mercoledì 17 dicembre 2008

Padre Sale: Da Fini analisi sconcertante, così si ignora l'opposizione di Pio XI (Bobbio)


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Analisi sconcertante, così si ignora l'opposizione di Pio XI

Non vuole fare polemiche con il presidente Fini. Ma dice che la sua analisi è «sconcertante» e «sottovaluta gli studi recenti, basati sulla documentazione dell'Archivio segreto vaticano». E lui, quell'archivio, lo conosce bene. Padre Giovanni Sale, gesuita e storico della «Civiltà Cattolica», ha letto tutte le carte, smentisce Fini e ricostruisce con i fatti l'opposizione di Pio XI alle leggi razziali italiane del 1938.

Padre Sale, perché lei insiste su Pio XI?

«Perché Pio XI fu la sola personalità pubblica che si oppose apertamente a Mussolini per la sua politica antisemita e razzista. Sappiamo dalle fonti storiche che il duce era molto risentito con il Papa, al punto di accusarlo di tirare troppo la corda con lui».

E il resto della Chiesa italiana?

«Vari prelati, anche vaticani, assunsero posizioni più dialoganti e cercarono di comprendere le ragioni del regime, spiegando che il razzismo italiano era diverso da quello anticristiano del nazismo. Ma il Papa fu nettamente contrario».

Quando parla per la prima volta Pio XI?

«Il giorno stesso della pubblicazione del Manifesto della razza, cioè il 15 luglio 1938. Riceve le suore del Cenacolo e le mette a parte delle sue preoccupazioni. Dice che "si tratta ormai di una vera e propria apostasia". E una settimana dopo, il 21 luglio, parlando a 150 assistenti ecclesiastici dei giovani dell'Azione cattolica, rincara la dose e afferma che "cattolico vuol dire universale, non razzistico, nazionalistico e separatistico. Queste ideologie non soltanto non sono cristiane, ma finiscono con il non essere neppure umane". E da quel giorno è un crescendo, perché per Pio XI quello del razzismo era il tema più scottante del momento».

Ci sono testimonianze?

«C'è quella del gesuita americano Lafarge. Era stato incaricato dal Papa, il 22 giugno, di scrivere un'enciclica contro il razzismo. Lafarge un una lettera riferisce che il Papa era angustiato, quel tema "girava e rigirava nella sua mente". L'enciclica doveva essere intitolata "Humani generis unitas", ma non fu mai pubblicata, perché la morte di Pio XI l'anno dopo impedì che venisse corretta. Ma nella bozza si trova una condanna esplicita dell'antisemitismo».

Qual è stato il più alto punto di rottura?

«Il discorso agli studenti di Propaganda Fide del 28 luglio. Il Papa si chiedeva come mai l'Italia aveva avuto bisogno di imitare la Germania nazista sul razzismo. Mussolini si indispettì moltissimo e chiese a Ciano, ministro degli Esteri, di convocare il nunzio per esprimergli la disapprovazione del governo italiano. E il giorno dopo a Forlì a un gruppo di giovani fascisti rispose indirettamente al Papa: "Sappiate, e ognuno sappia, che nella questione della razza noi tireremo diritti". È evidente il riferimento a Pio XI».

E il nunzio come risponde a Ciano?

«Il nunzio era monsignor Borgoncini Duca. Teneva un diario e riferisce di un colloquio burrascoso. Ciano lo investì: "Monsignore, dove andiamo? Il duce questa mattina mi ha chiamato irritatissimo". Poi Ciano si calmò e cercò di affrontare la questione degli ebrei in modo più diplomatico, facendo leva sulla sensibilità cattolica, che all'epoca era segnata da un marcato antigiudaismo. Ma il nunzio ci fa capire che, nonostante la riservatezza di Ciano, il governo era intenzionato a procedere sugli ebrei con una certa durezza. Non sappiamo se il diplomatico vaticano riferì al Papa e cosa il Papa gli disse».

Il discorso del 28 da chi viene pubblicato?

