mercoledì 18 febbraio 2009

Chiesa-Ebrei il Tevere più stretto (Levi)


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Chiesa-Ebrei il Tevere più stretto

ARRIGO LEVI

Pace fatta, dunque, fra papa Benedetto e gli Ebrei. Il segno definitivo della ritrovata amicizia è venuto in occasione del caloroso incontro in Vaticano del Pontefice con i capi delle organizzazioni ebraiche americane diretti in Israele. «Anch’io - ha detto il Papa - mi sto preparando a visitare Israele, una terra che è santa per i cristiani e per gli ebrei». Speriamo non si adontino questa volta i musulmani: anche per loro Gerusalemme, da cui Maometto fu rapito in Cielo, è «El Quds», la Santa. Saranno comunque accontentati dal fatto che il Papa, ad Amman, pregherà (e non sarà la prima volta) in una moschea.
Riferiamo anche una voce che oggi corre a Roma: il Papa potrebbe accettare l’invito da tempo rivoltogli dal rabbino capo Di Segni di visitare la Grande Sinagoga romana prima di recarsi a metà maggio in Israele. Non c’è ancora una decisione, e può darsi che si preferisca che la visita romana avvenga dopo, e non prima di quella in Israele. In un caso o nell’altro, quando il «breve passo oltre Tevere» si farà, papa Ratzinger troverà sicuramente, nella finezza del suo spirito e nell’amicizia tante volte dimostrata per gli Ebrei, le parole giuste. Ai rabbini americani ha detto: «La nostra identità e ogni aspetto della nostra vita e del nostro culto sono intimamente legati all’antica religione dei nostri padri nella fede»: Non più «fratelli maggiori», come disse Giovanni Paolo II, ma «padri». La riflessione cattolica sull’Ebraismo si approfondisce.

Wojtyla e la Grazia solo nelle mani di Dio
A volte, se si compie un passo falso, la correzione che segue può essere particolarmente illuminante. Dopo il ritorno, nella preghiera per il Venerdì Santo restituta, dell’auspicio della conversione degli Ebrei, il compito di chiarire che queste parole non erano un appello a un’azione missionaria verso gli Ebrei era stato affidato all’ampio saggio del cardinale Kasper che abbiamo a suo tempo segnalato. Kasper aveva colto l’occasione per riprendere un concetto teologico caro a Wojtyla, spiegando che il «mistero imperscrutabile della grazia» è solo nelle mani di Dio: la Chiesa «non può affatto» assumerne la regia. Questo riconoscimento non vale soltanto per i rapporti fra la Chiesa e gli Ebrei. A me sembra che si riaprano implicitamente le porte a un dialogo non solo culturale ma religioso con i non cattolici: e forse perfino con noi laici, che ammettiamo di non credere in Dio. Un credente, convinto che ci sbagliamo, non può certo escludere che Dio creda in noi e ci conceda, a suo imperscrutabile giudizio, la Grazia.

Anche Benedetto è un papa post-conciliare

Successivamente c’era stato il caso del vescovo scismatico negatore della Shoah, prima riconosciuto, ma poi (per dirla con le parole del rabbino Di Segni) «messo in un cantuccio» dagli stessi lefebvriani; e la conferma delle autorità vaticane che se questi non riconosceranno in tutto e per tutto il Concilio Vaticano II rimarranno, anche se non più scomunicati, «fuori dalla Chiesa». Mi dispiace per quei vetero-cattolici che avevano annunciato con gioia che il grande Concilio era stato finalmente messo in un cantuccio, e ne sono invece lieto per tutti coloro, cattolici e non, per i quali la conferma del Concilio era il punto essenziale: il punto è stato chiarito. Anche papa Benedetto (si rassegnino i nostalgici) è un Papa post-conciliare.
È ora venuto l’annuncio del viaggio in Israele. Nel discorso alla delegazione americana papa Ratzinger è andato lontano. Ha ricordato, come immagine simbolica dell’impegno della Chiesa per una rinnovata amicizia con gli Ebrei, la preghiera del suo «amato predecessore» al Muro del pianto di Gerusalemme. E ha concluso: «Ora faccio mia la sua preghiera: “Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua progenie perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nella storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza. Per Cristo nostro Signore».
Il processo di revisione di due millenni di teoria e prassi della Chiesa sul rapporto con gli Ebrei sembra così compiuto e confermato. Ce ne rallegriamo per gli Ebrei. Ma prima ancora per la Chiesa. Perché (cito l’ultimo pensiero, l’ultima parola di saggezza di una persona che non c’è più, che mi era assai vicina), «è molto peggio essere dalla parte di chi commette ingiustizie che da quella di chi le subisce».

