martedì 3 febbraio 2009

Bertone: Chiesa, le sfide dell'unità e i drammi del mondo (Cardinale)


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INTERVISTA

Bertone: Chiesa, le sfide dell'unità e i drammi del mondo

Gianni Cardinale

Il 2009 ha avuto un inizio scop­piettante, nel bene e nel ma­le, per la Chiesa e per il mon­do. Il drammatico conflitto che ha sconvolto la striscia di Gaza e la gioiosa celebrazione dell’In­contro mondiale delle Famiglie in Messico. La sorpresa della revoca delle scomuniche dei quattro ve­scovi ' lefebvriani'. Il tutto in un contesto internazionale segnato da una profonda crisi finanziaria ed economica di cui ancora non si vede la via d’uscita. Di questo, e di qualcos’altro, il cardinale Tar­cisio Bertone, segretario di stato di Sua Santità, ha accettato di col­loquiare con Avvenire. Il più stret­to collaboratore di Benedetto X­VI è da poco ritornato dal Messi­co, dove si è recato come legato pontificio all’incontro delle fami­glie e si appresta a riprendere le valigie per una visita di due gior­ni in Spagna, domani e giovedì, invitato dall’episcopato locale.

Eminenza, che impressioni ha raccolto dalla missione in Mes­sico?

L’incontro mondiale delle fami­glie è stata una manifestazione gioiosa, veramente popolare. E’ stato per così dire una specie di o­maggio che la Chiesa ha voluto tributare a quella che è il primo nucleo della comunità cristiana e alla cellula fondamentale della società. Quando la Chiesa difen­de l’istituto familiare non lo fa so­lo per difendere un ambito privi­legiato di trasmissione della fede, ma anche per il bene comune, per promuovere una vita buona vali­da per credenti e non.

Eppure l’istituto familiare, se si seguono le cronache giornalisti­che, non sembra godere di buo­na salute...

Noto che sui mass media a volte sembra trasparire una morbosa compiacenza nel dare notizia di fatti drammatici che pure esisto­no. Ma non voglio lamentarmi di questo. Compito della Chiesa cre­do sia quello di trasmettere un messaggio positivo, una espe­rienza di bellezza di vita. Così co­me ci invita sempre a fare il nostro papa Benedetto XVI. La Chiesa non è la Chiesa dei no, ma dei grandi sì. Su questo forse si po­trebbe fare un po’ di autocritica. Nel senso che non sempre la bel­lezza della positività traspare nei volti delle nostre comunità o nel linguaggio della nostra comuni­cazione. Ci sono migliaia di fa­miglie belle e fedeli; famiglie uni­te e generose nella carità. Sono queste che garantiscono il valore perenne dell’istituto familiare.

Rimane però il fatto che la Chie­sa dice anche dei no. Ad esempio non accetta una concezione di famiglia che non sia quelle del­l’unione stabile tra un uomo e u­na donna, oppure non ammette alla comunione i divorziati ri­sposati...

La Chiesa non può andare contro la legge naturale o contro i co­mandamenti di Gesù. Quindi su questi punti il suo atteggiamento non può cambiare. Allo stesso tempo però la Chiesa è vicina a tutti gli uomini peccatori ed è, con i suoi ministri, dispensatrice della misericordia divina. La Chiesa non respinge nessuno, ma non può tradire l’ordine della creazione o rinnegare le parole del suo fondatore, magari per se­guire o compiacere le mode del momento.

Eminenza, che immagine ha a­vuto della Chiesa in Messico?

Confortante. Non che manchino i problemi, per carità, ma sostan­zialmente la Chiesa in Messico, come in altre realtà latinoameri­cane o del Terzo Mondo, è ricca di fede, di devozione popolare – pensiamo al grande santuario della Madonna di Guadalupe –; è giovane, con molte vocazioni ( in questo senso a volte servirebbe un maggiore discernimento). Per noi che veniamo da un Occiden­te sempre più invecchiato ana­graficamente, il contatto con que­ste società giovani e ricche di spe­ranza è veramente rinfrancante. In questo senso il fenomeno dei migranti cristiani che popolano le nostre contrade è indubbia­mente un arricchimento per la Chiesa e per la società. E sarebbe bene che ne tenessimo adegua­tamente conto.

L’inizio d’anno è stato caratte­rizzato dal conflitto che ha deva­stato la striscia di Gaza. Ora c’è un fragile cessate il fuoco. I fatti di Gaza hanno pregiudicato la vi­sita del Papa in Terra Santa?

È noto il desiderio del Santo Pa­dre di compiere questo viaggio ed è ben conosciuta l’attesa delle po­polazioni locali. Il viaggio è in stu­dio avanzato. Speriamo che si possa realizzare con tutte le ga­ranzie necessarie previste per i viaggi del Papa.

Intanto è stato annunciato il pro­gramma del viaggio in Camerun e Angola...

