giovedì 19 febbraio 2009

Gordon Brown sull'Osservatore Romano: per i media inglesi è evento “unico” (Il Velino)


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Su segnalazione della nostra Mariateresa leggiamo:

POL - Brown sull'O. Romano, per i media inglesi è evento “unico”

Roma, 19 feb (Velino)

“Si tratta di una regola ferrea della politica britannica: tutto quello che Tony fa, Gordon lo fa meglio”.
Tagliente e ironico l’articolo uscito oggi sul Guardian di John Hooper che commenta l’editoriale del primo ministro britannico Gordon Brown uscito ieri sull’“Osservatore romano”, dal titolo “Crisi economica e sradicamento della povertà”.
Il giornalista inglese non usa mezzi termini: “Blair si era recato in Vaticano, ha incontrato il Papa e si è convertito al cattolicesimo.
Brown anche gli ha fatto visita, e pur essendo uno dei volti più noti della religione presbiteriana, non ha disdegnato ‘un abbraccio al papismo’”.
Il primo ministro, spiega il quotidiano, “ha fatto meglio di tutti e ha pubblicato un articolo sul giornale del Papa”. Più che sulle parole di Brown il Guardian punta sulla singolarità dell’evento, tant’è che si legge: “Una nota in coda all’articolo conferma a chi magari non ci crede che si tratta proprio del primo ministro britannico”. E a confermarlo sono le parole del direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, che ha dichiarato “di non era a conoscenza di nessun altro leader straniero che abbia contribuito al giornale”. “Con 148 anni di storia certo – ha detto al Guardian - è difficile essere sicuri al 100 per cento. Potrebbe essere ma certamente è un caso singolare”. Un gesto che per il giornalista inglese “la dice lunga sugli inaspettati e stretti legami tra Brown e la Santa Sede.
In effetti cosa unisca i due è una preoccupazione comune per il mondo in via di sviluppo e così fonti vicine al primo ministro dicono che si tratta più che altro del suo vivo apprezzamento per l’influenza che il Vaticano stesso ha a livello globale”. Il quotidiano ricorda infatti quando cinque anni fa lo stesso Brown si recò a Roma “per ottenere il sostegno del Papa per la sua International finance facility for immunisation”. E sull’editoriale pubblicato sul quotidiano della Santa Sede scrive anche il Times. Il giornale definisce quello di Brown un “gesto insolito” sottolineando che “è la prima volta che chi ricopre la carica di primo ministro ha avuto tale onore”.
Al Papa, si legge, il ministro “avrebbe anche donato in una precedente visita a Roma la raccolta di sermoni del padre, ministro della Chiesa di Scozia”. Durante l'attuale incontro tra i due, ricorda la testata britannica, oltre alle problematiche legate alla crisi mondiale si potrebbe anche discutere della prossima nomina dell’arcivescovo di Westminster, successore del cardinale Cormac Murphy O'Connor, capo della Chiesa Cattolica Romana in Inghilterra e nel Galles, che ha già superato l’età per il pensionamento obbligatorio fissata a 75 anni”.

© Copyright Il Velino, 19 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

Tutti noi non vediamo l'ora di sapere chi sara' il successore di Murphy O'Connor :-)
R.

