venerdì 6 febbraio 2009

Chi non vuole il Papa in Israele? (Grana)


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Chi non vuole il Papa in Israele?

di Francesco Antonio Grana

È superfluo affermare nuovamente la posizione della Santa Sede e di questo Papa sul dialogo tra gli ebrei e i cattolici, sulla Shoah, sulle dichiarazioni scellerate del vescovo lefebvriano Williamson?

Se la risposta è positiva, difficilmente si comprenderanno le critiche mosse al Papa dal cancelliere tedesco Angela Merkel, che giudica insufficienti le parole di Ratzinger su olocausto e negazionismo, dal cardinale Lehmann, che chiede a Benedetto XVI di chiarire che negare la Shoah non è una “trasgressione perdonabile”, e perfino da “Famiglia Cristiana”, che sulla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, sostiene che questo gesto “rischia di appannare l’immagine della Chiesa cattolica e del Vaticano II”.

Se, invece, la risposta è negativa, cosa potrà fare il Papa per chiarire ulteriormente la posizione della Chiesa cattolica dopo aver espresso piena solidarietà agli ebrei e condannato senza mezzi termini il negazionismo e il riduzionismo della Shoah? E dopo aver visitato la Sinagoga di Colonia nel 2005 e il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau nel 2006? E, in ultimo, dopo aver preteso da Williamson una ritrattazione pubblica delle sue sconcertanti dichiarazioni?

Cosa si chiede ulteriormente al Papa è difficile comprenderlo. C’è forse una sapiente regia che sta strumentalizzando il caso, come si sospetta nelle alte sfere del Vaticano? Si sta forse cercando di impedire il prossimo, ma non ancora certo, viaggio del Papa in Israele?

Il portavoce della Santa Sede è stato inequivocabile: “La condanna di dichiarazioni negazioniste dell’olocausto non poteva essere più chiara, e dal contesto risulta evidente che essa si riferiva anche alle posizioni di mons. Williamson e a tutte le posizioni analoghe. Nella stessa occasione - ha aggiunto padre Lombardi - il Papa stesso ha spiegato chiaramente anche lo scopo della remissione della scomunica, che non ha nulla a che vedere con una legittimazione delle posizioni negazioniste dell’olocausto, da lui appunto chiaramente condannate”.
Basteranno queste parole a sedere la bufera? Lasceranno fare a Benedetto XVI il Papa?

© Copyright L'Avanti, 6 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

La risposta mia personale? No!
R.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Se vai sul blog di Tosatti puoi leggere l'interpretazione che dà degli avvenimenti. Il thread si intitola: La solitudine del Papa. Secondo me le tesi di Tosatti sono assai discutibili.
Alessia

Raffaella ha detto...

Molto!
E rientrano nella strategia del "dagli addosso al Papa".
Si cerca di addossare al Santo Padre tutte le "colpe" per proteggere chi avrebbe dovuto lavorare meglio e non l'ha fatto!
Se non sbaglio il decreto e' stato firmato il 21 gennaio e pubblicato il 24 gennaio. In questi BEN 3 o 4 giorni si poteva fare molto e pensare di presentare per bene la decisione del Papa.
Per non parlare dei BEN dieci giorni intercorsi fra la pubblicazione del decreto e la nota della segreteria di stato.
R.

gemma ha detto...

state ancora a leggere le dietrologie degli "amici" vaticanisti?

Lapis ha detto...

Mi associo al tuo lapidario “no” di commento, cara Raffaella; sarà che in questi giorni sono rintronata dal raffreddore e dal mal di testa, ma ormai ho persino rinunciato a cercare colpevoli e responsabili in questa ondata di odio che è salita contro il Papa a causa dell'affaire lefebvriani. Ho rinunciato perché mi sono fatta l'idea che manchi, e che mancherà sempre, la buona volontà di comprendere le reali intenzioni di Benedetto XVI qualsiasi cosa dica o faccia, e che gli ultimi avvenimenti siano solo un gradino di una progressiva escalation che vedremo in futuro. In questo scenario, la visita del Papa in Israele è francamente l'ultimo dei miei pensieri, e per dirla "papale papale" (!) non me ne può importare di meno; mi importerebbe molto di più che ci si soffermasse, in casa cattolica, a riflettere sugli egoismi e i particolarismi con cui l'unità della Chiesa viene ogni giorno lacerata (ce n'è per tutti, conservatori, progressisti, conciliaristi, tradizionalisti e altri -isti vari) e sulle tante apostasie silenziose che si consumano all’interno di essa. I mea culpa, sì, sono da fare, ma sarebbe ora di cominciare a gettare uno sguardo anche sul tempo presente, con un esame di coscienza individuale che ci riguardi continuamente tutti, con un’assunzione di responsabilità a cui nessuno si sottragga, invece di continuare ad attribuire a Joseph Ratzinger tutto quanto lo "spirito del Concilio" da una parte e i suoi oppositori dall'altra, non hanno digerito da cinquant'anni a questa parte. Bisognerebbe darsi una mossa, ma bisognerebbe farlo subito, presto; o per lo meno, prima che il gallo canti.

Raffaella ha detto...

Grazie, Lapis.
Mi guardo in giro e fatico a riconoscere la mia Chiesa.
Il senso di delusione e di impotenza e' grande, forse troppo grande!
E' il caso di metterci una toppa perche' la pazienza ha un limite.
R.