«La stampa del governo lo ignora. Viene pubblicato da qualche giornale cattolico. E il governo s'arrabbia. Il 4 agosto invia ai prefetti una nota nella quale richiama i direttori dei giornali cattolici a pubblicare commenti contenuti. Poi il 6 vieta di pubblicare "l'allocuzione pontifica del 28 luglio". La Segreteria di Stato l'8 agosto, con una nota firmata da monsignor Montini, così informa la delegazione pontificia negli Usa dei provvedimenti contro la stampa cattolica per evitare che all'estero si diffonda l'impressione che la Santa Sede sia complice del regime fascista sulle leggi razziali. Il discorso viene pubblicato all'estero e l'Alleanza israelitica mondiale ringrazia il Papa per la condanna delle leggi razziali italiane».

E Mussolini?

«Si altera e arriva, parlando con alcuni dei suoi collaboratori, ad augurarsi la morte del Papa».

Ma poi tenta un accordo segreto.

«Sì. Ci lavorano la Curia e la diplomazia vaticana con padre Tacchi Venturi, fiduciario della Santa Sede preso il duce. Viene firmato il 16 agosto. È un compromesso per evitare altre tensioni. Ma in esso si legge che il desiderio del capo del governo è che la stampa cattolica e i predicatori si astengano dal trattare il problema razzista».

E il Papa che fa?

«Va avanti nella sua solitaria lotta contro le ideologie totalitarie. E quando, all'inizio di settembre, Mussolini fa approvare il primo provvedimento antiebraico, cioè l'espulsione degli ebrei dalle scuole, Pio XI, il 6 settembre, a un gruppo di pellegrini belgi tiene un memorabile discorso contro il razzismo e l'antisemitismo. Ma nessun giornale ne dà conto. Lo pubblica invece, integrale, la "Documentation Catholique", stenografato mentre il Papa parlava. Pio XI dice che "l'antisemitismo è un movimento odioso con il quale noi cristiani non abbiamo nulla a che fare. Non è lecito che i cristiani prendano parte all'antisemitismo. Spiritualmente siamo tutti semiti". Mai un Papa aveva parlato così. La Segretaria di Stato invece è prudente. Sull'"Osservatore Romano" il discorso viene purgato dalle frasi sugli ebrei. Ma il Papa non cede e il 9 settembre convoca padre Tacchi Venturi e gli detta un messaggio da trasmettere Mussolini: "Il Santo Padre come italiano si rattrista veramente di vedere dimenticata tutta una storia di buon senso italiano, per aprire la porta o la finestra a un'ondata di antisemitismo tedesco". Pio XI, insomma, ha provato fino in fondo a bloccare il duce».

E la reazione qual è stata alla fine?

«I gerarchi fascisti non hanno avuto più remore. Farinacci, il ras di Cremona, in un'intervista al giornale delle SS, dice che "il fascismo realizzerà ognuna delle sue intenzioni senza badare al Papa". Ma anche Pio XI non cede e fa recapitare una nota di protesta attraverso la Segreteria di Stato al governo italiano per le frasi irrispettose e offensive pronunciate da Farinacci verso "l'augusta persona del Santo Padre".
Il presidente della Camera non può ignorare tutto questo».
Al. Bo.

© Copyright Eco di Bergamo, 17 dicembre 2008

2 commenti:

gemma ha detto...

non credo che nessuno intenda impedire a Fini di esprimere le proprie opinioni, anche su eventuali responsabilità della Chiesa. La questione è se il presidente della Camera sia la persona più adatta per farlo, in un contesto pubblico e in assenza di alcun contraddittorio. Certe considerazioni avrebbero potuto starci in un dibattito, alla presenza anche di uomini di Chiesa con cui interloquire.
In questo momento Fini ricopre una carica istituzionale e mi chiedo se con la stessa disinvoltura avrebbe condannato pubblicamente la responsabilità della Turchia per il genocidio degli armeni senza preoccuparsi delle incomprensioni diplomatiche (nella migliore delle ipotesi) che avrebbero potuto scaturirne.

Anonimo ha detto...

fini si sarà anche sbagliato, ma pio XI rimane il papa che scese a patti con un regime violento e autoritario come quello fascista per avere quel po' di terra in mezzo a roma.

nel 1929 matteotti era morto già da 5 anni... e ne ho citato uno