È la prova di come il Papa e la Chiesa cattolica guardino con af­fetto e speranza al continente a­fricano, che registra la più forte crescita di fedeli e vocazioni al mondo, ma che pone molti pro­blemi assillanti di natura sociale e politica; problemi che la Chie­sa, che abbraccia realmente e a­morevolmente tutto il mondo e tutte le sue culture, non può tra­scurare.

Un passo indietro. La sensazio­ne diffusa sui mass media è che i rapporti tra Chiesa cattolica e mondo ebraico si siano non po­co deteriorati. Davvero c’è il ri­schio che vadano in fumo cin­quant’anni di dialogo?

Da parte nostra non c’è una vi­sione così catastrofica. Il deside­rio di continuare ad avere buoni rapporti è stato sempre manife­stato, pubblicamente e privata­mente, dal Papa e da tutti noi suoi collaboratori, nel rispetto della propria identità e missione.

Eppure la recente revoca della scomunica dei vescovi ' lefeb­vriani', uno dei quali ha fatto delle dichiarazioni ' negazioni­ste', ha rinfocolato le polemi­che.

Non bisogna fare confusione. Il provvedimento di clemenza, pro­mosso dal Papa e firmato dal car­dinale Re, non c’entra nulla con le sciagurate affermazioni del pre­sule in questione e riguardava e­sclusivamente il fatto che i quat­tro ecclesiastici erano stati con­sacrati vescovi nel 1988 valida­mente ma illecitamente, senza cioè il mandato pontificio. La Fra­ternità San Pio X ha preso le di­stanze dalla affermazioni del suo confratello e ha chiesto perdono al Papa per questo increscioso e­pisodio. Il Papa ha parlato chia­ramente mercoledì. La questione mi sembra possa considerarsi chiusa.

Cambiamo scenario. In questi giorni Lei si recherà nella Spagna di Zapatero...

Sono stato invitato dalla Confe­renza episcopale a tenere una le­zione sui 60 anni della dichiara­zione dei diritti dell’uomo; al con­tempo incontrerò anche il Re di Spagna, il premier ed altri espo­nenti politici. Cercherò di spie­gare che i diritti sono una cosa se­ria, sono basati sulla legge natu­rale e non vanno scambiati con i desideri...

Sono così difficili i rapporti tra Chiesa cattolica e il governo di Madrid?

La volontà di dialogare è un se­gno positivo. I cattolici sono tra­dizionalmente rispettosi del po­tere politico legittimamente co­stituito. E la Chiesa è sempre di­sponibile ad una proficua colla­borazione con le autorità, all’in­segna di una sana laicità. Ovvia­mente non si può tacere se ve­diamo in qualche modo intacca­re i principi della legge naturale o la libertà della Chiesa.

In Italia ci si appresta a celebra­re gli 80 anni dei Patti lateranen­si. Qual è lo stato dei rapporti tra Santa Sede e Italia?

I rapporti mi sembrano vera­mente eccellenti. A cominciare da quelli che intercorrono con il Pre­sidente della Repubblica, che si dimostra sempre il presidente di tutti gli italiani. Certo non man­cano uscite estemporanee di qualche personaggio, o qualche polemica di troppo. Ma sono ec­cezioni.

L’attuale crisi finanziaria ed eco­nomica ha fatto tra le sue vitti­me anche l’annunciata enciclica sociale?

Ancora un po’ di pazienza. Spe­riamo che una volta pubblicata venga letta e meditata. Non solo negli ambienti ecclesiali e nei cir­coli culturali, ma anche nei salot­ti del potere economico e finan­ziario, quei salotti che forse han­no favorito un disastro che oggi colpisce tanta povera gente.

La Chiesa ortodossa russa ha un nuovo patriarca, Kirill. Lo cono­sce?

Il nuovo patriarca conosce bene la Chiesa cattolica e questa co­nosce bene lui. Credo che sulle grandi questioni morali l’accor­do sarà praticamente perfetto. Speriamo che si facciano passi in avanti nel cammino ecumenico, magari anche attraverso il tanto atteso incontro tra il Papa Bene­detto XVI e il Patriarca Kirill.

Un’ultima domanda. Si è appe­na celebrata la festa di don Bo­sco. Pensa che sarebbe contento di come lei sta svolgendo il com­pito di segretario di stato?

Immagino sia entusiasta che un suo figlio è diventato il più stret­to collaboratore del Papa. Perché don Bosco voleva bene al Papa, veramente, senza se e senza ma. Se poi sia soddisfatto di come sto portando avanti questa missione, quando un giorno spero di in­contrarlo in Cielo, glielo chiederò. Spero in un suo sorriso benevolo.

© Copyright Avvenire, 3 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ti confesso che sto iniziando a provare un forte fastidio per Avvenire e penso di non essere la sola.
Alessia

Raffaella ha detto...

Ma tu guarda! Pensavo di essere la sola :-)
R.

Anonimo ha detto...

non siete sole...