domenica 8 marzo 2009

I casi Williamson e Wilders: il diritto di dire parole odiose (Buruma)


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I CASI WILLIAMSON E WILDERS

Il diritto di dire parole odiose

DI IAN BURUMA

Il vescovo Richard Williamson ha idee molto bizzarre e francamente odiose: che gli ebrei non siano stati sterminati nelle camere a gas durante la Seconda guerra mondiale; che ad abbattere le Torri Gemelle, l'11 settembre 2001, non siano stati gli aerei dirottati dai terroristi, ma esplosivi americani; che gli ebrei siano intenzionati a dominare il mondo per «preparare il trono dell'Anticristo a Gerusalemme».
E questo non è che un assaggio di come la pensa su argomenti laici.

Su questioni di dottrina cattolica, le sue convinzioni sono parse talmente estranee alla Chiesa moderna da attirarsi la scomunica del Vaticano nel 1988, insieme ad altri membri ultraconservatori della Fraternità San Pio X, fondata da Marcel Lefebvre, simpatizzante del fascismo. Tra i sostenitori di Williamson c'è lo storico britannico David Irving, recentemente incarcerato in Austria per apologia del Nazismo. Il vescovo Williamson non è certo encomiabile.
Ma davvero merita di avere tutti contro? Per le dichiarazioni fatte alla televisione svedese è stata messa in discussione la riammissione alla Chiesa cattolica, già promessa da Papa Benedetto, e forse è meglio così. Ma di recente è stato anche espulso dall'Argentina, dove viveva, e minacciato di estradizione in Germania, dove ci si appresta a processarlo per aver negato l'Olocausto. Prendiamo adesso il caso di un'altra personalità assai controversa, il politico olandese Geert Wilders, al quale lo scorso mese è stato vietato l'ingresso in Gran Bretagna, dove intendeva presentare il suo cortometraggio, intitolato Fitna («Il male»), che dipinge l'Islam come una religione votata al terrorismo.
Tornato in Olanda, è stato accusato di «fomentare l'odio» contro i musulmani e sta per essere processato ad Amsterdam. Ha paragonato il Corano a Mein Kampf di Hitler e ha in programma di bloccare l'immigrazione dei musulmani nei Paesi Bassi. In realtà, l'espulsione dall'Inghilterra, così come l'imminente caso giudiziario, hanno accresciuto la popolarità di Wilders nei Paesi Bassi: un sondaggio ha rivelato che, se si votasse oggi, il suo partito populista anti-islamico, il PVV, otterrebbe venticinque seggi in parlamento.

Il motivo di questa impennata di popolarità, a parte la diffusa diffidenza verso i musulmani, è che Wilders ha coltivato con successo la sua immagine di paladino della libertà di parola. Questo principio, tra i diritti fondamentali delle democrazie liberali, ci impone di tollerare anche quelle opinioni che ci appaiono riprovevoli, ma fino a un certo punto. Il problema è fino a che punto. Le leggi che garantiscono la libertà di parola variano da Paese a Paese. Il negazionismo è considerato reato in diverse democrazie europee, come Francia, Germania e Austria. In molte altre vigono leggi che perseguono chi istiga alla violenza o all'odio.
In altre ancora, Paesi Bassi inclusi, è imputabile persino chi insulta deliberatamente il prossimo per motivi di religione o di razza. Le opinioni del vescovo Williamson saranno anche detestabili, ma processarlo per le sue interpretazioni storiche non sembra una soluzione sensata. Certo, merita di essere criticato, e anche deriso, ma non di finire in galera. Analogamente, sarebbe stato molto meglio concedere a Wilders di proiettare il suo film in Inghilterra, anziché vietarlo. Qualunque sia la nostra posizione riguardo le leggi contro l'istigazione all'odio e l'offesa personale, esse restano un'arma spuntata quando si tratta di espressione. Eppure questa libertà non è assoluta. Persino Wilders, con l'assurdo invito a bandire il Corano, è fermamente convinto che esistono limiti: ovviamente per i suoi oppositori, non per lui. D'altra parte, questi limiti non si prestano a definizioni esatte, perché dipendono da chi dice che cosa, e a chi, e in che contesto. Le idee di Williamson hanno fatto subito scalpore perché questo prelato, sconosciuto e scomunicato, stava per essere reintegrato dal Papa e ciò avrebbe conferito legittimità istituzionale alle sue opinioni personali. Nel caso di Wilders, invece, il fatto che sia un politico — e non un semplice cittadino — rischia di fomentare pericolosi pregiudizi contro una minoranza vulnerabile. Nella vita sociale è normale astenersi dall'esprimere giudizi e opinioni, senza andare a scomodare la legalità. L'intercalare dei ragazzi neri nelle metropoli americane avrebbe ben altro significato se utilizzato dai giovani bianchi. Ridicolizzare gli usi e costumi delle minoranze è molto diverso dal prendere in giro le tradizioni e le opinioni della maggioranza.

