mercoledì 18 febbraio 2009

"Torna lo spettro dell’eugenetica" (Tornielli)


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"Torna lo spettro dell’eugenetica"

di Andrea Tornielli

Roma - L’eugenetica, bandita dalla porta della storia come orrendo tentativo di creare razze «superiori», rischia di rientrare dalla finestra grazie ai grandi interessi economici. Ingentilita nel nome, imbellettata di buona pubblicità, ma uguale nella sostanza. È l’allarme che ha lanciato ieri l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, presentando il congresso su «Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica» che si terrà il 20 e il 21 febbraio in Vaticano.

La mappatura del genoma umano, l’estensione delle possibilità di test genetici, sono risultati scientifici importanti. Ma, spiega Fisichella, «non è tutto oro quello che appare». E denuncia «il rischio di una deriva della genetica». «Il termine eugenetica – continua l’arcivescovo – sembra relegato al passato e il solo richiamo terminologico fa inorridire. Come spesso succede, tuttavia, un sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici fa perdere di vista i veri pericoli».

Così, mentre nelle società democratiche «sembra non esserci più posto» per l’eugenetica, questa ricompare «nella pratica in tutta buona coscienza», magari con «il volto consolatorio di chi vorrebbe migliorare fisicamente la specie umana» e si esprima in progetti scientifici, medici, sociali e politici in nome di «una normalità di vita che rimane tutta da definire». Si finisce così per considerare che ci siano «persone che hanno meno valore di altre, sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione, sia a causa della loro condizione fisica ad esempio per i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto stato vegetativo, le persone anziane con gravi patologie». Senza una coscienza etica che cresca e progredisca di pari passo alle conquiste della scienza e della tecnica, ci si avvia, ha spiegato l’arcivescovo, verso «un futuro carico di incertezze».

Un esempio di mentalità eugenetica è stato proposto da monsignor Ignacio Carrasco De Paula, cancelliere dell’Accademia per la vita, che ha ricordato i rischi dell’utilizzo dei test genetici «in ambito lavorativo (selezione del personale), assicurativo, bancario» e ha detto che «nessuno deve essere oggetto di discriminazioni basate sulle proprie caratteristiche genetiche».

Alla conferenza stampa di presentazione del convegno è intervenuto anche il genetista italiano Bruno Dalla Piccola, che ha denunciato l’uso deformato della genetica per fini commerciali e ha spiegato che i fattori ambientali influiscono sui geni e che tutti «condividiamo un numero straordinario di mutazioni» e di imperfezioni genetiche che però non portano poi a sviluppare malattie. Per questo, ha affermato, la mappatura del genoma umano e la scoperta di mutazioni che potenzialmente predispongono a certe malattie potrebbe indurre «milioni di persone non ammalate» a «vivere nell’attesa della comparsa di qualche sintomo, oppure a organizzare la loro esistenza in funzione di visite mediche o di analisi periodiche di laboratorio, fino a far sentire molte persone ammalate o a sviluppare sintomi psicosomatici». Mentre in moltissimi casi, nonostante diagnosi prenatali infauste, da gravidanze portate a termine sono nati bambini normali. «C’è dunque bisogno – ha concluso il professore – di governare la ricerca e la sua applicazione».
Risponendo a una domanda sul caso di Eluana, infine, monsignor Fisichella ha ribadito che la Chiesa non considera terapie l’idratazione e l’alimentazione «perché elementi basilari per la vita di una persona».

© Copyright Il Giornale, 18 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

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