Una sfida globale

Crisi economica e sradicamento della povertà

di Gordon Brown
Primo ministro britannico

Da Rio a Roma e da Lagos a Londra ci troviamo di fronte a una delle più grandi sfide economiche della nostra generazione. In quella che sarà probabilmente definita dagli storici come la prima crisi economica di livello davvero mondiale, le previsioni di crescita per il 2009 sono state ritoccate in quanto vicine allo zero, c'è un crollo del commercio e dei flussi di capitale e si sta estendendo la disoccupazione.
La crisi finanziaria ed economica minaccia l'occupazione e le prospettive delle famiglie di ogni Paese e di ogni continente. In tutta Europa, migliaia di persone si trovano improvvisamente senza lavoro e sono sempre più preoccupate per il proprio futuro. Ma si tratta di tendenze internazionali, che hanno impatto anche sui più poveri in Africa, Asia e altrove. Qui la crisi economica significherà fame per altri milioni di persone, meno istruzione e meno servizi sanitari. So che la Chiesa cattolica e Sua Santità condividono queste preoccupazioni. I Paesi più poveri vedono che ogni fonte di finanziamento del proprio sviluppo - esportazioni e domanda di derrate alimentari, commercio e project finance, aiuti, rimesse, flussi di capitale - è stata colpita dalla dimensione e dall'estensione senza precedenti di questa crisi.
Nel Regno Unito stiamo usando ogni mezzo a nostra disposizione perché la recessione sia per quanto possibile breve e poco profonda. Ma la recessione globale richiede una risposta globale, se vogliamo che le nostre misure abbiano successo. Il 2 aprile il G20 - cioè la riunione dei leader dei Paesi più grandi e più ricchi del mondo, che rappresentano oltre i due terzi della popolazione mondiale e il 90 per cento dell'economia globale - si riunirà a Londra per discutere questa risposta.
Riuscirci è di vitale importanza. Altrimenti, la recessione sarà più profonda, più lunga e colpirà un numero maggiore di persone. Se non risolveremo gli effetti della crisi, la Banca mondiale stima che da oggi al 2015 nel mondo in via di sviluppo altri 2, 8 milioni di bambini potrebbero morire prima di aver compiuto cinque anni. È come se l'intera popolazione di Roma morisse nei prossimi cinque anni.
Non ci potrebbero quindi essere ragioni morali più valide di queste. Ma non si tratta più solo di ragioni morali. Questa crisi ci ha dimostrato che non possiamo permettere che i problemi si aggravino in un Paese, poiché di riflesso il loro impatto sarà avvertito da tutti. È dunque nostro dovere comune far sì che le esigenze dei Paesi più poveri non siano un pensiero secondario, a cui si aderisce per obbligo morale o per senso di colpa. È ora di vedere i Paesi in via di sviluppo inseriti nelle soluzioni internazionali di cui abbiamo bisogno. Ed è fondamentale che queste soluzioni internazionali tengano conto dei Paesi in via di sviluppo.
La nostra risposta globale deve perciò in primo luogo prevedere finanziamenti maggiori, migliori e più rapidi da parte delle istituzioni finanziarie internazionali, che possano contribuire a salvaguardare gli investimenti nella sanità e nell'istruzione e a stimolare le economie. Uno stimolo internazionale funzionerà soltanto se avrà davvero carattere globale. Per troppo tempo solo i Paesi ricchi sono stati in grado di introdurre capitali nelle proprie economie nei periodi difficili. Questa volta deve essere diverso.
Ho già avviato colloqui con il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e altri organismi per elaborare proposte che, se accolte dal G20, potrebbero immettere miliardi di dollari nelle economie dei Paesi in via di sviluppo. Come secondo punto, sono necessarie riforme delle istituzioni finanziarie internazionali per dare più voce al mondo in via di sviluppo, rendendo le istituzioni più efficaci, legittime e sensibili. E come terzo punto, occorre trovare le vie per mobilitare le risorse a salvaguardia dei più poveri, come il Global Vulnerability Fund, che può essere mirato in modo specifico ai più poveri e più vulnerabili.
Per i cambiamenti climatici, inoltre, dobbiamo fare in modo che la crisi dell'economia non ci distolga dal far fronte a quella del clima. Dobbiamo cogliere il momento per garantire investimenti nelle industrie verdi che ci preparino per il futuro, invece di mettere a repentaglio le generazioni che verranno.
Dobbiamo inoltre cercare di mettere in moto il commercio internazionale. Sappiamo che rifugiarci nel protezionismo ci renderà tutti più poveri, ma questo è anche un momento di opportunità. Se sapremo sfruttare lo slancio politico per concludere l'accordo di Doha sul commercio, si valuta che l'economia mondiale potrebbe beneficiarne per 150 miliardi di dollari. La Santa Sede ha sostenuto con forza un accordo commerciale favorevole ai poveri, e io spero che questa voce sia finalmente ascoltata.
Come politico so che quando le religioni mobilitano le proprie risorse, ne viene vivamente avvertito l'impatto. Abbiamo appena assistito al ruolo preminente delle religioni nell'ambito della più larga alleanza formatasi per sostenere gli Obiettivi di sviluppo del millennio nell'Evento di alto livello dello scorso settembre a New York.
Valori religiosi, come la giustizia e la solidarietà - valori che affermano che i bambini poveri, come quelli ricchi, devono avere accesso a vaccini e medicinali - hanno portato Regno Unito e Santa Sede a sostenere insieme l'International Finance Facility for Immunisation e gli Advanced Market Commitment. L'acquisto da parte del Papa nel 2006 del primo bond per l'immunizzazione è stato espressione tangibile dell'impegno comune di Santa Sede e Regno Unito a favore dello sviluppo internazionale. Grazie a questo bond, sono stati raccolti oltre un miliardo e seicento milioni di dollari, e 500 milioni di bambini saranno immunizzati fra il 2006 e il 2015 - portando a cinque milioni i bambini salvati.
Lo scorso 18 giugno Papa Benedetto ha sollecitato attraverso il suo segretario di Stato una "risposta efficace alle crisi economiche che affliggono diverse regioni del pianeta" e l'attuazione di "un piano d'azione internazionale concertato volto a liberare il mondo dalla povertà estrema". Io sostengo questo appello. Il vertice di Londra ad aprile deve vederci rispondere alla sfida.

