venerdì 5 dicembre 2008

«Cristiani per fede» e «cristiani per cultura» a confronto in occasione della presentazione del nuovo libro di Marcello Pera (Avvenire)


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DIBATTITO

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«Cristiani per fede» e «cristiani per cultura» a confronto in occasione della presentazione del nuovo libro di Marcello Pera, 'recensito' da Camillo Ruini e Massimo D’Alema

DA ROMA ANGELO PICARIELLO

«Sono stato costretto intellettualmente a misurarmi, da laico e liberale, con una domanda rivoltami da Benedetto XVI: 'Come possiamo insieme difendere quei valori co­muni che anche tu ritieni fondamentali per la tua for­mazione e come possiamo collaborare per difen­derli?'».
La domanda che continua a interrogare Marcello Pera è diventata un libro, che già nel titolo (Perché dobbiamo dirci cristiani, Mondadori) rical­ca e corregge Benedetto Croce. Il volume ha avuto ieri due recensori d’eccezione nel cardinale Camil­lo Ruini e in Massimo D’Alema. Un parterre di tut­to rispetto nel gremitissimo salone di palazzo We­dekind, in piazza Colonna, per questo incontro mo­derato da Roberto Fontolan. In prima fila, fra gli al­tri, il presidente del Senato Renato Schifani, la vice, la leghista Rosy Mauro, Gianni Letta con accanto pa­dre Georg Genswein, segretario personale del Papa, Giulio Andreotti, Pier Ferdinando Casini, monsignor Rino Fisichella e i cardinali Re, Law e Rylko.
A tema le radici cristiane e il multiculturalismo. Ma il dialogo interreligioso, per il cardinale Ruini, «in senso tecnico e stretto non esiste, perché presup­porrebbe interlocutori disponibili alla revisione e al rifiuto delle verità». Nella lettura che Pera fa, però, «diventa centrale la distinzione fra 'cristiani per fe­de' e 'cristiani per cultura'». Una categoria, que­st’ultima, in cui possono riconoscersi anche i non credenti. E, nota Ruini, «Pera individua la ragione chiave delle difficoltà del processo di unificazione proprio nel rifiuto di riconoscere il ruolo svolto dal cristianesimo nella formazione dell’Europa».
«Condivido anch’io che presentare la religione co­me fatto privato è insostenibile in una società come la nostra, dove il cristianesimo ha avuto un ruolo co­sì importante», dice D’Alema. «Il nostro Paese, tut­tavia, ha bisogno dell’apporto dei cristiani, ma non del fatto che ciascuno di noi si dichiari cristiano», di­ce l’ex ministro degli Esteri. Che accetta la lettura crociana, e non fa passi avanti.
«In Europa c’è la tendenza ad emarginare il cristia­nesimo dalla vita pubblica», sostiene invece Ruini, rivolgendosi proprio a D’Alema. «Quella che ha ca­ratterizzato la storia del Continente è la religione dell’amore universale, e come tale non può essere esclusivista. Paventarlo sarebbe incoerente, si sa­rebbe smentiti dalla vita delle persone». «La civiltà e la cultura di cui facciamo parte ha una forte im­pronta cristiana individuabile nella centralità dei di­ritti della persona», concede D’Alema. «Ma – insiste – non è esclusiva. Altre componenti hanno avuto un ruolo». Cita il liberalismo, il socialismo. E definisce il multiculturalismo la «sfida più attuale», con la ca­pacità di «trovare un metodo per valori condivisi. Ecco perché – aggiunge – considero possibile l’in­gresso della Turchia in Europa». Invece «fra integra­lismi opposti lo scontro di civiltà diventa inevitabi­le ». D’Alema definisce il libro di Pera «appassionato e polemico». «Direi critico», lo corregge l’autore, al quale va stretta anche la definizione dalemiana di « neocon ». Il tutto, va detto, in un clima di amicizia, persino di rievocata consuetudine familiare (in quel di Pisa) con l’esponente diessino, che lo stesso Pera ha voluto nella scomoda veste di contraddittore. Ma la distanza resta tutta. «Di fronte al problema del­l’integralismo islamico io mi pongo il problema: 'Chi sono io?'. Altrimenti non so come difendermi e co­sa insegnare», dice l’ex presidente del Senato. Che ricorda come «lo stesso concetto di persona, i cui diritti sono al centro di tutte le costituzioni europee, è mutuato dalla concezione cristiana. Si è persona in quanto creatura di Dio». Occorre quindi, – per Pe­ra – identità e coraggio». E la Turchia, è giusto che entri? «In un supermercato sarebbe facile. Ma entrare in che cosa, se non sappiamo chi siamo?».