© Copyright La Stampa, 18 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

Che cosa accadrebbe se un intellettuale cattolico (ammesso che ce ne siano ancora in giro) scrivesse un editoriale del genere nei confronti di un rabbino?
Molte belle parole, ma sullo sfondo c'e' solo una frase
:

A volte, se si compie un passo falso, la correzione che segue può essere particolarmente illuminante...

Quindi e' il Papa ad avere commesso un passo falso ed a essersi corretto.
Siamo sempre alle solite...
Noto che anche noi Cattolici stiamo diventando molto suscettibili di fronte a certe affermazioni. Era ora!
Da notare la non troppo velata battuta sui Musulmani. Ricordiamo, inoltre, che il Papa non prego' nella Moscea Blu di Istanbul, ma ci fu un momento di riflessione. Le parole hanno la loro importanza per TUTTE le religioni
.
R.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

questo articolo mi sembra abbondi di parole inesatte oltre a quelle che hai già sottolineato tu, per cui mi permetto di aggiungere che:
- il concetto teologico dell'imperscrutabilità della Grazia divina non era caro solo a papa Wojtyla, ma si ritrova abbondantemente negli scritti del cardinale Ratzinger (basta leggere Il Sale della Terra), che, guarda caso, era la spalla teologica e dottrinale su cui Giovanni Paolo II ha deciso di appoggiarsi;
-il vescovo Williamson non è stato "riconosciuto" (nessuna medaglia d'oro), bensì "perdonato" per le questioni attinenti lo scisma e non certo per le sue opinioni negazioniste;
-la questione dei papi pre o post conciliari è assai mal posta perché come al solito sembra spaccare in due la storia della Chiesa, mentre se c'è un evento che ha diviso in due la storia dell'umanità e dei credenti quello è solo la venuta di Cristo, non certo un solo concilio ecumenico tra i tanti, per quanto avvenimento di indubbia rilevanza;
- (sommessamente) anche i cristiani, anche la Chiesa, sono stati e ancora oggi sono a volte dalla parte di chi le ingiustizie le subisce. Non vorrei che i numerosi mea culpa, giustissimi e doverosi, facessero però dimenticare che la storia della Chiesa non è solo una sequenza di errori dei suoi membri, poveri peccatori quali ci riconosciamo, ma è anche lo splendore della fede, l'esempio della vita dei santi, l'amore, la carità, la dedizione agli ultimi.

Anonimo ha detto...

gli ebrei sono sempre piu ridicoli,soprattutto quando si mascherano dietro le affermazioni di essere laici e non credenti come ARRIGO LEVI dice di essere.
questo articolo è solo il tentativo di gettare zizzania tra i cattolici e creare divisioni.
Non si illudano gli ebrei di rimanere nella perdizione con il nostro assenso,noi pregheremo sempre per la loro conversione.

euge ha detto...

Il Papa non ha fatto nessun passo falso come non lo fece a Ratisbona ed il viaggio in Israele, non è un viaggio riparatore come fu interpretato quello in Turchia. Quando leggo certi editoriali non sò se ridere, passare oltre oppure arrabbiarmi............
forse è meglio seguire l'insegnamento mai tramontato di Dante Alighieri:
" Non ti curar di loro ma...........etc. etc."