giovedì 19 marzo 2009
Il Papa in Africa messaggero del riscatto dei popoli (Laporta)
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PRIMO PIANO
Il papa in Africa messaggero del riscatto dei popoli
Il continente è il crocevia di tutte le crisi e il nodo è la rinascita morale, non la profilassi dell'Aids
Di Piero Laporta
L'analisi
Ridurre il viaggio papale alla profilassi dell'Aids serve a quanti minimizzano l'autorevolezza della Chiesa cattolica. Il papa non solo indirizza la morale sessuale, ma propone un discorso ampio e consapevole, nel quale il cristianesimo è anche misura del riscatto dei popoli.
Il viaggio papale in Africa fu annunciato sei mesi fa, su sollecitazione delle diocesi del continente, preceduta da concreti segnali di attenzione di Benedetto XVI verso l'Africa, in continuità con Giovanni Paolo II, il quale volle un segretario africano, monsignor Emery Kabongo, proprio per capire meglio il Continente nero mentre il post colonialismo, il post comunismo e il globalismo non hanno migliorato, tutt'altro, le condizioni di quei popoli. In questo contesto, le missioni cattoliche africane sono per lo più schierate dall' Oceano Atlantico all'Oceano Indiano, esposte alle spinte mussulmane un tempo provenienti solo da Nord.
Il papa è sceso in Camerun, emblema dell'Africa, marchiato dalla schiavitù e dagli avvicendamenti coloniali di Portogallo, Francia, Gran Bretagna e Germania. Qui come altrove le missioni cattoliche contribuiscono, da sole e significativamente, a migliorare la vita della gente. Il contraltare laico di tale sollecitudine dovrebbe essere in Kenya, dove si esultò la notte in cui il kenyota Barak Obama conquistò la Casa Bianca. Se la provvidenza laica sarà altrettanto solerte di quella religiosa, lo dirà il tempo. I segnali in corso sull'Oceano Indiano non sono tuttavia incoraggianti. Mentre il Papa atterrava in Camerun, nel Madagascar, ricchissima di potenzialità economiche e tuttavia poverissima, Andry Rajoelina, incurante dei moniti dell'Unione africana e dell'Unione europea, ha deposto manu militari il presidente eletto, Marc Ravalomanana. Dietro l'indifferenza di Rajoelina per l'Ue s'avverte un potere forte, come quello dei cinesi che dal 2000 dilagano in Africa, comperando tutto quanto è possibile, petrolio e materie prime, ma anche uomini e governi. Mentre Europa e Usa, per opposte ragioni, si concentravano sull'Euro, dal 10 al 12 ottobre del 2000 si svolse a Pechino il primo Forum per la Cooperazione fra Cina e Africa. Era al potere il presidente Jiang Zemin. Parteciparono 45 paesi del Continente. Nei Forum successivi il nuovo presidente Hu Jintao, ribadendo la strategia cinese basata su accordi di lunga durata, potè ostentare la quasi totalità dei 53 paesi africani fra i firmatari della cooperazione economica. Da allora la Cina dà spallate a europei e statunitensi, indifferentemente, acquistando a saldo materie prime, terre rare e petrolio, soprattutto in Centro Africa, da dove si intensificano i flussi migratori verso l'Europa e, in prima linea, verso l'Italia. Le missioni cattoliche sono ora fra due fuochi, mussulmani e cinesi. E presto arriveranno, anzi torneranno i russi. Proprio in queste ore hanno annunciato un vasto programma di riarmo che prelude, ma non lo dicono, a un altrettanto vasto programma di espansione. La risposta occidentale? Sorvoliamo pietosamente sulla Nato; e l'Ue non fa paura nemmeno al Madagascar. In quanto agli Usa, hanno già risposto: in maniera tardiva, debole e inadeguata. Il 6 febbraio 2007 crearono l'Africa Command, Africom, solennemente propagandato in Africa ed Europa.
Tutte le speranze fondate su una struttura militare dotata di uno staff atipico, vocato non solo alla pianificazione militare, ma anche alla diplomazia, allo sviluppo e alla cooperazione. Un'effimera illusione. Nessun paese africano ha voluto ospitare Africom. Se l'Africa è nell'agenda di Obama, Africom più che soluzione è un grosso problema. L'Africa, crocevia di tutte le crisi, alla quale il pellegrino Benedetto XVI rivolge un messaggio squisitamente religioso, ma non solo religioso.
Inutile restringere il discorso all'Aids o, come fa qualche osservatore anglosassone più evoluto (e più malizioso) al rigore liturgico di Benedetto XVI. Il nodo è la rinascita morale, in Africa come nel mondo occidentale. Tutti dovremmo propiziare tale miracolo, anche come medicina alla crisi economica che impazza.
Il miracolo che auspica Benedetto XVI farebbe bene a tutti, perché l'Africa di oggi, se non peggio, è il limite inferiore al quale l'Occidente e, in particolare, l'Italia sono destinati in caso di fallimento.
© Copyright Italia Oggi, 19 marzo 2009 consultabile online anche qui.
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2 commenti:
Complimenti Raffaella, bel blog!
Analisi di Padre Cervellera: La “minaccia” della Chiesa cattolica e l’Aids
su Asianews.
Alessia
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