martedì 9 dicembre 2008

I dubbi di Pio XII: "Ma sul nazismo il silenzio è giusto?" Giacomo Galeazzi intervista Mons. Capovilla


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I dubbi di Pio XII: "Ma sul nazismo il silenzio è giusto?"

L’ex segretario Capovilla spiega: «Pacelli gli chiese consiglio sugli ebrei»

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’DEL VATICANO

Arcivescovo Loris Capovilla, segretario personale di Giovanni XXIII. A cosa si riferiva Pio XII quando chiese consiglio a Roncalli sul “silenzio circa il contegno del nazismo”?

«Alla persecuzione degli ebrei. In Vaticano arrivavano gravi informazioni, soprattutto dalla Polonia occupata dai tedeschi. Pio XII aveva il dubbio che, parlandone, avrebbe peggiorato la situazione. “Accontento una parte, ma l’altra non capirebbe”. Interpellò Roncalli, delegato pontificio a Istanbul, del quale aveva stima. Dell’Acqua mi raccontò che, di fronte a una richiesta, Pio XII rispose: “Solitamente non concediamo questo, ma come si fa a dire di no a Roncalli?».

Da papa apprezza il conservatore Siri. Perché?

«Giovanni XIII trovò Siri presidente della Cei e lo confermò nell’incarico. Aveva ampiezza di vedute verso l’opposizione e la resistenza ai suoi piani e desideri. Non dubitò mai della buona fede degli oppositori. Anzi li scusava, cercava di spiegarne le azioni e di trattarli con indulgenza e carità fraterne. “Possono esserci divergenze di strategia, ma siamo d’accordi sui pilastri”, ripeteva. Il 5 febbraio ‘59 accolse in Vaticano anche don Primo Mazzolari, definendolo la “tromba dello Spirito Santo della bassa padana”, malgrado le sue critiche ad una Chiesa che voleva “dei poveri e ricca solo d’amore”. Non era l’uomo delle facili illusioni. Non vedeva immediata l’unità dei cristiani, ma si incamminò in quella direzione. Il laico Mauriac lo vide aprire il Concilio scendendo dal trono per dire: “la mia persona conta niente” e capì che “aveva aperto una fessura” attraverso cui passa lo spirito».

Perché Roncalli definisce Hitler «un anormale d’eccezione»?

«Hitler agiva talmente fuori dalle norme da essere inclassificabile. E’ uno dei pochi giudizi negativi nei diari. Per prudenza e delicatezza Roncalli usa formule tipo “mi dicono”. Come quando riceve il capo del Sant’Uffizio, Ottaviani che gli riferisce su Padre Pio e annota: “Se risponde a verità quanto mi è stato detto, siamo al disastro”. Se gli esprimevo un parere, mi rispondeva: ”Andiamoci cauti, ho bisogno di sentire più di un giudizio”. Lui la Curia la conosceva fino a un certo punto. Sapeva che la Chiesa non è stata affidata agli angeli ma agli uomini. Scelse Tardini come Segretario di Stato e gli disse “Voi qui al centro avete tanti mezzi, ma un povero nunzio come fa?». Non dimenticava gli anni in Bulgaria e a Parigi, le questioni dei preti operai e di Teilhard de Chardin gestite non da lui, ma dal Sant’Uffizio. In Francia parlava di fede con Saragat e la moglie, conobbe De Gasperi alla conferenza di pace. Da Papa definì Moro “statista di primo piano” e aveva un filo diretto con Fanfani attraverso Dell’Acqua. Se oggi Obama è presidente è anche perché lui nel ‘60 creò il primo cardinale nero».

© Copyright La Stampa, 9 dicembre 2008 consultabile online anche qui.

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