venerdì 13 marzo 2009
Card. Cottier sulla lettera del Papa ai vescovi: una vicenda che darà frutti spirituali (Rosoli)
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BENEDETTO XVI REVOCA LA SCOMUNICA AI VESCOVI LEFEBVRIANI: LO SPECIALE DEL BLOG
LETTERA DI PAPA BENEDETTO XVI AI VESCOVI CATTOLICI SULLA REMISSIONE DELLA SCOMUNICA DEI QUATTRO VESCOVI CONSACRATI DA MONS. LEFEBVRE: LO SPECIALE DEL BLOG
Su segnalazione di Arianna leggiamo:
l’intervista
Il teologo emerito della Casa Pontificia: «La lettera del Papa è un gesto nobile che ribadisce, nella fedeltà al Concilio, la collegialità episcopale. E la vera natura della Chiesa»
Cottier: una vicenda che darà frutti spirituali
DI LORENZO ROSOLI
La lettera del Papa «mi ha dato una grande gioia. Mi ha colpito per l’umiltà, la modestia e la grande nobiltà che rivela. E ha dissolto l’angoscia che gravava su di noi per il clima che s’era creato dopo la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani. Benedetto XVI ha messo una volta di più in evidenza che la sua autorità è spirituale, non umana».
Così il cardinale Georges Cottier, domenicano, teologo emerito della Casa Pontificia che partecipò come «esperto» al Vaticano II, rilegge per Avvenire il testo indirizzato dal Papa ai vescovi quale «parola chiarificatrice» sulla questione della revoca della scomunica e contributo alla «pace nella Chiesa».
Un gesto insolito e inedito, questa lettera?
Sì. Ma il Papa dev’essere libero di scegliere i mezzi più convenienti nel servizio alla Chiesa.
Perché si è rivolto ai vescovi e non a tutti i fedeli cattolici?
Benedetto XVI, nella sua fedeltà al Concilio, ha voluto ribadire l’importanza della collegialità episcopale. La remissione della scomunica ha sorpreso molti vescovi; alcuni fra loro – non certo con spirito di ribellione – hanno reagito con grande franchezza. Il Papa ha voluto confermare che non vuole fare niente senza i suoi vescovi. Lo stesso coinvolgimento della Congregazione della dottrina della fede non solo dice che la questione da affrontare ora è di natura dottrinale e non solo disciplinare, ma implica anche una sempre maggiore collegialità nell’affrontare la questione.
Qui sta uno dei «nodi» della lettera...
Sì. In essa il Papa chiarisce bene la distinzione fra scomunica, atto disciplinare, e l’aspetto dottrinale dell’adesione al Vaticano II e al magistero dei Pontefici che ne hanno fatto la propria bussola. La scomunica è un atto con finalità pedagogica, per aiutare un cammino di conversione. Averla rimessa è dunque un gesto in vista della piena reintegrazione dei vescovi ordinati da Lefebvre. I quali però, come la Fraternità San Pio X, devono aderire al Vaticano II. Il Concilio ecumenico è un atto eminente del Collegio episcopale guidato dal Papa. Rifiutarlo – come fanno loro – è gravissimo. Finché non saranno chiariti gli aspetti dottrinali, la Fraternità non avrà alcuno stato canonico nella Chiesa, né i suoi ministri potranno esercitare in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa. Queste distinzioni forse era meglio spiegarle prima alla gente. Gli esperti di teologia o di diritto canonico non ne hanno bisogno, ma i fedeli possono restare confusi e sconvolti. Dobbiamo pensare a questa vicenda come a un grave incidente di comunicazione. Il Papa lo ha riconosciuto con grande lealtà, com’è stato per la vicenda di Williamson affermando: sì, in Vaticano dobbiamo imparare a usare meglio Internet...
Il Papa ha ringraziato gli ebrei per aver aiutato a spazzare via ogni malinteso. È sorpreso?
