sabato 6 dicembre 2008
Alessio II, verso Roma tra aperture e freni (Geninazzi)
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Verso Roma tra aperture e freni
Malgrado le accuse di proselitismo alla Chiesa cattolica e i problemi legati alla questione dell’uniatismo, credeva nel valore del dialogo
DI LUIGI GENINAZZI
Era diventato ormai una specie di ritornello che il patriarca di Mosca ripeteva ogni volta che gli veniva chiesto quali fossero i suoi rapporti con la Chiesa di Roma. «Noi siamo aperti al dialogo con i cattolici ma ci sono due grossi ostacoli: il proselitismo e l’uniatismo». L’attività dei missionari cattolici nell’ex impero dell’ateismo e l’uscita dalle catacombe della Chiesa greco-cattolica, ortodossa nei riti ma ubbidiente al Papa , erano i due grossi crucci del patriarca. Eletto a capo della Chiesa russa nel 1990, dopo gli anni delle persecuzioni sovietiche, Alessio II si trovò a gestire una fase del tutto nuova e imprevedibile di grande libertà religiosa, con le inevitabili frizioni tra le diverse comunità di fedeli. Ma l’immagine diffusa dai mass-media di fiero oppositore della Chiesa cattolica non corrisponde pienamente alla figura del patriarca Alessio. Lui credeva davvero alla possibilità del dialogo e lo praticò dentro i limiti che gli erano permessi, tenendo conto dei pesanti condizionamenti di un Sinodo in maggioranza diffidente nei riguardi dei cattolici.
L’anno di svolta fu il 1997. Tutto sembrava ormai pronto per lo storico incontro tra il Patriarca di Mosca ed il Papa di Roma che si sarebbe dovuto realizzare in campo neutro, a Vienna. Una prima assoluta dai tempi dello scisma d’Oriente. Ma ecco che il Sinodo, l’organismo che riunisce tutti i vescovi ed è il supremo organo decisionale della Chiesa ortodossa russa, si mette di traverso. All’ultimo momento da San Danilo, sede del Patriarcato di Mosca (il cosiddetto «Vaticano rosso»), arriva la doccia fredda con l’improvvisa cancellazione dell’incontro.
Negli stessi giorni scoppia una furibonda polemica a proposito della legge sulla libertà di culto, fortemente restrittiva nei riguardi dei cattolici. La Duma l’approva, il Patriarcato la sostiene ma il presidente Eltsin la boccia attirandosi le ire di Alessio II. Con il Vaticano inizia la stagione del grande freddo. Nel giugno del 2001 Giovanni Paolo II («il Papa polacco» come viene chiamato con malcelata ostilità dagli ortodossi russi) visita l’Ucraina, acclamato dai greco-cattolici ed anche dalle Chiese ortodosse locali che si sono dichiarate autonome da Mosca. Ma dal Patriarcato russo giungono duri avvertimenti e fosche minacce di rottura.
Lo scontro ha il suo culmine nel 2002, allorché la Santa Sede istituisce quattro diocesi nella Federazione Russa.
Per Alessio si tratta di un grave affronto, «un’invasione del territorio canonico appartenente alla Chiesa ortodossa».
Nonostante le dichiarazioni concilianti del metropolita Kirill (uno dei candidati alla successione del patriarca defunto) i rapporti tra cattolici e ortodossi russi restano molto freddi anche se non vengono mai interrotti.
Negli anni seguenti ci sono alcuni timidi segnali di disgelo che dopo l’elezione a Pontefice di Joseph Ratzinger diventano sempre più evidenti. Il Patriarcato di Mosca ha via via ammorbidito le tradizionali accuse di proselitismo contro i cattolici ed in più occasioni ha espresso la sua vicinanza a Benedetto XVI con cui afferma di trovarsi in sintonia teologica e pastorale.
«Alessio II è stato una persona che ha sempre mostrato grande amabilità e attenzione nei riguardi della mia missione », ricorda monsignor Antonio Mennini, nunzio apostolico a Mosca dal 2002 ed artefice del riavvicinamento tra il Patriarcato ed il Vaticano. Negli ultimi tempi ci sono stati scambi affettuosi di messaggi tra Alessio II e papa Ratzinger, mentre le recenti visite a Mosca del cardinale Dionigi Tettamanzi di Milano e del cardinale Crescenzio Sepe di Napoli hanno segnato la ripresa di un dialogo sincero e cordiale. E domani tutta la comunità cattolica moscovita si ritroverà insieme per celebrare una Messa in suffragio del patriarca scomparso.
© Copyright Avvenire, 6 dicembre 2008
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