© Copyright Avvenire, 5 dicembre 2008

l’intervento

Ruini: «Raccogliamo l’appello del Papa ad allargare i confini della ragione, anche nel confronto tra le fedi»

«Quella di essere cristiani, o almeno di comportarsi da cristiani, rimane una scelta libera, ma proprio per questo è urgente quella sincera e crescente collaborazione tra cattolici e laici che Benedetto XVI ha più volte auspicato»

Pubblichiamo alcuni stralci del­l’intervento tenuto ieri dal car­dinale Camillo Ruini in occasio­ne della presentazione del volu­me di Marcello Pera. In questa parte conclusiva del suo inter­vento, Ruini si sofferma sul te­ma del dialogo interculturale tra le religioni, tranedo spunto dal­la lettera di Benedetto XVI al­l’autore pubblicata in apertura del volume.

DI CAMILLO RUINI

Su questa problematica in­dubbiamente delicata Be­nedetto XVI, nella sua let­tera, si sofferma un poco più a lungo, prendendo ancora una volta una posizione netta e con­sonante. Egli scrive: «Particolar­mente significativa è per me anche la Sua analisi dei concetti di dialogo interreligioso e inter­culturale. Ella spiega con gran­de chiarezza che un dialogo in­terreligioso nel senso stretto della parola non è possibile… senza mettere tra parentesi la propria fede » . Urge invece « tan­to più il dialogo interculturale che approfondisce le conse­guenze culturali della decisione religiosa di fondo» .
Occorre pertanto affrontare tali conse­guenze « nel confronto pubbli- co… Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e ne­cessari » .
Il Portavoce della Sala Stampa vaticana, Padre Federi­co Lombardi, ha osservato a giustissimo titolo che Benedet­to XVI è personalmente assai impegnato nel dialogo tra le re­ligioni, come mostrano tra l’al­tro le sue visite alle sinagoghe e ad una moschea. Rimane vero al tempo stesso che le parole da lui scritte al Presidente Pera rappresentano un chiarimento importante, e a mio avviso pre­zioso, circa la natura e le fina­lità di questo dialogo, nella li­nea che il Cardinale Ratzinger e poi Benedetto XVI aveva già più volte indicato e che ha un suo fondamentale aggancio nella Dichiarazione Dominus Iesus pubblicata nel 2000 dalla Con­gregazione per la Dottrina della Fede. Ugualmente indispensa­bile, anche al fine di una corret­ta interpretazione dei vari do­cumenti ecclesiastici, è tener conto del senso più preciso e più stretto, o invece più ampio e comprensivo, che assume via via la parola ' dialogo' [...].
A chi mi chiedesse un giudizio personale su questo libro potrei rispondere semplicemente rimandando alla lettera di Benedetto XVI, dato che ne condivido i contenuti, non solo perché è scritta dal Papa, ma perché questi sono anche i convincimenti che ho maturato con crescente chiarezza.
Preferisco però aggiungere brevemente qualcosa di mio, anzitutto riguardo alla lettera del Papa. Delle cinque prese di posizione in cui essa si articola, soltanto quella riguardante il rapporto tra Europa e cristianesimo può considerarsi la riaffermazione di una linea ben nota della Chiesa e dei Pontefici, sebbene anche qui suoni nuovo il parlare, da parte di un Pontefice, del fondamento cristiano- liberale dell’Europa. Le altre quattro prese di posizione, sul radicamento del liberalismo nell’immagine cristiana di Dio, sulla multiculturalità, sul dialogo interculturale piuttosto che interreligioso e infine sul rapporto tra il liberalismo e la dottrina cristiana del bene, si collocano certamente ben dentro alla linea di pensiero che Joseph Ratzinger­Benedetto XVI ha espresso ed approfondito in tante occasioni, ma costituiscono pur sempre, sia per i loro contenuti sia per il vigore e la nettezza con cui sono formulate, degli sviluppi o chiarimenti assai significativi che contribuiranno non poco al dibattito in corso sui rapporti tra il cristianesimo e il mondo contemporaneo.
Quanto all’Autore di questo libro, oltre ad esprimergli personale gratitudine per la forte e fortemente argomentata affermazione dell’importanza di dirsi cristiani oggi, vorrei pormi in dialogo con gli interrogativi che egli solleva nelle ultime pagine, per dire che l’invito di Benedetto XVI ad « allargare i confini della ragione » è certamente – come egli osserva – un appello, piuttosto che una soluzione già teoreticamente disponibile, e che in ogni caso quella di essere cristiani, o almeno di comportarsi da cristiani, rimane una scelta libera, ma proprio per questo è necessaria e urgente quella sincera e crescente collaborazione tra cattolici e laici che Benedetto XVI ha più volte auspicato e di cui questo libro, insieme alla lettera del Papa, è un ottimo esempio.

© Copyright Avvenire, 5 dicembre 2008

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