lunedì 2 febbraio 2009
Benedetto XVI: «Eutanasia, soluzione falsa e indegna» (Tornielli)
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Benedetto XVI: «Eutanasia, soluzione falsa e indegna»
di Andrea Tornielli
Roma
L’eutanasia è «una falsa soluzione» al dramma della sofferenza e non è degna dell’uomo. Lo ha detto ieri all’Angelus Benedetto XVI in occasione della Giornata della Vita celebrata dalla Chiesa italiana, che quest’anno ha come tema «la forza della vita nella sofferenza».
«Gesù – ha spiegato il Papa – soffre e muore in croce per amore. In questo modo, a ben vedere, ha dato senso alla nostra sofferenza, un senso che molti uomini e donne di ogni epoca hanno capito e fatto proprio, sperimentando serenità profonda anche nell’amarezza di dure prove fisiche e morali».
Ratzinger ha quindi fatto proprie le parole che i vescovi italiani hanno scelto per il consueto annuale messaggio per la Giornata della Vita. Parole, ha spiegato, «nelle quali si avverte l’amore dei pastori per la gente, e il coraggio di annunciare la verità, il coraggio di dire con chiarezza, ad esempio, che l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo».
«La vera risposta – ha aggiunto Benedetto XVI – non può essere infatti dare la morte, per quanto “dolce”, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio». Parole accolte dagli applausi dei tanti fedeli presenti sulla piazza, molti dei quali appartenenti ai movimenti in difesa della vita.
«La vergine Maria – ha detto ancora il Papa – ha custodito nel suo cuore di madre il segreto del suo figlio, ne ha condiviso l’ora dolorosa della passione e della crocifissione, sorretta dalla speranza della risurrezione.
A lei affidiamo le persone che sono nella sofferenza e chi si impegna ogni giorno al loro sostegno, servendo la vita in ogni sua fase: genitori, operatori sanitari, sacerdoti, religiosi, ricercatori, volontari, e molti altri».
Il tema della sofferenza, della cura e dell’assistenza dei malati terminali o di coloro che vivono da anni in stato vegetativo è particolarmente dibattuto in Italia, dopo i casi-simbolo di Piergiorgio Welby e ora di Eluana Englaro e soprattutto dopo le sentenze della magistratura che hanno autorizzato il padre della ragazza a far smettere i trattamenti di idratazione e alimentazione che la mantengono in vita.
Al caso aveva accennato una settimana fa il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Di Eluana ha parlato ieri anche il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nell’omelia tenuta i cattedrale: «Una giovane donna è diventata in questi mesi il “segno di contraddizione” fra una cultura della morte e una cultura della vita». «Il suo corpo martoriato – ha aggiunto – è divenuto la domanda drammatica rivolta ad ogni coscienza pensosa dei destini dell’uomo: a chi appartiene l’uomo? Chi può disporre della vita e della morte dell’uomo?».
E mentre oggi si apre una settimana che potrebbe essere decisiva per l’individuazione della clinica dove far morire la Englaro, il quotidiano cattolico «Avvenire», con un editoriale, ha criticato il presidente della Corte d’Appello di Milano Giuseppe Genchi, che inaugurando l’anno giudiziario aveva difeso il decreto con il quale veniva dato «il via libera all’abbandono di Eluana al suo destino di morte per fame e sete».
Al tema della sofferenza vissuto nelle famiglie colpite dalla grave malattia di un loro membro è dedicata la lettera «Eppure tu vedi l’affanno e il dolore», scritta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, presentata sabato all’Istituto dei Tumori di Milano.
© Copyright Il Giornale, 2 febbraio 2009 consultabile online anche qui.
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