(©L'Osservatore Romano - 19 febbraio 2009)

I "bond del Papa" per l'impegno comune di Santa Sede e Regno Unito

Londra, 18. Oltre un miliardo e seicento milioni di dollari raccolti in poco più di due anni; più di un milione di vite salvate, soprattutto bambini di Paesi in via di sviluppo.
Sono gli straordinari risultati finora raggiunti con la sottoscrizione delle obbligazioni dell'International Finance Facility for Immunisation, conosciute anche come "bond del Papa". Come si ricorderà, infatti, l'obbligazione numero uno fu acquistata nel 2006 a nome del Pontefice dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, come espressione tangibile dell'impegno comune di Santa Sede e Regno Unito a favore dello sviluppo internazionale (cfr. "L'Osservatore Romano", 8 novembre 2006, p. 8; 17 febbraio 2008, p. 8).
Brown, all'epoca Cancelliere dello Scacchiere, aveva presentato il progetto nel luglio 2004 in occasione del convegno su "Povertà e globalizzazione: finanziamenti per lo sviluppo", organizzato dal dicastero vaticano. Successivamente, il 7 novembre 2006, a Londra l'emissione da parte della Banca mondiale dei bond per l'acquisto di vaccini salvavita in 72 Paesi del mondo. L'obiettivo è di immunizzare cinquecento milioni di persone entro il 2015.

(©L'Osservatore Romano - 19 febbraio 2009)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Grande notizia, qusto viaggio nel Regno Unito! L'Osservatore Romano dovrebbe sempre "coprire" eventi importanti come questi , disinteressandosi completamente di temi inconsistenti come il Festival di Sanremo, così eviterebbe coinvolgimenti in polemiche di basso livello, e in tal modo a noi sarebbe risparmiato di leggere notizie come questa più o meno "Bonolis replica all'Osservatore Romano, rispetti le idee e la vita (????!!!)degli altri"

euge ha detto...

Già cara Carla L'Osservatore Romano soprattutto ora dovrebbe evitare di cacciare il Papa e la chiesa in polemiche da quattro soldi come quella sul Festival di San Remo. Preferirei indubbiamente che parlasse di queste notizie oppure spiegasse come si deve tutto ciò che decide oppure insegna il Papa senza trascurare il momento difficile all'interno della chiesa. Ma forse chiediamo troppo.

Syriacus ha detto...

Sto seguendo le news di BBC world, e per ora di Brown neanche l'ombra... magari me le son perse...

Syriacus ha detto...

Quanto poi al Guardian, beh...


http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2009/feb/19/richard-williamson-lefebvre


Si commenta da solo.

gemma ha detto...

eccone un'altro (Bonolis) che si ritiene intoccabile e incriticabile! Vuole forse arrivare all'interrogazione parlamentare per una libera critca? Dispiace per lui ma questa della incriticabilità è una prerogativa ormai persa persino dal Papa e dallo stesso Presidente della Repubblica. Ma tiri a campare, che con quel che guadagna mi pare ne abbia a sufficienza...se ne faccia una ragione e accetti il gioco del circo mediatico che oggi (si, ma per quanto?) è tutto dalla sua parte e gli consente di alzare la vocina

Anonimo ha detto...

Credo che il declino della monarchia inglese, la prospettiva di un capo della loro chiesa come Carlo d'Inghilterra, la perdita della supremazia WASP negli USA, il crollo della Sterlina e dell'econimia, i gravi problemi sociali e la crisi d'identità del Paese(compreso il parziale riconoscimento giuridico della Sharja!), siano tutti elementi che preoccupino non poco gli Inglesi circa i destini della (ex?)potenza britannica.
Una certa attenzione al Papa potrebbe dipendere da questi fattori?
Ricordiamo anche che gli Anglicani credono alla Madonna e nella presenza reale di Cristo nell'Eucarestia.