo è servito da piattaforma di lancio per l' antisemitismo: esso ha consentito un consenso talvolta tacito, talvolta aperto, al sorgere dell' antisemitismo. E ciò andrebbe riconosciuto dal Vaticano". Molti ebrei volevano una chiara condanna del silenzio di Pio XII sull' Olocausto: era lecito aspettarselo? "No. Denunciare Pio XII avrebbe significato sconfessare il dogma dell' infallibità del Papa, cosa che non si poteva chiedere neppure a un pontefice rivoluzionario e coraggioso come Giovanni Paolo II. Chi chiede questo, non comprende la natura della Chiesa cattolica. Ma se oggi il Vaticano volesse fare un gesto conciliatore in tal senso, per così dire un altro passo avanti, potrebbe affidare a una commissione di esperti internazionali indipendenti un' indagine approfondita dei suoi archivi sull' Olocausto e sui rapporti tra cristiani ed ebrei, nell' interesse supremo della verità storica". Alcuni commentatori, in Italia, si domandano se il pontefice sia davvero soddisfatto del documento. Forse papa Wojtyla avrebbe detto di più, mentre la Curia vaticana è stata più cauta e conservatrice? "Spero che sia così. Mi auguro che Giovanni Paolo II, come ha promesso, voglia usare il Giubileo del 2000 per una riflessione sulle divisioni tra ebrei e cristiani e ne faccia veramente un ponte per avvicinare le due religioni". Allora crede che il Giubileo sarà l' anno della pace fra cristiani ed ebrei? "A mio parere, la pace è già un fatto compiuto. Ma per costruire insieme un nuovo futuro bisogna mettersi dietro le spalle le tragedie e gli errori del passato. Il Vaticano ha cominciato a farlo. Ora deve finire". - dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI