martedì 3 marzo 2009
Summi pontificatus (prima enciclica di Pio XII): L'uomo toglie Dio di mezzo e si fa buio su tutta la terra (Osservatore Romano)
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Nella prima enciclica la guerra e le sue cause profonde
L'uomo toglie Dio di mezzo e si fa buio su tutta la terra
La Summi pontificatus fu la prima enciclica di Pio XII e riflette le linee programmatiche del nuovo pontificato. Essa reca la data del 20 ottobre 1939, quando la seconda guerra mondiale era scoppiata da due mesi. Ne pubblichiamo un estratto.
All'inizio del cammino, che conduce all'indigenza spirituale e morale dei tempi presenti, stanno i nefasti sforzi di non pochi per detronizzare Cristo, il distacco dalla legge della verità, che egli annunziò, dalla legge dell'amore, che è il soffio vitale del suo regno. Il riconoscimento dei diritti regali di Cristo e il ritorno dei singoli e della società alla legge della sua verità e del suo amore sono la sola via di salvezza.
Nel momento in cui, venerabili fratelli, scriviamo queste righe, Ci giunge la spaventosa notizia, che il terribile uragano della guerra, nonostante tutti i Nostri tentativi di deprecarlo, si è già scatenato. La Nostra penna vorrebbe arrestarsi, quando pensiamo all'abisso di sofferenze di innumerevoli persone, a cui ancora ieri nell'ambiente familiare sorrideva un raggio di modesto benessere. Il Nostro cuore paterno è preso da angoscia, quando prevediamo tutto ciò che potrà maturare dal tenebroso seme della violenza e dell'odio, a cui oggi la spada apre i solchi sanguinosi. Ma proprio davanti a queste apocalittiche previsioni di sventure imminenti e future, consideriamo Nostro dovere elevare con crescente insistenza gli occhi e i cuori di coloro, in cui resta ancora un sentimento di buona volontà verso l'Unico da cui deriva la salvezza del mondo, verso l'Unico, la cui mano onnipotente e misericordiosa può imporre fine a questa tempesta, verso l'Unico, la cui verità e il cui amore possono illuminare le intelligenze e accendere gli animi di tanta parte dell'umanità, immersa nell'errore nell'egoismo, nei contrasti e nella lotta, per riordinarla nello spirito della regalità di Cristo.
Forse - Dio lo voglia - è lecito sperare che quest'ora di massima indigenza sia anche un'ora di mutamento di pensiero e di sentire per molti, che finora con cieca fiducia incedevano per il cammino di diffusi errori moderni, senza sospettare quanto fosse insidioso e incerto il terreno su cui si trovavano. Forse molti, che non capivano l'importanza della missione educatrice e pastorale della chiesa, ora ne comprenderanno meglio gli avvertimenti, da loro trascurati nella falsa sicurezza di tempi passati. Le angustie del presente sono un'apologia del cristianesimo, che non potrebbe essere più impressionante. Dal gigantesco vortice di errori e movimenti anticristiani sono maturati frutti tanto amari da costituire una condanna, la cui efficacia supera ogni confutazione teorica.
Ore di così penosa delusione sono spesso ore di grazia: un "passaggio del Signore" (Esodo, 12, 11), in cui alla parola del Salvatore: "Ecco, io sto alla porta e busso" (Apocalisse, 3, 20) si aprono le porte, che altrimenti sarebbero rimaste chiuse. Dio sa con quale amore compassionevole, con quale santa gioia il Nostro cuore si volge a coloro che, in seguito a simili dolorose esperienze, sentono in sé nascere il desiderio impellente e salutare della verità, della giustizia e della pace di Cristo. Ma anche per coloro, per i quali non è ancora suonata l'ora della suprema illuminazione, il Nostro cuore non conosce che amore e le Nostre labbra non hanno che preghiere al Padre dei lumi, perché faccia splendere nei loro animi indifferenti o nemici di Cristo un raggio di quella luce, che un giorno trasformò Saulo in Paolo, di quella luce che ha mostrato la sua forza misteriosa proprio nei tempi più difficili per la chiesa.
Una presa di posizione dottrinale completa contro gli errori dei tempi presenti può essere rinviata, se occorrerà, ad altro momento meno sconvolto dalle sciagure degli esterni eventi: ora Ci limitiamo ad alcune fondamentali osservazioni.
Il tempo presente, venerabili fratelli, aggiungendo alle deviazioni dottrinali del passato nuovi errori, li ha spinti a estremi, dai quali non poteva seguire se non smarrimento e rovina. Innanzitutto è certo che la radice profonda e ultima dei mali che deploriamo nella società moderna sta nella negazione e nel rifiuto di una norma di moralità universale, sia della vita individuale, sia della vita sociale e delle relazioni internazionali; il misconoscimento cioè, così diffuso ai nostri tempi, e l'oblio della stessa legge naturale.
Questa legge naturale trova il suo fondamento in Dio, creatore onnipotente e padre di tutti, supremo e assoluto legislatore, onnisciente e giusto vindice delle azioni umane. Quando Dio viene rinnegato, rimane anche scossa ogni base di moralità, si soffoca, o almeno si affievolisce di molto, la voce della natura, che insegna, persino agli indotti e alle tribù non pervenute a civiltà, ciò che è bene e ciò che è male, il lecito e l'illecito, e fa sentire la responsabilità delle proprie azioni davanti a un Giudice supremo.
Orbene, la negazione della base fondamentale della moralità ebbe in Europa la sua originaria radice nel distacco da quella dottrina di Cristo, di cui la cattedra di Pietro è depositaria e maestra; dottrina che un tempo aveva dato coesione spirituale all'Europa, la quale, educata, nobilitata e ingentilita dalla croce, era pervenuta a tal grado di progresso civile da diventare maestra di altri popoli e di altri continenti. Distaccatisi invece dal magistero infallibile della chiesa, non pochi fratelli separati sono arrivati fino a sovvertire il dogma centrale del cristianesimo, la divinità del Salvatore, accelerando così il processo di spirituale dissolvimento.
Narra il santo vangelo che quando Gesù venne crocifisso, "si fece buio per tutta la terra" (Matteo, 27, 45): spaventoso simbolo di ciò che avvenne e continua ad avvenire spiritualmente dovunque l'incredulità, cieca e orgogliosa di sé, ha di fatto escluso Cristo dalla vita moderna, specialmente dalla vita pubblica, e con la fede in Cristo ha scosso anche la fede in Dio. I valori morali, secondo i quali in altri tempi si giudicavano le azioni private e pubbliche, sono andati, per conseguenza, come in disuso; e la tanto vantata laicizzazione della società, che ha fatto sempre più rapidi progressi, sottraendo l'uomo, la famiglia e lo stato all'influsso benefico e rigeneratore dell'idea di Dio e dell'insegnamento della chiesa, ha fatto riapparire anche in regioni, nelle quali per tanti secoli brillarono i fulgori della civiltà cristiana, sempre più chiari, sempre più distinti, sempre più angosciosi i segni di un paganesimo corrotto e corruttore: "Quand'ebbero crocifisso Gesù si fece buio".
Molti forse nell'allontanarsi dalla dottrina di Cristo, non ebbero piena coscienza di venire ingannati dal falso miraggio di frasi luccicanti, che proclamavano simile distacco quale liberazione dal servaggio in cui sarebbero stati prima ritenuti; né prevedevano le amare conseguenze del triste baratto tra la verità, che libera, e l'errore, che asservisce; né pensavano che, rinunziando all'infinitamente saggia e paterna legge di Dio, all'unificante ed elevante dottrina di amore di Cristo, si consegnavano all'arbitrio di una povera mutabile saggezza umana: parlarono di progresso, quando retrocedevano; di elevazione, quando si degradavano; di ascesa alla maturità, quando cadevano in servaggio; non percepivano la vanità d'ogni sforzo umano per sostituire la legge di Cristo con qualche altra cosa che la uguagli: "Divennero fatui nei loro ragionamenti" (Romani, 1, 21).
Affievolitasi la fede in Dio e in Gesù Cristo, e oscuratasi negli animi la luce dei princìpi morali, venne scalzato l'unico e insostituibile fondamento di quella stabilità e tranquillità, di quell'ordine interno ed esterno, privato e pubblico, che solo può generare e salvaguardare la prosperità degli stati.
Certamente, anche quando l'Europa era affratellata da identici ideali ricevuti dalla predicazione cristiana, non mancarono dissidi, sconvolgimenti e guerre, che la desolarono; ma forse non si sperimentò mai più acutamente lo scoramento dei nostri giorni sulla possibilità di comporli, essendo allora viva quella coscienza del giusto e dell'ingiusto, del lecito e dell'illecito, che agevola le intese, mentre frena lo scatenarsi delle passioni e lascia aperta la via a una onesta composizione. Ai nostri giorni, al contrario, i dissidi non provengono soltanto da impeto di passione ribelle, ma da una profonda crisi spirituale, che ha sconvolto i sani principi della morale privata e pubblica.
(©L'Osservatore Romano - 2-3 marzo 2009)
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