E se questo puzza di «politicamente corretto», tant'è. Ma soprattutto nei Paesi a forte componente multiculturale, la convivenza civile si incrinerebbe subito se tutti si sentissero liberi di esprimere il proprio pensiero nei confronti di chicchessia. Il problema è dove tracciare il limite. Legalmente, dal momento in cui le parole intendono sfociare in violenza. Socialmente, però, sono troppo le variabili per stabilire un principio universale e assoluto. Il limite esatto deve essere costantemente testato, contestato e rinegoziato. Uomini come il vescovo Williamson e Geert Wilders hanno in fondo una loro utilità, in quanto ci consentono di metterci alla prova. Lasciamoli pure parlare e saranno giudicati, non in tribunale, ma da chi la pensa diversamente.

Censurarli significa trasformarli in martiri della libertà di parola, e questo non solo rende più difficile attaccare le loro idee, ma contribuisce a screditare la stessa libertà di espressione.

traduzione a cura dello Iulm

© Copyright Corriere della sera, 8 marzo 2009 consultabile online anche qui.

Leggo:

Su questioni di dottrina cattolica, le sue convinzioni sono parse talmente estranee alla Chiesa moderna da attirarsi la scomunica del Vaticano nel 1988, insieme ad altri membri ultraconservatori della Fraternità San Pio X, fondata da Marcel Lefebvre, simpatizzante del fascismo.

Ancora? Ma la vogliamo smettere? Lefebvre e i vescovi da lui ordinati non sono stati scomunicati per le loro convinzioni, ma perche' Mons. Lefebvre ha compiuto ordinazioni episcopali senza il consenso del Papa.
Ma quante volte lo dobbiamo ripetere?
Cliccare qui.
Se un prete, vescovo o cardinale fosse scomunicato ogni volta che le sue convinzioni, opinioni o testi sono in contrasto con il Magistero, avremmo un deserto perche' in tanti dovrebbero fare la valigia...
Per il resto concordo con la sostanza dell'articolo: trasformare chi ha idee bislacche in martire della liberta' di espressione e' pericoloso e sicuramente controproducente
.
Ricordo comunque che la Germania ha rinunciato all'estradizione di Williamson come si evince da questa notizia.
Ora che il caso e' chiuso, si puo' parlare di teologia e questioni dottrinali. E' tempo di eliminare la cortina di fumo.
A proposito: perche' oggi i giornaloni non parlano dell'editoriale dell'Abbé Alain Lorans a commento del libro del cardinale Martini e dell'intervista a Kung?

R.

9 commenti:

Ildefonso ha detto...

Questa è grande disinformazione. Continuare a dire e a far credere che Lefebvre sia stato scomunicato per le sue idee. La scomunica è una cosa diversa. Qui si dimostra veramente tutta la cattiva fede e l'ignoranza che imperversa sui media.

Vedete come come è facile ora per i media fare 2+2? Con il seguente ragionamento (da indurre nel lettore): se la scomunica di Lefebvre è stata causata dalle sue idee, anche per la revoca di quella di Williamson si può fare lo stesso discorso, la scomunica è cioè stata tolta perchè le sue idee non sono più un problema.

Per chi invece sa che le cose non stanno così, è chiaro che una simile argomentazione fa ridere.
Ma è anche chiaro che continuando a propinare questa falsità, molti lettori se ne convinceranno, e anche quei cattolici che magari non hanno molta conoscenza in materia.

Stiamo molto attenti a non lasciarci influenzare dalla linea culturale dei media.

Anonimo ha detto...

Rinunciare all'azione penale, NON vuol dire "assolvere".
Williamson oltre alla "misericordia" del Papa, ha goduto anche della "misericordia" del legislatore.
Però ciò che ha detto, resta.

Raffaella ha detto...

E chi ha parlato di assoluzione?
Ho semplicemente corretto una imprecisione anche perche' questo articolo e' stato tradotto oggi ma non sappiamo quando e' stato scritto.
R.

Raffaella ha detto...

Concordo con Ilfefonso.
Per questo dobbiamo fare molta attenzione e denunciare ogni imprecisione.
Ci prendono per sciocchi, ma non tutti hanno il salame sugli occhi, il prosciutto nelle orecchie e la mano legata sotto la tastiera del pc.
R.

Anonimo ha detto...

DOMANDA:

Ignoranza o malafede?

Antonio

Anonimo ha detto...

sondaggio choc del corriere:

http://www.corriere.it/appsSondaggi/votazioneDispatch.do?method=risultati&idSondaggio=4547

Anonimo ha detto...

Se Williamson trovasse qualche partito disposto a candidarlo alle prossime europee, non ci sarebbe quorum che tenga. Saluti, Eufemia

Anonimo ha detto...

Non mi risulta che Mons. Lefebvre fosse un simpatizzante del fascismo, come invece afferma il giornalista. Ciò che è certo è che suo padre morì in un campo di concentramento nazionalsocialista.

Anonimo ha detto...

Cosa c'entrano le idee di Williamson al riguardo di un argomento di rilevanza essenzialmente storica con la sospensione della sua scomunica? E poi cos'è 'sta mania anche tra i cattolici di accettare acriticamente dogmi imposti da altri e di tollerare, invece, la messa in discussione delle nostre verità di fede, dei nostri Santi e delle nostre liturgie senza battere ciglio? Ma siamo sotto tutela?