No. Hanno capito – forse meglio di alcuni cattolici – che il Papa non era informato sul negazionismo di Williamson. Le parole di Benedetto XVI hanno chiarito che sul rapporto con l’ebraismo e sulla Shoah, la Chiesa non torna indietro.
C’è chi dice che la Chiesa ha cose più importanti dei lefebvriani di cui preoccuparsi. Che ne pensa?
Benedetto XVI, anche in questa lettera, ci ricorda che il primo compito della Chiesa è ridare alla gente il senso di Dio – la nuova evangelizzazione la chiamava Giovanni Paolo II. Perciò siamo chiamati ad annunciare e testimoniare la fede. E a dimostrare con i fatti che la Chiesa è comunione di carità. Da qui deriva la necessità dell’ecumenismo – movimento che i lefebvriani contestano. Ma da questo sforzo ecumenico – che è nella logica della missione della Chiesa – nemmeno i lefebvriani possono essere esclusi. Perciò il Papa stigmatizza quel bisogno del nemico, del capro espiatorio, che appare talvolta anche fra i cattolici.
Una lettera meditata e sofferta, questa?
Sì: ben costruita, meditata. E sofferta. Il Papa dimostra di essere ben informato sulle reazioni alla revoca della scomunica. Penso che abbia avuto momenti di grande solitudine. Ed è molto bello che recentemente abbia chiesto a tutti di pregare per lui e per la sua missione di custode e garante dell’unità e della comunione, nel collegio episcopale e in tutta la Chiesa. È un compito che sente e che vive con straordinaria intensità, fin dall’inizio del pontificato. In questa vicenda la sua sofferenza è stata grande perché con i suoi atti, più che portare verso l’unità, sembravano aprirsi spazi di divisione e confusione. Credo abbia vissuto un grande dramma spirituale. Invitando a pregare per lui, ci ha chiamati a rinnovare il nostro sguardo verso la Chiesa: che prima d’essere una realtà sociologica o istituzionale, è un mistero di fede, un luogo di santificazione, 'casa' dello Spirito. Perciò non può essere governata solo con mezzi umani: serve la preghiera. L’affidamento allo Spirito. E credo che questa vicenda darà dei frutti spirituali.
Il Papa infine ha citato la lettera di Paolo ai Galati, addolorato dal «mordersi e divorarsi » che ancor oggi c’è nella Chiesa...
Siamo chiamati a evitare tanto l’omologazione quanto la lacerazione conflittuale. Il mio maestro di teologia, il cardinale Journet, diceva che la frontiera della Chiesa attraversa i nostri cuori. È nella logica della carità, come insegnano i grandi santi, che la nostra libertà e le nostre differenze e peculiarità costruiscono comunione.
© Copyright Avvenire, 13 marzo 2009
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2 commenti:
Paternalista. Ma proprio "tecnicamente" , francamente, paternalista. Comunque meglio delle lacrime da coccodrillo di molti altri.
(Avete notato? Anno paolino = tutti si sentono come San Paolo con Pietro e i dissidi fra i due, etc... Tutti 'Paolo', non un 'Pietro' o altro Apostolo più 'assonante' con quest'ultimo...E vabbè, chiamiamola 'polifonia ecclesiale di comunione'.. -anche se sarei tentato di chiamarla 'cacofonia', talvolta.)
Scopro ora -ma sarei felice di venir smentito- che tutto quello che Avvenire oggi menziona della risposta da parte lefebvriana di ieri è: " Il superiore dei lefebvriani, monsignor Bernard Fellay, è tornato ieri a dirsi disponibile ad «affrontare il confronto dottrinale», ringraziando il Papa per aver «riportato il dibattito all’altezza dovuta, quella della fede». "
Penso che per gli scribi di Avvenire, mettere nero su bianco sulla Pravda-CEI l'espressione "Concilio alla luce della Tradizione", sarebbe stato un pò come 'tradire' la sua IDEOLOGIA.
Bene. Bene (e notate, l'accostamento titolistico del giornale della CEI fra "tranquillizza i fedeli" e "nessuno status canonico" . ..Che caritas! )
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